Condominio

Nulla la delibera che modifica la ripartizione spese rispetto al Codice o al regolamento contrattuale

Annullabili le decisioni con cui l'assemblea si limiti a fissare una diversa ripartizione

di Selene Pascasi

Sono nulle, quindi reclamabili anche dal condomino che le abbia votate, le delibere con cui si stabiliscano o si modifichino a maggioranza i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dal Codice civile o dal regolamento contrattuale. Per farlo, infatti, serve l'unanimità. Sono, invece, annullabili le decisioni con cui l'assemblea si limiti a fissare in concreto la ripartizione delle spese in difformità dai criteri stabiliti. Lo ribadisce la Corte di appello di Roma con sentenza 1378 del 22 febbraio 2021.

La vicenda
Apre la causa la pronuncia con cui il Tribunale dichiarava – su istanza di una Spa. titolare di alcune unità immobiliari site nell'edificio condominiale – la nullità delle delibere con cui erano stati approvati il riparto consuntivo e preventivo così revocando il decreto ingiuntivo chiesto dal condominio per il recupero di somme accertate appunto nel consuntivo. L'ente formula appello: a suo avviso, il Tribunale non poteva pronunciarsi su questioni attinenti la validità della delibera nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Di conseguenza, non poteva revocare il decreto quando la ripartizione era stata approvata dall'assemblea, a meno che non fosse stata annullata o dichiarata nulla la relativa delibera di approvazione. Tesi che la Corte respinge. La società, spiega, non si era solo opposta al decreto ingiuntivo ma in via riconvenzionale aveva anche chiesto di accertarsi la nullità della deliberazione in virtù della quale le si ingiungeva il pagamento. Ciò perché la decisione, secondo la Spa, violava il regolamento condominiale contrattuale che prevedeva chiaramente l'esonero da ogni contribuzione relativamente alle unità immobiliari invendute. In quel senso, allora, aveva impugnato l'ingiunzione e sollecitato un vaglio sulla nullità della delibera.

I casi di nullità e annullabilità
Peraltro, secondo l'orientamento della Cassazione – ribadito con sentenza 19832/2019 – in sede di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per incassare gli oneri condominiali, non opera il limite alla rilevabilità anche officiosa dell'invalidità della sottostante delibera, trattandosi di elemento costitutivo della pretesa. Ecco che quanto eccepito, ossia l'illegittimità della delibera che aveva approvato la ripartizione delle spese, era riconducibile ad un'ipotesi di nullità. Del resto, il regolamento condominiale di tipo contrattuale era stato predisposto dalla ditta costruttrice (certamente abilitata a modificare i criteri prefissati di riparto delle spese) e poi accettato dai condòmini con i singoli atti di acquisto delle loro unità abitative.

Regolamento che stabiliva espressamente l'esonero da ogni tipo di contribuzione (servizi di ascensore, utenze, acqua, giardinaggio…) per le unità invendute. E nella vicenda, il decreto ingiuntivo era stato emesso a seguito del consuntivo approvato con la delibera contestata e riguardava proprio il pagamento degli oneri condominiali relativi alle unità della società rimaste invendute. La società, quindi, era ovviamente esonerata dai pagamenti.

La violazione del regolamento contrattuale
Questo, anche in ragione dell'ipotesi di nullità della delibera – eccepibile anche dal condomino che l'abbia votata – rinvenibile qualora, a maggioranza, si stabiliscano o si modifichino i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità dai criteri dettati dal Codice civile o dal regolamento condominiale contrattuale. Evenienze che esigono un voto unanime. Saranno, invece, annullabili le delibere con cui l'assemblea determini in concreto la ripartizione delle spese in difformità da quei criteri. La decisione impugnata, pertanto, era nulla per aver a maggioranza ripartito le spese in modo difforme dal regolamento violando il diritto della costruttrice all'esonero dalla contribuzione alle spese comuni. Queste, le motivazioni per le quali la Corte di appello di Roma boccia l'impugnazione.

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