Condominio

Gli abusi edilizi non sanati bloccano il 110% e scatenano liti

I condòmini potrebbero segnalare in Comuni gli abusi in appartamenti (verande, finestre, balconi) che bloccano i lavori sulle parti comuni

di Anna Diana e Chiara Todini

Il blocco dei lavori a causa di abusi edilizi rischia di far aumentare esponenzialmente le liti fra condòmini, con richieste di risarcimento anche assai cospicue.

È cosa nota che in Italia una gran parte dei giudizi civili pendenti scaturisca da controversie nate in condominio. Lo confermano, del resto, i dati elaborati dall’Anapic (Associazione nazionale amministratori professionisti immobili e condomini) la quale, nel 2018, registrava oltre due milioni di cause pendenti in materia condominiale, corrispondenti al 50% circa del totale delle cause civili iscritte a ruolo.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, potrebbe contribuire la misura del superbonus 110%, introdotta dal decreto Rilancio. Fra tutte le liti possibili, una in particolare desta attenzione. Per effetto della normativa in tema di superbonus, i beneficiari condomini devono preoccuparsi degli abusi edilizi realizzati da altri condòmini.

Questo in quanto, per poter beneficiare dell’agevolazione, è necessario effettuare una (lunga) serie di valutazioni preventive, redatte da tecnici specializzati, in merito ai lavori trainanti da effettuare sulle parti comuni dell’edificio (cappotto termico, sostituzione impianti di climatizzazione invernale), nonché ai lavori trainati, che offrono la possibilità di rinnovare a costo zero, rispettivamente, le parti comuni e le singole unità immobiliari.

Il certificato
Fra le attestazioni necessarie, documento imprescindibile, non solo per ottenere la detrazione fiscale ma, ancor prima, per poter avviare i lavori (in base all’articolo 9-bis del Dpr n.380/2001, il Testo unico edilizia) è il certificato di conformità urbanistico- edilizia rilasciato da un tecnico abilitato, mediante il quale si dà atto dello stato legittimo dell’immobile oggetto dei lavori, cioè dell’assenza di abusi edilizi non sanabili o non sanati, che compromettano la conformità delle parti comuni dell’edificio interessate dagli interventi di riqualificazione con il titolo presentato in Comune.

Com’è facile intuire, e come insegna l’esperienza quotidiana, i condomìni offrono copiosi esempi di piccoli e grandi abusi edilizi che possono incidere sulla conformità edilizia delle parti comuni (terrazze ricoperte da tettoie in muratura, ovvero balconi chiusi con strutture fisse tali da renderli verande abitabili, solo per citare i più frequenti) e che, se non sanabili o non sanati, possono bloccare l’accesso al superbonus a danno dell’intero condominio.

Infatti, questi sono i casi (non proprio infrequenti) in cui l’abuso, ancorché realizzato dal privato nella propria abitazione, insista sulle parti comuni nella misura in cui incida sulla volumetria complessiva dell’edificio, aumentandola.

Le denunce
Così delineata la faccenda, non può dunque escludersi, anzitutto, che i condòmini o gli amministratori presentino, per poter superare tale impasse, apposite denunce al Comune – ente competente all’emanazione dei provvedimenti amministrativi di irrogazione delle sanzioni in materia di abusi edilizi – volte ad ottenere, nei confronti del condòmino responsabile, un ordine di demolizione del manufatto realizzato in violazione delle norme e dei regolamenti edilizi e di ripristino dello “status quo ante”.

Peraltro, in considerazione delle lungaggini del procedimento amministrativo e, soprattutto, dell’eventuale processo dinanzi all’autorità giudiziaria che ne può scaturire, è probabile che non si riesca a rispettare il termine fissato per poter beneficiare del superbonus.

Appare evidente, allora, come il tanto sperato accesso all’agevolazione possa tramutarsi nella scintilla di innesco di una miriade di liti davanti al giudice civile, aventi ad oggetto il risarcimento dei danni patiti dai condòmini in regola che non abbiano potuto (definitivamente) avvalersi del superbonus a causa degli abusi edilizi realizzati da altri condòmini.

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