Condominio

Il danno alla vita di relazione in caso di infiltrazioni è liquidabile anche solo in base ad elementi presuntivi

Nel caso specifico il danno prodotto dal bene condominiale durava da tempo ed era chiara la volontà del condòmino di continuare ad abitare l'immobile

di Rosario Dolce

Il danno alla vita di relazione e alla salubrità della vita familiare a causa di umidità proveniente da parti comuni è liquidabile dal giudice in base ad elementi presuntivi, e, tra essi, rientra anche il tempo di durata del fenomeno dannoso e la volontà del condòmino di continuare ad abitare l'immobile, nonostante il peggioramento della situazione. Si ricava questo superiore principio dalla lettura della ordinanza numero 19253 emessa dalla corte di Cassazione in data 07 luglio 2021.

La vicenda
Il caso sottoposto alla attenzione della Cassazione riguardava degli ammaloramenti strutturali provocati ad un immobile dalla sottostante copertura del portico condominiale.Il condominio, in tal caso, era stato condannato a risarcire il danno materiale al condòmino di cui trattasi, adducendosi come titolo di responsabilità quello discendente dall'articolo 2051 Codice civile.L'aspetto saliente del provvedimento in commento, tuttavia, si trae dall'excursus argomentativo espresso in tema di liquidazione del danno da mancato godimento dell'immobile e dalle conseguenze che da esso discendono.

L'articolo di riferimento - a cui far capo e che, in quanto tale, viene menzionato - è il 2059 Codice civile, a mente del quale: «Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.Il danno non patrimoniale identifica i pregiudizi che derivano da lesione dei diritti della persona e non hanno rilievo economico. Le categorie di danno non patrimoniale sono quelle riconducibili al:
- danno morale, quale turbamento transeunte dello stato d’animo;
- danno biologico, cioè la lesione psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che incide sul suo quotidiano e sulle sue relazioni, ma che prescinde dalla sua capacità reddituale;
- danno esistenziale, che, ledendo altri diritti costituzionalmente tutelati, compromette la possibilità di svolgere le attività che realizzano la persona umana.

Quando va risarcito il danno non patrimoniale
La Suprema corte, inoltre, con le storiche «sentenze di San Martino», ha stabilito che il danno non patrimoniale costituisce un modello unitario del quale le singole categorie hanno solo valenza descrittiva (Cassazione sezioni Unite 11 novembre 2008, numeri 26972, 26973, 26974, 26975).Ciò premesso, si può apprezzare il tenore del provvedimento in commento, laddove riconosce la sussistenza di un danno non patrimoniale - e, nella fattispecie, trattavasi di un danno esistenziale - in capo al proprietario (in ragione della propria famiglia), sulla base di meri indici di presunzione.

Il danno alla vita di relazione
E segnatamente: «La Corte di appello, infatti, ha ritenuto dimostrato il danno alla vita di relazione e alla salubrità della vita familiare sulla base del riscontro oggettivo (in sede di Ctu) dei fenomeni di significativo ammaloramento delle pareti e del pavimento dell'appartamento in cui gli attori-appellanti hanno vissuto, e il fatto che tale situazione sia durata per lunghi anni non dimostra, come pretenderebbe il ricorrente, che il disagio non fosse reale e importante, ma soltanto che gli attori-appellanti hanno dovuto convivere con esso, cercando anche di provi rimedio con soluzioni che si sono rilevate di scarsa utilità quando non, paradossalmente, peggiorative (distacco dal riscaldamento centralizzato, e installazione di infissi coibentanti)».

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