Condominio

Il disavanzo di cassa non basta a provare l'anticipazione dell'amministratore

Su quest’ultimo grava un pesante onere spesso comprovabile solo con il prelievo o bonifico tracciato dal suo conto personale

di Fulvio Pironti

Un condominio proponeva opposizione al decreto monitorio emesso dal Giudice di pace di Roma su richiesta del pregresso amministratore e volto al recupero delle anticipazioni sostenute durante il mandato gestorio. L'ex amministratore rappresentava che nel riepilogo delle entrate-uscite si evinceva il suo credito e gli anticipi erano riferiti alle utenze correnti e spese ordinarie. Il condominio sosteneva che gli esborsi non erano validati da alcuna specifica approvazione assembleare. L'opposizione veniva accolta in quanto l’ex amministratore non aveva fornito la prova da cui emergeva il credito ingiunto.

Dinnanzi al tribunale capitolino, in funzione di giudice di appello, l'ex amministratore sosteneva che la prova del credito risultava dai documenti depositati e dal rendiconto approvato e rilevava che nel riparto si evinceva il saldo negativo (disavanzo di cassa), dato, questo, che comprovava gli esborsi. Tuttavia, il Tribunale di Roma, con sentenza pubblicata il 7 giugno 2021, rigettava l'appello.

La motivazione
Si focalizzano i punti salienti che supportano la decisione. La domanda del pregresso amministratore è tesa ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell'interesse del condominio. Riguarda esborsi sostenuti con propri fondi a causa della momentanea carenza dei flussi in entrata. La giurisprudenza di legittimità, cui ha aderito il decidente capitolino, sostiene che l’amministratore debba offrire la prova degli esborsi (Cassazione 10153/2011, 13878/2010, 7498//2006). L'amministratore avrebbe l'onere di dimostrare i pagamenti effettuati.

Il giudicante ha considerato carente il quadro probatorio dell'ex amministratore poiché si sarebbe limitato a indicare l'ammontare del credito vantato senza menzionare:
a) la natura delle spese fronteggiate per conto del condominio;
b) i momenti in cui gli esborsi si sarebbero perfezionati;
c) se siano stati utilizzati fondi personali dell'amministratore.
Il condominio ha negato l'esistenza di una specifica ratifica da parte dell'assemblea del preteso credito. Il tribunale ha escluso che un disavanzo gestionale costituisca prova certa dell'esborso. L'approvazione del rendiconto con un disavanzo non sarebbe bastevole per riconoscere il credito dell'amministratore. Ciò in quanto difetterebbe la dimostrazione che l'amministratore abbia effettivamente anticipato le somme relative al disavanzo. Per conseguire il rimborso occorre che l'amministratore offra la prova concreta di aver provveduto al pagamento delle spese eccedenti alle entrate con risorse personali.

Riflessioni
L'orientamento giurisprudenziale si impernia sul disavanzo di cassa quale eccedenza delle spese sostenute rispetto alle entrate incamerate. Occorre provare la sicura provenienza del danaro esborsato impiegato per fronteggiare l'anticipazione. La prova risiede nel prelievo o bonifico tracciato dal conto personale dell'amministratore. Per ottenere il riconoscimento, l’ex amministratore dovrebbe offrire la prova degli esborsi effettuati con danaro proprio (ad esempio, bonifici in favore del condominio con addebito sul conto personale dell'amministratore).

Diversamente, qualora il rimborso rivendicato dovesse giungere al vaglio giudiziario, verrà puntualmente negato (come attestano le numerose pronunce). Solo una delibera ricognitiva di situazioni debitorie imputate al condominio legittimerebbe la pretesa creditoria dell’ex amministratore.La prova richiesta dalla giurisprudenza all'ex amministratore è rigorosissima e gravosa, perciò destinata nella maggior parte dei casi a restare non assolta. È frequente che il rallentamento dei flussi in entrata costringa l'amministratore a dover anticipare, spesso in più riprese, le spese correnti per mantenere attivi i servizi più elementari come, ad esempio, l'illuminazione scale, la pulizia scale e l'esercizio dell'ascensore. Spese, queste, scaturenti dal bilancio di previsione approvato ad inizio gestione.

Un esempio della difficoltà probatoria
Ipotizziamo che a fine esercizio l'amministratore contabilizzi nel rendiconto cinquantamila euro di spese ordinarie a fronte di quarantottomila euro confluiti in cassa. Il disavanzo di duemila euro dovrà essere integrato dai condòmini in sede di conguaglio e corrisposto all'amministratore per averlo ripianato in via anticipatoria. D'altronde, chi altri potrebbe saldare le fatture se non l'amministratore, unico soggetto legittimato a detenerle per ragioni di ufficio?La prova degli esborsi da restituire all'ex amministratore è ricavabile con una elementare operazione aritmetica. È la differenza fra le spese realmente sostenute e le rate effettivamente incassate.

Non si comprende allora quale sia la ragione per la quale la giurisprudenza costringa l'ex amministratore a doversi premunire di trasferimenti bancari tracciabili per dimostrare quanto anticipato. Tra l'altro, spesso si tratta di molteplici importi, ognuno di modica entità, spalmati nell'arco annuale di un esercizio. Precludere all'amministratore la facoltà di anticipare con danaro contante per sopperire con immediatezza al pagamento, ad esempio, di una fattura di energia elettrica (magari per evitare la sospensione o il distacco del servizio) è eccessivo. Come è altrettanto eccessivo imporre che i fondi debbano provenire dai conti personali dell'amministratore. Come, ancora, è eccessivo penalizzarlo precludendogli la possibilità di recuperare coattivamente l'esborso senza aver dimostrato la provenienza dei danari impiegati. L'orientamento, decisamente troppo formalistico, andrebbe ripensato e rivisto.

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