Condominio

È proprietà comune non solo il suolo su cui sorge l’edificio, ma anche il sottosuolo

Pertanto un locale collocato tra lo spazio delle fondamenta non è esclusivo

di Selene Pascasi

È condominiale, ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile, tutto il terreno su cui poggia lo stabile, quindi anche la parte immediatamente sottostante e non solo la superficie a livello del piano di campagna. In tal caso, difatti, il termine suolo assume un significato più ampio di quello supposto dall'articolo 840 del Codice civile dove indica soltanto lo spazio esposto all'aria. Di conseguenza, nessun condomino potrà, senza il consenso degli altri, escavare in profondità il sottosuolo per ricavarne dei nuovi locali o ingrandire quelli esistenti. Così facendo, attrarrebbe nella sua sfera di disponibilità esclusiva una cosa comune privandone i comproprietari dell'uso e del godimento. Lo sottolinea la Corte di appello di Genova con sentenza numero 599 del 31 maggio 2021.

La vicenda
È un condominio ad accendere la lite: nel corso di un'assemblea, spiega, un proprietario comunicava di essere in possesso di licenza edilizia per i locali da lui ricavati nel sottosuolo dello stabile, cui si accedeva unicamente dal suo appartamento attraverso una botola con scala retrattile. L'amministratore, per chiarire la situazione, dispone un sopralluogo ed emerge l'esistenza di locali privi di titolo abitativo. Il Comune ordina la demolizione delle opere abusive con diniego a costruire in sanatoria e l'amministratore – nel timore di danni alla struttura dello stabile – chiede al Tribunale la condanna alla demolizione ed al risarcimento dei danni.

Il giudice accoglie la domanda, sancendo il ripristino dello stato dei luoghi, e l'uomo formula appello ma la Corte lo boccia. In primo grado, precisa, era stata accolta la pretesa dell'ente di illegittimità delle opere stante la proprietà condominiale del sottosuolo che sfugge alla disciplina dettata dall'articolo 840 del Codice civile. Disciplina per la quale la proprietà del suolo si estende al sottosuolo con ciò che contiene (dalle stelle agli inferi, per usare un'espressione del diritto romano) autorizzando il titolare ad eseguire opere di escavazione che non rechino danno al vicino. Principio che, marca la Corte, non viene applicato ai condomìni dove il sedime del palazzo è limite ultimo della proprietà del piano più basso.

La proprietà del suolo su cui sorge l’edificio
L'articolo 1117 del Codice civile, infatti, sostiene che il suolo su cui sorge l'edificio è di proprietà comune del condominio che acquista anche la relativa proprietà del sottosuolo. In altri termini, per «suolo su cui sorge l'edificio» deve intendersi la superficie su cui insiste immediatamente la parte infima dello stabile (area delimitata orizzontalmente dalle proiezioni delle mura perimetrali) sulla quale poggia il pavimento del piano più basso delle singole proprietà. Questo, sia che esse emergano interamente dal suolo, sia che siano in tutto o in parte interrate. Ed è vero che si tratta di un criterio derogabile ma è pur vero che ciò accade solo se una parte di sottosuolo (solitamente cantine e garage) sia attribuita per titolo a proprietà esclusiva. Diversamente – come nella vicenda – un locale collocato tra lo spazio delle fondamenta non è esclusivo.

Né potrebbe ricorrere un'ipotesi di uso più intenso del bene comune poiché l'escavazione del sottosuolo da parte di un solo condomino, senza delibera autorizzativa ed unanime, si tradurrebbe in una irreversibile sottrazione al godimento comune. Ricostruzione stilata dal Tribunale cui i giudici di appello aderiscono negando valore al tentativo dell'artefice delle opere di ravvisare l'erronea interpretazione delle norme che regolano la proprietà comune condominiale. Posizione confortata anche dalle pronunce intervenute a ribadire come la zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio – in mancanza di titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva – rientra per presunzione in quella comune di tutti i condòmini.

Conclusioni
Pertanto, nessuno di loro potrà, senza il consenso degli altri, escavare il sottosuolo per ricavarne nuovi locali o ingrandire quelli preesistenti in quanto, attraendo il bene comune nella sua disponibilità esclusiva, limiterebbe l'altrui uso e godimento (Cassazione 29925/2019 e 33163/2019). Irrilevante, per la rivendica dei locali come esclusivi e pertinenziali, anche la circostanza che vi si potesse accedere soltanto dalla proprietà dell'uomo considerato che vi erano stati collegati arbitrariamente. Ben motivato, allora, il rigetto dell'impugnazione da parte della Corte di appello di Genova.

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