Condominio

È reato minacciare , aggredire e ingiuriare l’amministratore condominiale

Nel caso esaminato si trattava di amministratore giudiziale chiamato ad intervenire in un contestato di grave illegalità

di Giulio Benedetti

La professione di amministratore condominiale ha un contenuto sociale, poiché il professionista, per ottemperare agli obblighi legali, deve tenere conto anche delle opinioni dei suoi amministrati , che non sempre sono serene e collaborative . Tuttavia, i condòmini , anche se pagano il compenso all'amministratore , non devono trascendere nelle loro manifestazioni di dissenso, perché possono incorrere in responsabilità penali.

È il caso trattato dalla Cassazione (sentenza 1950/2021) che ha rigettato il ricorso , condannandolo al pagamento delle spese processuali, di un còndomino avverso la sentenza di condanna, ad anni due mesi nove di reclusione, per i reati di minaccia, violenza privata , lesioni e furto aggra vato commessi in danno dell'amministratrice del condominio.

I fatti
Invero il ricorrente compiva detti reati in danno di un'amministratrice giudiziale di un condominio, nominata dal Tribunale per dare esecuzione alle disposizioni impartite dal Comune per ragioni di igiene e sicurezza. Il condomino , con un complice, commetteva tali reati poiché non tollerava l'attività dell'amministratrice . La Cassazione affermava l'infondatezza del ricorso, che lamentava la non credibilità della versione della parte offesa, poiché riproponeva, nel giudizio di legittimità, questioni che erano già state trattate dal giudice di merito e contrastava quanto accertato in tale giudizio.

Il giudice di merito accertava che la parte offesa era stata nominata dal Tribunale amministratrice giudiziale del condominio poiché nel medesimo vi era una situazione di diffusa ed allarmante illegalità ,con particolare riguardo alle ragioni di igiene e di sicurezza dell'edificio . L'imputato aveva una così forte intolleranza verso l'attività dell'amministratrice da sfociare in minacce, in ingiurie , in aggressioni che le cagionavano lesioni , episodi a cui assistevano numerosi testimoni. Inoltre, l'imputato impediva all'amministratrice di accedere al condominio , nonostante che gli accessi fossero finalizzati a dare esecuzione alle ordinanze comunali e alla gestione del condominio.

Il reato di violenza privata
Il condòmino compiva il delitto di violenza privata poiché impediva all'amministratrice del condominio di accedere allo stesso , non soltanto per ostacolare l'ottemperanza alle prescrizioni dell'ordinanza del Comune, tanto che era stato aperto un procedimento penale per la violazione dell'articolo 650 Codice penale, ma anche per privarla di qualsiasi capacità rappresentativa del suo ruolo di amministratore giudiziario , e di compiere qualsiasi attività modificativa dell'edificio, il quale versava in un grave stato di degrado.

L'imputato non voleva che l'amministratrice intervenisse sul degrado , per potere agire al di fuori della legalità , come si comprende anche dalla contestazione di furto per l’allaccio abusivo dell'appartamento, in cui questi abitava, al contatore della persona offesa. Il reato di violenza privata, commesso dall'imputato , consisteva nella violenza o nella minaccia esercitate per produrre l'effetto di costringere qualcuno a fare , tollerare od omettere qualcosa e quindi si è realizzato solo con l'avvenuta costrizione.

La decisione
La Corte di appello riconosceva la responsabilità dell'imputato , poiché questi aveva il possesso delle chiavi del locale contatori, dategli dai condòmini, e conosceva da quali contatori erano alimentati i singoli appartamenti e quali di essi si avvalevano di allacci abusivi, compresa la sua abitazione, illegalmente collegata al contatore della persona offesa.

Inoltre , nella sentenza, era smentita la tesi difensiva per cui l'imputato non conosceva tale situazione di illegalità , poiché era contrastante dalle risultanze di fatto e non era intaccata dalla produzione delle ricevute di pagamento dell'energia elettrica , da parte dell'imputato, poiché tali ricevute riguardavano un periodo di tempo limitato rispetto a quello risultante nel capo di imputazione.

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