Condominio

Ha natura contrattuale l’accordo in sede di mediazione sulla cessione di una quota dell’immobile

Pertanto conserva validità anche se non trascritto nei registri immobiliari

di Fabrizio Plagenza

Come noto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, comma 1 bis, del Dlgs 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia nelle materie in esso indicate, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione. Tra queste, la legge annovera materie aventi ad oggetto, ad esempio, «diritti reali, divisione, successioni ereditarie». Tutte materie in cui l'immobile è quasi sempre al centro della materia del contendere. Accade sovente, dunque, che in mediazione si stipulino accordi con cui le parti cedono diritti e modifichino le proprie posizioni soggettive.

La pronuncia più recente
È quanto accaduto nel caso trattato dal Tribunale di Lecce, definito con la sentenza 1419 del 12 maggio 2021. Il Tribunale pugliese ha ribadito (ove ve ne fosse bisogno) l'importanza dell'accordo raggiunto tra le parti in mediazione ponendo l'accento sull'efficacia del verbale positivo siglato all'esito del procedimento di mediazione, con cui una parte si sia obbligata a trasferire la sua quota di proprietà all'altra.Secondo il Tribunale di Lecce, anche laddove non venga trascritto nei registri immobiliari, l’accordo raggiunto in sede di mediazione è idoneo a realizzare la cessione della quota dell’immobile.

Ciò perché il verbale di accordo di mediazione è un contratto e il contratto ha forza di legge tra le parti, così come recita l'articolo 1372 del Codice civile.L’accordo raggiunto all'esito del procedimento di mediazione, con il quale una parte si sia impegnata a vendere all’altra la propria quota dell’immobile in comunione, ha dunque natura contrattuale e produce l'effetto di realizzare l’efficacia traslativa, anche se non sia stato trascritto nei registri immobiliari. Conseguenza di quanto detto, per il Tribunale di Lecce, è che, convenuto il trasferimento da parte di un comunista ad un altro, il promissario cedente perde la legittimazione nel giudizio di divisione giudiziale, alla luce del difetto di contitolarità del bene oggetto di comunione.

La vicenda
La causa nasce da un giudizio incardinato da una donna che chiedeva la divisione giudiziale di un immobile ricevuto in eredità dalla stessa unitamente ai suoi fratelli. Si costituivano in giudizio i fratelli e, nel giudizio, una parte eccepiva proprio la carenza di legittimazione dell’attrice in quanto quest'ultima, in sede di mediazione, le aveva venduto la propria quota del bene oggetto della controversia, ricevendo contestualmente anche la somma di cinquemila euro a titolo di caparra confirmatoria.

Si legge in sentenza, che l’accordo di conciliazione ha natura contrattuale e con esso le parti, a mezzo di proprie manifestazioni di volontà, possono regolamentare i propri interessi e porre fine alla controversia. Secondo il giudice pugliese, l’accordo tra le due sorelle, seppur non trascritto nei registri immobiliari, ha comunque impegnato le parti realizzando quell’efficacia traslativa convenuta in sede di mediazione e per la quale era stato versato una parte del prezzo a titolo di caparra confirmatoria, con l’intesa delle parti di saldare la restante parte del prezzo entro e non oltre una certa data.

Conclusioni
Pertanto, «a nulla rileva che successivamente le stesse parti abbiano stipulato un preliminare di vendita» avente ad oggetto le stesse quote immobiliari già vendute dalla stessa sorella all'altra in sede di mediazione «con accordo pure richiamato nel successivo preliminare».In conseguenza di quanto detto, per il giudice, «la promittente venditrice tale non poteva essere per aver già trasferito» alla sorella «la titolarità delle sue quote ideali dell’immobile per cui è lite». Veniva, dunque, dichiarato il difetto di legittimazione dell’attrice per carenza di titolarità pro quota dell’immobile oggetto della domanda di scioglimento della comunione.

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