Condominio

Cappotto termico in facciata, non è innovazione gravosa ed è a prova di decoro architettonico

Non necessario che i lavori lo migliorino perché la legge impedisce solo che sia deturpato

di Rosario Dolce

Possiamo dire che il cappotto applicato alla facciata di un edificio condominiale non è una innovazione voluttuaria né gravosa, di cui all'articolo 1121 Codice civile; al pari, possiamo affermare che il cappotto è una innovazione agevolata di cui all'articolo 1120 Codice civile (ovvero, se volessimo azzardare, lo potremmo ricondurre all'articolo 26 della legge 10/91 e/o al recente articolo 119 del decreto Rilancio), e, in quanto tale, consta un beneficio in favore dei condòmini, nessuno escluso. La sicurezza che assumiamo nel dispensare i due accorgimenti nasce dalla lettura dell'ordinanza 10371 del 20 aprile 2021 e dai principi che da essa si è in grado di ricavare.

Le statuizioni della Corte
La motivazione che sta dietro le superiori affermazioni è presto detta: «i lavori di coibentazione permettono a lungo termine un risparmio energetico che ripaga ampiamente la eventuale gravosità della spesa iniziale, peraltro in parte fiscalmente detraibile». Al bando anche il limite posto dalla tutela del decoro architettonico. Basti considerare – per come segnatamente riportato in ordinanza - che una delibera che disponga una innovazione diretta al miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al «miglioramento del decoro architettonico» della facciata, essendo, al contrario, l'eventuale alterazione del decoro architettonico un limite imposto alla legittimità della innovazione (articolo 1120, ultimo comma, Codice civile.).

Le spese devono essere ripartite tra tutti
D'altro canto, la realizzazione di un “cappotto termico” sulle superfici esterne dell'edificio condominiale, in quanto volta a migliorare l'efficienza energetica dello stesso, non dà luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazione separata.Ragione per cui anche i locali seminterrati – o meglio i proprietari delle unità immobiliari, ivi ubicate – devono contribuire alle spese deliberate dall'assemblea dei condòmini in tema di appalto dei lavori (che, a tal proposito – come ricorda sempre il giudice di legittimità – integra una doppia obbligazione: una di natura sinallagmatica-esterna, cioè quella che fa capo al rapporto negoziale tra condominio e terzo, ed una di natura reale, interna, siccome facente capo al rapporto tra il condominio e i condòmini).

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