Condominio

Non cessa la materia del contendere se viene omessa la trascrizione della sentenza

L’eventuale inopponibilità processuale al successore a titolo particolare del diritto controverso degli effetti della sentenza pronunciata nei confronti del convenuto, non determina la cessazione della materia del contendere

di Valeria Sibilio

Una vicenda di violazione delle distanze regolamentari tra fabbricati è stata il fulcro dell' ordinanza 3681 del 2021, nella quale la Cassazione ha esaminato il ricorso della proprietaria di un immobile contro la sentenza n. 2797/2015 della Corte d'Appello di Milano. Quest'ultima aveva confermato la sentenza del Tribunale di Primo Grado con cui si era accertato che i fabbricati, in Malnate, di proprietà, rispettivamente, dell'attrice e di due attori eredi dell'originale proprietario dell'immobile fronteggiante erano posti ad una distanza inferiore a quella minima di metri 10, prescritta dall'art. 9 D.M. n. 1444/1968.

Il giudice di primo grado disapplica, in quanto contrastante con il suddetto articolo, l'art. 52 del regolamento edilizio del Comune di Malnate, che limita l'applicazione della disposizione del Decreto Ministeriale ai soli casi di edifici prospicienti per una lunghezza pari o non inferiore a 12 mt. Il Tribunale di Varese accoglie perciò la domanda delle eredi, condannando l'attrice ad arretrare o a demolire la sua costruzione fino alla distanza legale. Sentenza confermata dalla Corte d'appello di Secondo Grado che ha ritenuto infondato l'appello e condannato l'appellante a pagare alle controparti una somma pari a euro 5.000,00 a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., oltre alle spese di lite.

I motivi del ricorso
Nel primo motivo di ricorso in Cassazione, per l'appellante la Corte di Secondo Grado aveva errato nel non dichiarare la cessazione della materia del contendere, ritenendo sussistente un'ipotesi di successione particolare nel diritto ai sensi dell'art. 111 c.p.c. Tale articolo fa salve le norme relative alla trascrizione, per cui, essendo la domanda delle eredi suscettibile di trascrizione ex art. 2653 n. 1 c.c., questa andava trascritta per poter poi opporre la sentenza di riduzione in pristino ai terzi aventi causa.

Nel secondo motivo, tenuto conto della inopponibilità della sentenza ai terzi acquirenti dell'immobile, per le ragioni esposte nella prima censura, non sarebbe sussistito l'interesse ad agire in capo agli eredi.

Nel terzo motivo, la ricorrente prospettava l'omissione della trascrizione della domanda giudiziale e la inopponibilità della sentenza al terzo acquirente, in seguito all'alienazione con atto del 18 febbraio 2008, con la conseguente sussistenza dei requisiti per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere.

Motivi che gli ermellini hanno esaminato congiuntamente e ritenuti infondati.In tema di azioni a carattere reale, come il rispetto delle distanze legali, si ha successione a titolo particolare nel diritto controverso, ex art. 111 c.p.c., tutte le volte che, a seguito del trasferimento in corso di causa, gli effetti del provvedimento giurisdizionale che definisce la lite, incidano in negativo o in positivo sulla sfera giuridica di soggetti diversi da quelli che rivestivano inizialmente la posizione di attore o convenuto. L'onere della trascrizione della domanda, con riferimento, come nella specie, ad azioni a difesa della proprietà, quale la negatoria per violazione delle distanze legali, opera per fini processuali, ovvero soltanto allo scopo di rendere opponibile la sentenza a colui che acquisti diritti dal convenuto in pendenza del processo e quindi prima della formazione del giudicato.

L'eventuale inopponibilità processuale al successore a titolo particolare del diritto controverso degli effetti della sentenza pronunciata nei confronti del convenuto, non determina la cessazione della materia del contendere nel processo pendente tra le parti originarie.

Nel q uarto motivo, infondato per gli ermellini, la ricorrente lanentava la decisione eccessivamente punitiva della condanna al pagamento di euro 5,000, tenuto conto della mancanza di temerarietà, malafede o colpa grave. La Corte di Milano ha, giustamente, motivato la condanna a tale somma per la evidente finalità dilatoria e defatigatoria di un appello inconsistente e per la conseguita sospensione della efficacia esecutiva della sentenza di primo grado. Una domanda di risarcimento da responsabilità aggravata deve riferirsi alla pretestuosità dell'impugnazione, valutata in rapporto all'infondatezza dei motivi dell'appello e, più in generale, alla condotta processuale tenuta dalla parte soccombente nella fase di gravame.

Al riguardo, la Corte di Secondo Grado, nell'adottare la condanna, aveva illustrato le ragioni per cui il comportamento dell'appellante integrasse un'ipotesi di impiego pretestuoso e strumentale del diritto di impugnazione. Una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della denunziata violazione di legge.

Inammissibile il quinto motivo di ricorso nel quale, il ricorrente evidenziava carenze istruttorie, inadeguatezza dei quesiti rivolti alla perizia, mancato accertamento della violazione delle distanze, critiche rivolte alla CTU e l'istanza di rinnovo di quest'ultima. Per gli ermellini, la Corte d'appello aveva indicato, nella sentenza, le motivazioni della manifesta infondatezza o inammissibilità per genericità dei motivi di gravame.

Rigettando il ricorso, la Cassazione ha condannato il ricorrente a rimborsare, alle controricorrenti, le spese sostenute nel giudizio, iquidate in complessivi euro 7.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

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