Condominio

Revoca dell’amministratore anzitempo senza giusta causa e risarcimento del danno

Si ritiene che gli spettino anche gli emolumenti dovuti per la restante durata del mandato, trattandosi di un danno da atto lecito

di Davide Longhi

Il presente contributo prende spunto dalla recente ordinanza della Cassazione, sezioni Unite, del 19 marzo 2021 numero 7874 che in merito all'evoluzione della disciplina del rapporto di mandato dell'amministratore di condominio ha statuito che nell'ipotesi di revoca deliberata dall'assemblea di condominio prima della scadenza naturale del rapporto di mandato (scadenza dell'esercizio condominiale) l'amministratore ha diritto oltre che al s oddisfacimento dei propri crediti al risarcimento dei danni, in applicazione dell'articolo 1725 comma 1 Codice civile, salvo che sussista una giusta causa «indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico».

Il tipo di attività svolta dall’amministratore
La sentenza introduce un altro elemento di interessante dibattito in ambito dottrinale cioè quello secondo cui il contratto dell'amministratore non costituisce prestazione d'opera intellettuale non essendo richiesta l'iscrizione ad alcun apposito albo o elenco, ma solo il possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità, rientrando tra le professioni di cui alla legge 14 gennaio 2013, numero 4. Il rapporto giuridico è quello di mandato come la Corte ha più volte chiarito (Cassazione 20137/2017 - Cassazione 9082/2014 – Cassazione 14197/2011).

La dottrina condominialista ritiene per alcuni versi condivisibile la decisione della Corte ma dall'altra afferma che la stessa non riconosce la professionalità dell'amministratore di condominio inerente alla molteplice competenza professionale che deve essere posseduta soprattutto in relazione alle continue normative, anche di natura tecnica/fiscale che vengono continuamente emanate dal legislatore.

Il contratto di amministratore di condominio
A questo punto ci si deve interrogare in merito all'esatta qualificazione dell'attività svolta dall'amministratore di condominio alla luce della decisione della Corte - qui in commento -che ha affermato che il contratto dell'amministratore non costituisce prestazione d'opera intellettuale. L'articolo 2229 Codice civile che disciplina la categoria generale delle professioni intellettuali che sono quelle determinate dalla legge e sono tipizzate ed assoggettate all’iscrizione in albi ed elenchi; mentre, all’infuori di queste, vi sono non solo professioni intellettuali caratterizzate per il loro specifico contenuto, ma anche prestazioni di contenuto professionale o intellettuale non specificamente caratterizzate, che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo (Cassazione 26264/2018).

La legge 4/2013 articolo 1 comma 2 precisa che per «…professione non organizzata in ordini o collegi si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del Codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative…».

Le professioni senza iscrizione ad alcun albo
Quindi a ben vedere l'articolo 2229 comma 1 Codice civile dispone che «…la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi…» come dire che tra le varie professioni intellettuali è la legge che stabilisce dove è obbligatoria l'iscrizione in apposito albo, affermando indirettamente che ci possono essere delle professioni intellettuali per le quali la legge non prevede obbligatoriamente l'iscrizione in apposito albo professionale. Ad avviso di chi scrive l'attività di amministratore di condominio è un’attività organizzata nel complesso di una pluralità di competenze e conoscenze e quindi è prevalente un lavoro intellettuale (si pensi all'attività contabile – redazione di un bilancio con il cosiddetto stato patrimoniale – attività fiscale presentazione del modello 770).

Sul punto la decisione della Corte pare di diverso avviso in quanto precisa che «…il contratto tipico di amministrazione di condominio, il cui contenuto è essenzialmente dettato negli articoli 1129, 1130 e 1131 Codice civile, non costituisce prestazione d’opera intellettuale, e non è perciò soggetto alle norme che il Codice civile prevede per il relativo contratto, atteso che l’esercizio di tale attività non è subordinata - come richiesto dall’articolo 2229 Codice civile - all’iscrizione in apposito albo o elenco, quanto (e ciò peraltro soltanto a far tempo dall’entrata in vigore dell’articolo 71-bis disposizioni attuative Codice civile, introdotto dalla legge 220 del 2012) al possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità, e rientra, piuttosto, nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla legge 14 gennaio 2013, numero 4…».

La prestazione d’opera intellettuale
L'affermazione o meno della sussistenza di una prestazione d'opera intellettuale non è di poco conto. Infatti, l'articolo 2237 Codice civile nel prevedere il recesso nell'ambito della prestazione intellettuale riconosce il diritto di recedere da parte del committente con il solo obbligo di pagare il compenso per l'opera svolta ed il rimborso delle spese ma non riconosce il risarcimento del danno. Mentre l'articolo 1725 Codice civile prevede il risarcimento del danno se la revoca del rapporto avviene senza giusta causa.

