Condominio

Il condòmino che ripara il tetto del condominio risponde penalmente del suo incendio

Nel caso specifico aveva effettuato i lavori senza neppure avvertire l’amministratore

di Giulio Benedetti

Il condominio è una comunità in cui gli interventi sulle cose comuni devono essere decisi dall'assemblea e l'esecuzione delle delibera è affidata all'amministratore : pertanto è vietato il “fai da te”, che spesso può essere assai pericoloso per l'incolumità pubblica. È il caso trattato dalla Cassazione (sentenza 4484/2021) che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condòmino avverso la sentenza di condanna per il reato di incendio colposo del tetto condominiale.

I fatti
Il condòmino senza l'autorizzazione dell'amministratore, di propria iniziativa eseguiva, mediante un cannello a gas, la saldatura di un lembo della guaina catramata del tetto e causava un vasto incendio che interessava l'intero condominio. La sentenza di condanna affermava la sussistenza della sua colpa, nel cagionare l'incendio, poiché effettuava tale attività senza averne le competenze tecniche e perché non si era rivolto all'amministratore del condominio, al fine di consentirgli di eseguire le opere di impermeabilizzazione del tetto, tramite un'impresa specializzata.

Il Tribunale sosteneva che la causa dell'incendio del condominio era dovuta all'attività del condòmino che aveva cagionato le fiamme, mediante il maldestro ed improprio utilizzo dello strumento di lavoro. La difesa ricorreva in Cassazione affermando l'ingiustizia della sentenza di condanna in cui non era stato individuato il nesso causale tra l'opera del condòmino e l'incendio e lamentava perché il giudice di appello non avesse disposto una perizia al fine di accertare se il tetto fosse o meno ventilato , circostanza che avrebbe inciso sui tempi di propagazione dell'incendio.

La decisione della Suprema corte
La Cassazione osservava che il giudice di primo grado aveva accertato, come indicato nella relazione dei vigili del fuoco, che il punto di innesco dell'incendio insisteva nel punto in cui aveva lavorato il condòmino . Inoltre il giudice accertava l'utilizzo da parte del condòmino di uno strumento atto a sprigionare un intenso calore nel corso delle operazioni di saldatura della guaina catramata e il subitaneo innesco della combustione, che assumeva il carattere dell'incendio , poiché i legni iniziavano a crepitare nel sottotetto , sino ad incontrare l'ossigeno, e ad incendiarsi.

Il giudice di legittimità affermava che non era rilevante la ventilazione del tetto , perché tale caratteristica avrebbe riguardato i tempi dell'incendio e non la sua d inamica. La Cassazione sosteneva che la Corte di appello avesse dato conto degli elementi convergenti al sostegno della spiegazione dell'incendio , senza escludere la tesi alternativa della difesa , sostenendone l'inidoneità a introdurre un ragionevole dubbio in ordine all'origine dell'incendio.

L’evidenza della responsabilità
Neppure ha errato il giudice di appello a non rinnovare l'istruttoria dibattimentale , al fine di disporre una perizia tecnica , poiché nel caso trattato non emergevano lacune o manifeste illogicità , ricavabili nella sentenza , che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello .

La Cassazione affermava che la motivazione della sentenza di condanna , consistente in un duplice giudizio conforme di condanna, non presentasse i vizi lamentati dalla difesa poiché appariva congrua con riferimento alla problematica della ventilazione d el tetto, che escludeva, ed era coerente con il materiale probatorio esaminato. La Corte, considerata la colpa del ricorrente nel presentare il ricorso dichiarato inammissibile, lo condannava a pagare euro tremila alla Cassa delle ammende e a rifondere alle parti civili le spese di giudizio.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©