Condominio

È cortile, dunque bene comune, anche quello situato tra due distinti edifici a cui fornisce aria e luce

Pertanto il costruttore non può sostenere di averne conservato la proprietà che risulta trasmessa invece insieme a quella dei singoli appartamenti

di Selene Pascasi

Per cortile non si intende solo quello interno all'edificio, chiamato anche chiostrina, ma pure quello posto fra edifici strutturalmente autonomi ed appartenenti a proprietari diversi purché oggettivamente destinato a fornire aria e luce agli stabili che lo fronteggiano. Lo stesso può dirsi per qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici tesa a dare luce ed aria agli ambienti circostanti ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate come gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini o i parcheggi. Lo afferma la Corte di appello di Messina con sentenza numero 67 del 15 gennaio 2021.

I fatti
Sono alcuni proprietari ad aprire la lite. Negli atti di compravendite, spiegano, era stato espressamente convenuto che ognuno avesse diritto ad un posteggio nel piazzale condominiale. L'assemblea, però, dopo aver assegnato i posti risultanti dalla planimetria in numero pari agli appartamenti, aveva – senza alcuna nuova delibera e senza concordare nulla con gli altri condòmini – realizzato altri due posti ad uso personale, limitando di fatto lo spazio assegnato a quelli limitrofi. Non solo. Venivano usati come parcheggio anche altri spazi liberi del cortile e l'amministratore non era riuscito a far desistere i condòmini scorretti da tali condotte illegittime.

Di qui, la richiesta di accertare l'illegittima aggiunta dei posti macchina e condannare gli “abusivi” ad usare solo i posteggi assegnati con riunione. Diverse, le difese di controparte: incompetenza del giudice, il fatto che molti si erano scambiati l'uso dei posti inizialmente attribuiti e che con la divisione di uno degli appartamenti in due unità era stato necessario aggiungere un posto. Il Giudice di pace, ritenutosi incompetente, “passa” la questione al Tribunale che accoglie le domande: le aree destinate a parcheggio sono dei beni comuni e non è consentita un'individuazione diversa senza apposita deliberazione assembleare. Contro la decisione arriva l'appello da parte del costruttore: si era riservato la proprietà del cortile nel quale ricadono i posti auto, sottolinea, che perciò non era condominiale. E comunque, aggiunge, i nuovi posteggi non avevano ridotto le dimensioni dei posti limitrofi.

Cosa deve intendersi per cortile
La Corte di appello di Messina aggiusta il tiro. L'articolo 1117 del Codice civile – anche prima della riforma di settore del 2012 che aveva incluso tra le parti comuni le aree destinate a parcheggio – già vi comprendeva sia i cortili che le porzioni dell'edificio necessarie all'utilizzo comune. E secondo un consolidato orientamento, per cortile non si intende soltanto quello interno all'edificio (chiostrina) ma anche quello collocato fra edifici strutturalmente autonomi ed appartenenti a proprietari diversi che sia obiettivamente diretto a dare luce ed aria ai fabbricati fronteggianti.

In generale, il riferimento è a qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici finalizzata a filtrare luce ed aria agli ambienti circostanti e anche comprensiva degli spazi liberi esterni alle facciate (verde, zone di rispetto, intercapedini, parcheggi). Ecco che, nella vicenda, l'area circostante lo stabile si presumeva comune ed era il costruttore, semmai, a dover fornire la prova di un titolo da cui risultasse il contrario ossia che se ne fosse riservato la proprietà. La compravendita, però, attestava la proprietà dell'appartamento e non del posto auto. Vendita che, tuttavia, comprendeva accessori, pertinenze e proprietà pro quota delle parti del fabbricato comuni per legge e/o per regolamento con diritto ad un posto auto nella zona adibita a parcheggio e individuato con un numero ben preciso.

Il trasferimento della proprietà
In sostanza, con tutti gli atti di vendita era stata trasferita ai singoli acquirenti la proprietà dei rispettivi appartamenti e il diritto di uso di un posto auto senza che ciò comportasse l'esclusione dell'intera area antistante destinata a parcheggio. Ecco che, assente prova contraria, tale da vincere la presunzione di condominialità, l'area discussa era comune. E se la ripartizione del cortile condominiale con l'individuazione di tredici posteggi era stata deliberata dall'assemblea, ogni successiva modifica spettava ad un'assemblea appositamente convocata. Tuttavia, non risultando violato il divieto di usare la cosa comune senza compromettere o limitare l'altrui uso, non v'erano ragioni sufficienti per imporre la rimessione in pristino dei luoghi. Questa, la motivazione logica sottesa alla decisione abbracciata dalla Corte di appello di Messina.

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