Il contratto di mandato amministrativo secondo la Cassazione
Secondo il Giudice di legittimità il contratto che si instaura tra amministratore professionista e condominio, al momento della nomina è un contratto di mandato oneroso, l'amministratore si impegna a svolgere delle attività in nome e per conto del condominio per un determinato periodo di tempo dietro compenso. Le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 20957/2004) hanno già chiarito come nelle ipotesi di revoca anticipata rispetto alla scadenza naturale del mandato, l'amministratore revocato, ai sensi dell'articolo 1725 Codice civile, possa agire in via ordinaria per pretendere il risarcimento del danno subito a causa della revoca ingiustificata; ma la tutela non potrà essere in forma specifica, ma soltanto risarcitoria o per equivalente.

Pertanto, stante il tenore letterale della norma e vista la posizione della giurisprudenza sopra citata, la revoca dell'amministratore senza giusta causa, se decisa dall'assemblea prima del termine di scadenza del mandato, porterebbe il condominio a dover risarcire i danni arrecati all'amministratore professionista revocato. Per completezza espositiva si segnalano due arresti della giurisprudenza di merito (minoritaria): Giudice di pace di Avellino sentenza del 22 settembre 2005 e Tribunale di Monza sentenza del 27 giugno 1985 i quali hanno rispettivamente statuito che l'amministratore anticipatamente revocato dall'assemblea non ha diritto al pagamento dell'intero compenso stabilito per la normale durata dell'incarico, ma alla minor somma liquidata in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato.

Ora, occorre ricordare che l'articolo 1129, comma 2 Codice civile pur stabilendo in un anno la durata dell'incarico, consente la revoca in ogni tempo dell'amministratore da parte dell'assemblea. Dovendosi, però, escludere un diritto dell'amministratore alla irrevocabilità dell'incarico diritto. Trattandosi, però, di mandato che si presume oneroso, se la revoca interviene prima della scadenza dell'incarico, l'amministratore avrà il diritto alla tutela risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento della revoca. E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca giudiziale previste dall'articolo 1129, comma 3, Codice civile configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione del rapporto prima della scadenza. Spetterà all'amministratore revocato, oltre al risarcimento del danno, anche il soddisfacimento dei crediti, eventualmente insoddisfatti, cui ha diritto ai sensi degli articoli 1719 Codice civile (mezzi necessari per l'esecuzione del mandato) e 1720 Codice civile (spese e compenso del mandatario).

Cosa spetta all’amministratore revocato anzitempo
Ci si pone quindi la seguente domanda: l'amministratore revocato anzi tempo ha diritto al compenso integrale pattuito per la durata annuale dell'incarico, oppure, solamente alla minor somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato?L'articolo 1129 comma 11 Codice civile stabilisce che l'assemblea condominiale può revocare l'incarico all'amministratore in qualsiasi momento, anche durante il mandato, senza la necessità di fornire una giustificazione della volontà assembleare. È necessario che la revoca sia indicata nell'ordine del giorno, in sede di convocazione dell'assemblea, e che questa deliberi in tal senso con lo stesso quorum previsto per la nomina dell'amministratore ex articolo 1136, comma 2 Codice civile.

La risposta alla domanda dipende da due ipotesi e precisamente:
- ipotesi a) revoca senza una giusta causa la quale non è basata su un comportamento necessariamente negligente da parte dell'amministratore, ma esclusivamente su una volontà soggettiva dei vari membri dell'assemblea condominiale;
- ipotesi b) revoca con una giusta causa o un giustificato motivo è basata su comportamenti negligenti e di grave irregolarità da parte dell'amministratore di condominio (articolo 1129 comma 11 – 12 Codice civile) tra questi si segnalano 1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge; 2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea; 3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma; 4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condòmini; 5) l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio; 6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva; 7) l'inottemperanza agli obblighi di cui all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9); 8) l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo».

Conclusioni
Si può affermare che nelle ipotesi di revoca anticipata senza una giusta causa, l'amministratore ha diritto al risarcimento del danno che è rappresentato dalla differenza tra il totale del compenso relativo al periodo cosiddetto differenziale cioè dal momento della revoca a quello predeterminato come finale del rapporto, in buona sostanza ha diritto di ricevere il compenso per l'intero periodo del rapporto inizialmente pattuito, quindi anche gli emolumenti dovuti per la restante durata del mandato, trattandosi in questo caso un danno da atto lecito (la revoca assembleare = atto di danno lecito).

Quindi dall'atto della nomina sino alla revoca a titolo di compenso pattuito, e successivamente dalla revoca sino al periodo, predeterminato come finale del rapporto a titolo di risarcimento del danno parametrato/commisurato tendenzialmente al valore del compenso che sarebbe stato conseguito con l'esecuzione integrale del mandato e all'opera già prestata. Alcuni autori della dottrina (minoritaria) affermano che non è corretto parlare di risarcimento del danno ma solo di indennizzo trattandosi di revoca dannosa che deriva da atto lecito, cioè una decisone assunta dall'assemblea di condominio nel pieno esercizio delle sue funzioni. A questo punto cosa impedirebbe all'amministratore di condominio di concordare con l'assemblea all'atto della nomina di scegliere di liquidare a forfait il danno provato dalla revoca tramite una clausola penale.

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