Condominio

I mercoledì della privacy: il 110% e le richieste dei rendiconti condominiali da parte delle banche

Il bilancio è documento interno alla gestione condominiale la sua diffusione potrà avvenire con il consenso dei condòmini ed oscurando i dati sensibili degli stessi

di Carlo Pikler - Privacy and Legal Advice

Ormai sembra essere una prassi consolidata. Nelle procedure del superbonus, laddove subentrano le banche, gli amministratori devono depositare una serie di documenti chiesti a garanzia dall'istituto di credito, tra cui i rendiconti condominiali. La motivazione della richiesta sta nella circostanza che l'agenzia delle Entrate, con la circolare 30/2020 dell'8 agosto 2020, al punto 3, ha specificato come «L'importo della detrazione spettante è calcolato tenendo conto delle spese complessivamente sostenute nel periodo d'imposta, comprensive dell'importo non corrisposto al fornitore per effetto dello sconto praticato. Il contributo sotto forma di sconto e il credito d'imposta cedibile sono pari alla detrazione spettante. L'amministratore di condominio deve comunicare alle Entrate le cessioni dei crediti corrispondenti alle detrazioni esclusivamente per un ammontare proporzionato al rapporto tra quanto versato da ciascun condòmino entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento della spesa e quanto dovuto dal condòmino stesso. Nel caso di condòmino moroso, pertanto, l'amministratore non dovrà comunicare nessun dato riferito allo stesso in quanto il condòmino, non avendo versato le quote condominiali, non ha diritto alla detrazione».

I motivi della richiesta ed i dubbi che solleva
La banca, dal canto suo, prima di erogare il finanziamento richiesto, necessario per corrispondere all'intera filiera (imprese e tecnici), gli importi spettanti ai singoli Sal, oltre a chiedere l'accettazione individuale del finanziamento richiesto, vuole ottenere la certezza che l'importo che andrà a pagare sia interamente cedibile e, quindi, recuperabile al 110% dallo Stato.Ma questa richiesta è lecita o presenta risvolti di illegittimità? Ricordiamo innanzitutto che la Cassazione a sezioni Unite con la sentenza 27035/2020, ha affermato la totale mancanza di vincolatività delle circolari interpretative, in quanto non rientrano tra le fonti del diritto.

Inoltre, non deve dimenticarsi che il rendiconto consuntivo è documento interno al contesto condominiale, che può essere reso visibile in ogni tempo solo su richiesta degli stessi condòmini in virtù del principio di trasparenza, ma non deve essere reso visibile a terzi, i quali non sono legittimati a visionarlo in regione del principio di riservatezza.Il rendiconto condominiale, infatti, non è un bilancio societario e, pertanto, non soggiace agli stessi obblighi di pubblicità dettati dall'articolo 2435 Codice civile.Per di più, l'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile dispone che i creditori hanno diritto di accedere all'elenco dei condòmini morosi, completo dei dati anagrafici nonché della relativa quota millesimale, solo dopo aver ottenuto un titolo esecutivo nei confronti del condominio. In questo frangente, non solo non esiste un titolo esecutivo, ma ci troviamo in una fase precontrattuale.

Come tutelare la privacy dei condòmini
Si pone quindi la domanda: qual è la base giuridica posta a fondamento della richiesta dell'istituto di credito di richiedere copia di un documento, appunto il rendiconto, che avrebbe di per sé una rilevanza prettamente interna ai condomìni?La banca, praticamente, pone in essere un controllo a monte del finanziamento che va ad erogare in considerazione della incedibilità del credito d'imposta del moroso. In pratica si sostituisce all'amministratore, senza accontentarsi, magari, della semplice dichiarazione dell'amministratore relativamente all'ammontare dell'importo complessivo non cedibile in quanto riferito a crediti non incassati per morosità dei singoli condomini (dichiarazione, questa, che appare doverosa in considerazione del principio di correttezza e buona fede precontrattuale).

Occorre allora effettuare un contemperamento di interessi tra la riservatezza del singolo condomino (tutelata dal codice civile e dal Gdpr) in relazione alle posizioni individuali insite nei rendiconti condominiali e l'interesse della banca che eroga il finanziamento e che intende tutelare i propri interessi di soggetto erogatore delle somme. Laddove l'istituto di credito indicasse contrattualmente la necessità di ottenere il consuntivo condominiale tra quelli necessari per l'approvazione della pratica, la base giuridica la si potrebbe ricercare nel medesimo contratto, così come previsto dall'articolo 6 lettera b Gdpr.

Il consenso dei condòmini
In tal caso l'amministratore, per non incorrere in violazione della privacy, prima di consegnare il rendiconto, dovrebbe ottenere il consenso di tutti i condòmini (compresi i morosi). Ma il contratto contenente una siffatta richiesta sarebbe valido secondo il Gdpr o presenterebbe profili di contrasto con il Regolamento europeo 2016/679, che nella gerarchia delle fonti si considera «Fonte primaria» al pari delle norme costituzionali, impone il principio di minimizzazione, secondo il quale si possono trattare solo i dati strettamente necessari alla finalità che si intende perseguire (articoli 5 e 6 Gdpr)?

In sostanza, si potrebbe affermare che alla banca sarebbe sufficiente ottenere l'intero importo che non potrebbe essere detraibile in quanto relativo a morosità dei condòmini, anche senza avere il dettaglio dei soggetti a cui si ascrivono le varie morosità e i relativi importi.Pertanto l’amministratore (salvo aver raccolto il consenso di tutti i condòmini alla consegna dei dati) potrebbe consegnare, al massimo, il rendiconto oscurato dei dati identificativi diretti e indiretti dei condòmini, potendosi, in caso contrario, configurare un illecito trattamento dei dati da parte della banca che configurerebbe anche la nullità della clausola contrattuale in questione in quanto contraria alla legge.


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