Condominio

Legittima l’innovazione pagata da un solo condòmino se non si ravvisano interessi concorrenti di altri

Rientra nel miglior uso della cosa comune che il singolo può fare nel rispetto dei diritti altrui

di Selene Pascasi

Per pari uso della cosa comune non si intende l'uso identico e contemporaneo, potendo ogni partecipante alla comunione trarne una più intensa utilizzazione purché compatibile con i diritti degli altri. Così, quando sia prevedibile che gli altri partecipanti non faranno un pari uso del bene, la modifica apportata dal singolo sarà legittima. Lo scrive il Tribunale di Potenza con sentenza numero 20 del 25 marzo 2021.

I fatti
È un uomo ad impugnare la delibera che aveva concesso ad una coppia di coniugi l'esecuzione di lavori di variazione della facciata condominiale con apertura di una porta e chiusura di quella esistente. Le opere, lamenta, erano innovazioni vietate perché alteravano il decoro architettonico dello stabile vista l'evidente incidenza della modifica sulla sua estetica e fisionomia armonica. E comunque, anche a voler qualificare diversamente gli interventi, la decisione era stata assunta senza le maggioranze previste.

Di qui, la collegata richiesta di sospendere la delibera a seguito della quale i condòmini avevano avviato i lavori. I consorti si difendono: gli interventi autorizzati rientravano nel migliore e più intenso utilizzo della cosa comune consentito dalla legge. Peraltro, si erano accollati tutte le spese senza gravare sulla collettività e lo spostamento della porta d'ingresso di circa due metri dalla posizione originaria non aveva mutato la destinazione d'uso del muro perimetrale, né aveva impedito il pari uso se inteso come uso non identico e contemporaneo. Ancora, non era stata pregiudicata la sicurezza dello stabile né alterato il decoro architettonico. Il Condominio, da parte sua, insiste sulla legittimità delle opere. Cessata nel frattempo la materia di lite, il Tribunale si pronuncia sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale e boccia la domanda.

La ripartizione delle spese
Dai carteggi allegati e stante la tipologia degli interventi, essi erano consentiti per riconducibilità alla tipologia ammessa dall'articolo 1102 del Codice civile. Non si applicava, quindi, l'articolo 1120 che – nel prescrivere che le innovazioni del bene comune siano approvate con certe maggioranze, disciplina quelle comportanti oneri di spesa per tutti. Tuttavia, ove non serva ripartirli per essere stati i costi assunti interamente da un condòmino, si applicherà la norma generale (che contempla anche le innovazioni) in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune se non ne alteri la destinazione e non ne impedisca il pari uso. Perciò, potrà apportarvi a sue spese le modifiche tese al miglior godimento.

Quanto al pari uso, esso effettivamente non va intepretato come un uso identico e contemporaneo avendo ogni partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune il più intenso uso purché compatibile con i diritti altrui. In sostanza, ove sia prevedibile che gli altri non faranno un pari uso del bene, la modifica del singolo sarà legittima (Cassazione 18038/2020). Era in quel senso, conclude il Tribunale, che andava letta la delibera impugnata consistente nel riconoscimento da parte dell'assemblea della mancanza di un concorrente interesse della compagine rispetto a quello rappresentato dai convenuti sulla parte di edificio interessata, valutato anche l'impegno economico esclusivo. Così, non ravvisabili pericoli alla sicurezza e stabilità del fabbricato né lesioni al decoro architettonico, la decisione era valida. Di qui, la condanna dell'attore alla rifusione delle spese di lite in favore dei coniugi.

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