Condominio

La comunione di un bene risulta dalla sua funzione e dall’atto costitutivo del condominio

Non ha valore probante la planimetria catastale

di Selene Pascasi

Per superare la presunzione legale di proprietà comune delle parti di uno stabile bisogna far riferimento all'atto costitutivo del condominio, non essendo sufficienti i semplici dati della planimetria catastale. Lo precisa la Corte di appello di Genova con sentenza numero 44 del 14 gennaio 2021.

La vicenda e le pronunce di merito
È un proprietario a citare il condominio chiedendo al giudice di dichiarare nulla, annullabile o almeno illegittima, la deliberazione con la quale si stabiliva che le spese di sostituzione delle false persiane del proprio alloggio fossero a suo totale carico. L'esborso, afferma, doveva accollarsi al condominio non trattandosi di una finestra aperta ad uso esclusivo. Essa, marca, avendo funzione ornamentale ed essendo parte integrante del muro perimetrale, rientrava tra i beni comuni i cui oneri erano da ripartire fra tutti i partecipanti.

Il Tribunale, sentiti i testimoni ed esaminati i carteggi, boccia l'impugnazione e lo condanna a pagare i costi del processo ma lui propone ricorso: la sentenza di primo grado, lamenta, violava l'articolo 1117 del Codice civile. La Corte di appello concorda e annulla la delibera. Sbagliava il Tribunale a ritenere la finestra priva di carattere ornamentale e bene esclusivo soltanto perché non era dipinta sulla facciata del caseggiato ma era dotata di un'autonoma persiana (tapparella). Scorretto anche il rilievo secondo il quale la finestra non apparteneva al muro perimetrale in quanto non indicata come vera e propria finestra nella planimetria catastale.

Come si prova la condominialità del bene
Del resto, prosegue la Corte di Genova, l'articolo 1117 del Codice civile non fornisce un elenco rigido dei beni di natura condominiale ma una lista esemplificativa di quelli da ritenere, salvo prova contraria, parti comuni. E allora, per accertare la natura comune di un'opera o di un manufatto, è sempre necessario (visto il principio generale dettato dalla norma) accertarne la funzione. Ebbene, nella vicenda, era più che evidente come la finta finestra, seppur dotata di una persiana esterna (chiusa e murata) non svolgesse funzione di finestra a beneficio del proprietario dell'alloggio cui ne era precluso ogni uso esclusivo. Essa, quindi, era parte della facciata ed aveva la funzione ornamentale di mantenere l'equilibrio visivo.

L’atto costitutivo del condomino
Il Tribunale, dunque, era fuori strada nel ritenere che una finestra cieca non potesse considerarsi parte comune del muro perimetrale solo perché così non indicata nella planimetria catastale dell'edificio. Tanto è vero, conclude, che per superare la presunzione legale di proprietà comune delle parti di un palazzo bisogna riferirsi all'atto costitutivo del condominio e non unicamente ai dati risultanti dalla planimetria catastale.

E nel caso di specie, il regolamento condominiale non diceva nulla in merito alla natura delle finte finestre e relative tapparelle. La discussa finestra, pertanto, non svolgendo la funzione di luce e/o di veduta all'appartamento, non si poteva affatto considerare nella disponibilità esclusiva dell'appellante ma bene comune. Si motiva così la scelta della Corte di appello genovese di accogliere il ricorso ed annullare la delibera.

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