Condominio

Annullabile la delibera che addebita consumi termici ai condòmini distaccati dall'impianto

Il rinunziante resta obbligato a partecipare alle sole spese manutentive straordinarie dell’impianto come comproprietario dello stesso

di Fulvio Pironti

Una condomina evocava dinnanzi al Tribunale di Napoli (sesta sezione civile) il condominio chiedendo l'annullamento della delibera con cui l'assemblea le imponeva di corrispondere gli oneri afferenti al riscaldamento centralizzato. A sostegno della impugnativa precisava di essersi distaccata dall'impianto termico centralizzato previa comunicazione al condominio a cui aveva allegato perizia del proprio tecnico attestante la fattibilità senza aggravi di costi e squilibri di funzionamento.

Soggiungeva di aver ricevuto la delibera assembleare con cui il condominio aveva deciso che i condòmini distaccatisi dall'impianto centralizzato dovevano concorrere in ogni caso al pagamento integrale dei consumi termici. Precisava, inoltre, di aver ricevuto dal condominio richiesta di pagamento degli oneri relativi al riscaldamento. Chiedeva, pertanto, l'accertamento della illegittimità del deliberato adottato dal condominio e conseguentemente il suo annullamento poiché violativo dell'articolo 1118, comma 4, Codice civile (comma introdotto dalla legge 220/2012, articolo 3).

La difesa del condominio
Il condominio, costituitosi, eccepiva che l'articolo 1118 Codice civile prevede la possibilità per il condomino di rinunciare alla fruizione dell'impianto termico centralizzato sempreché non derivino notevoli squilibri di funzionamento e aggravi economici per gli altri condòmini. Rilevava che in tal caso il condomino rinunziante deve concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto, sua conservazione e messa a norma. Concludeva asserendo la permanenza dell'obbligo contributivo (in capo all'impugnante) al pagamento di tutte le spese termiche in quanto l'eseguito distacco non aveva comportato una riduzione dei costi per gli altri condòmini.

La motivazione
Il decidente ha esaminato dapprima l'articolo 1118, comma 4, Codice civile secondo cui «Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento…, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma». La norma consente al condomino di rinunciare a fruire dell'impianto di riscaldamento nel caso in cui non si determinino considerevoli alterazioni al suo funzionamento o aggravi economici per i restanti condòmini. Il rinunziante ha l'onere di provare l'insussistenza dei pregiudizi tramite accertamento demandato a tecnico di propria fiducia. Dalla consulenza tecnica d'ufficio è emersa l'assenza di notevoli squilibri.

Inoltre, è stato rilevato che l'impugnante deve «contribuire, seppur in misura ridotta, alle spese energetiche di conduzione onde evitare l'insorgere di aggravi di costo a carico dei condomini rimanenti». Perciò, «deve contribuire pro quota (ovvero sulla base dei millesimi condominiali a lei attribuiti della tabella G relativa al riscaldamento) alla copertura del 12,6 % delle spese energetiche di conduzione».In definitiva, secondo il tribunale partenopeo il distacco operato dall'impugnante è legittimo e tanto è desumibile dalla Ctu nella quale si è osservato che «dopo il distacco… l'impianto ha continuato a funzionare senza evidenziare squilibri di tipo notevole». Per cui l'impugnante «poteva legittimamente distaccarsi dall'impianto centralizzato».

Non vanno più dovute le spese di esercizio
Perciò, da un canto, dovrà concorrere al pagamento delle spese di manutenzione straordinaria, sua conservazione e messa a norma, dall'altro, è esentata dal dover corrispondere le spese di esercizio (combustibile). Con sentenza pubblicata il 10 giugno 2021 il Tribunale di Napoli ha annullato l'opposta delibera nella parte in cui l'assemblea aveva previsto che i condòmini rinunzianti dovevano continuare a corrispondere i consumi termici nella loro interezza.

Proprietà del locale caldaia e impianto termico
Il locale caldaia è un bene comune mentre l’impianto di riscaldamento è un servizio comune. È comune la caldaia termica in uno ai relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condòmini (articolo 1117, numero 3, Codice civile). Dal punto di diramazione la tubatura appartiene in proprietà esclusiva ai titolari delle distinte proprietà immobiliari (Cassazione 9940/1998). In caso di distacco dall'impianto termico, il condomino rinuncerà all’uso, ma non alla comproprietà del bene, tant'è che resterà salvo il diritto a potersi riallacciare in séguito.

L'articolo 1118 Codice civile
Il riformulato articolo 1118 Codice civile si fonda sul principio della indivisibilità e irrinunciabilità delle parti comuni. Il comma 3 precisa l’impossibilità del singolo condomino di sottrarsi dall’obbligo di concorrere ai costi gestionali mentre il comma 4 consente di chiedere, senza dover attendere il nullaosta dell’assemblea, il distacco dall'impianto termico centralizzato. Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che il condomino «può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini» (Cassazione 5331/2012).

Le condizioni dettate da tale norma si basano sul distacco dal quale non devono conseguire squilibri di funzionamento o aggravi di spesa a carico dei restanti condòmini. Il rinunziante permarrà obbligato a partecipare alle sole spese manutentive straordinarie dell’impianto in quanto, pur distaccandosi, resta comproprietario dello stesso. Tuttavia, sarà esonerato dal dover sostenere le spese di esercizio. Il distacco dall’impianto centralizzato si renderà possibile solo se si dimostrerà, con relazione tecnica a firma di professionista abilitato, che il distacco rispetta le condizioni prescritte dalla norma. L'elaborato peritale dovrà essere corredato della documentazione tecnica ed offrirà la prova della assenza di «notevoli squilibri» e l'«assenza di aggravi».

Sussistendo tali specifiche condizioni, il condomino potrà sempre distaccarsi dall’impianto termico senza dover richiedere ed ottenere alcuna autorizzazione assembleare. La giurisprudenza se, da un lato, sostiene la legittimità del distacco, dall'altro, ritiene che il condomino rinunziante sia tenuto a contribuire per intero alle spese manutentive straordinarie oltre quelle conservative e di messa a norma dell’impianto centralizzato nonché, nella misura dell’1,21%, per spesa di «consumo involontario» (per tutte, Tribunale di Roma 8 aprile 2019, numero 7568).

Nulla la delibera che respinge l'istanza di distacco
La delibera assembleare che, pur in presenza dei cennati requisiti, respinga l'istanza autorizzativa al distacco dall'impianto centralizzato è affetta da nullità. Ciò in quanto l'assemblea non è legittimata a poter incidere sui diritti individuali sui beni comuni o sulla proprietà esclusiva dei condòmini (Cassazione 3586/2013).

Le spese termiche
Il rinunciante contribuisce solo alle spese manutentive straordinarie dell’impianto, quelle conservative e di messa a norma (Cassazione 5331/2012). L’articolo 1118, comma 4, Codice civile implicitamente esonera il condomino rinunciante dal dover partecipare alla spesa degli oneri di esercizio per cui non dovrà contribuire al pagamento del combustibile. Il distacco, tuttavia, non esonera sistematicamente dalle spese gestionali perché l'onere contributivo risorge in capo al rinunziante qualora non siano stati soddisfatti i requisiti prescritti dall’articolo 1118, comma 4, Codice civile. In tal caso, al condomino verrà richiesta la partecipazione integrale di tutte le spese termiche, ordinarie e straordinarie, sebbene non usufruisca dell'impianto.

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