Condominio

La contabilità approssimativa dell’amministratore non equivale ad appropriazione indebita

Potrebbe attestare il negligente assolvimento di uno dei compiti tipici dell’attività professionale , ma non costituire reato

di Rosario Dolce

La mancata tenuta del registro di cassa o la irregolare e confusa redazione dei rendiconti o ancora la mancata presentazione degli stessi non sono indici utili per affermare che le differenze contabili da esse rinvenute integrino un ammanco per differenza da imputare all'amministratore. Sulla base di tale principio la Corte di appello di Palermo con sentenza 1215 del 22 luglio 2021, in riforma di una sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda del condominio, avente ad oggetto la restituzione di somme di danaro non documentate.

Per quanto un amministratore possa tenere una contabilità approssimativa e maldestramente elaborata non possono ad essa attribuirsi i connotati della inattendibilità e dell'assenza di trasparenza. Ciò vuol dire che, al più, tale situazione di incertezza contabile potrebbe attestare il fondamento dell'addebito di negligente assolvimento a uno dei compiti tipicamente associati - secondo le regole generali e nella specifica declinazione che esse ricevono al comma 1 numeri 8) e 10) dell'articolo 1130 Codice civile -, non avendo l'amministratore reso in termini chiari e verificabili il conto della propria gestione.

La responsabilità professionale
Il giudice di appello, in tal caso, richiama i principi di responsabilità professionale addotti in ambito societario, argomentando che l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile (o meglio, ammanco di cassa) deve essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Nelle predette azioni la mancanza di scritture contabili (della società), pure se addebitabile all’amministratore convenuto, di per sé sola non giustifica che il danno da risarcire sia individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni.

E così, adattando i superiori principi al caso in specie - per giungere ad una valida conclusione processuale sarebbe occorso - non un supplemento di indagine tecnica (che si sarebbe rilevata inutile proprio perché condotta pur sempre sui documenti contabili non correttamente formati e tenuti, ) - bensì, la dimostrazione - omessa dal condominio che pure era gravato dal relativo onere - che le attestazioni di morosità consegnate dall'amministratore siano state azionate, anche solo bonariamente e in via stragiudiziale, ed efficacemente opposte dai condòmini asseritamente morosi, sì da ottenere conferma dell'inattendibilità del titolo creditorio predisposto dall'appellante.

Conclusioni
In questi termini, la Corte di appello di Palermo – in tema di contabilità condominiale e addebiti da muovere all'amministratore per la carente formazione di essa - conclude rimarcando la differenza di piano d'analisi corrente tra l'accertamento di una condotta inadempiente e la verifica della produzione di un danno conseguenziale, escludendo la legittimità del ricorso ad automatismi nella liquidazione del pregiudizio patrimoniale.

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