Condominio

Si può mantenere la canna fumaria transitante in un'altra proprietà anche se non la si usa spesso

La conseguente servitù infatti si estingue solo per non utilizzo ventennale

di Edoardo Valentino

Un condomino agiva in giudizio contro la vicina di casa lamentando come questa, nel corso dell'esecuzione di alcuni lavori edili, avesse prima occluso e poi eliminato una canna fumaria di sua proprietà. Questo manufatto, che passava attraverso un muro di proprietà della convenuta, non era al momento del giudizio utilizzato dall'attore. Si difendeva in giudizio la convenuta invocando il non uso della canna fumaria da parte della controparte, chiedendo la dichiarazione dell'estinzione del diritto di servitù una volta esistente sulla propria abitazione e affermando come in ogni caso la controparte aveva nel passato dichiarato il proprio assenso all'eliminazione della canna fumaria.

Le pronunce di merito e il ricorso in Cassazione
Il giudice, all'esito del processo, rigettava la domanda dell'attore.La vicenda veniva poi giudicata dalla Corte d'appello, ma questo giudice confermava l'esito del primo grado di giudizio.L'attore, a seguito di due rigetti nei gradi di merito, impugnava la sentenza di appello in sede di Cassazione con un ricorso con il quale, sostanzialmente, sottolineava l'illiceità dell'eliminazione della canna fumaria da parte della vicina e la validità del proprio diritto di servitù.

Il ragionamento della Corte
All'esito del processo in questione la sesta sezione civile della Cassazione pronunciava la sentenza numero 2316 del 2 febbraio 2021, con la quale accoglieva il ricorso proposto e rinviava il giudizio al giudice di merito.La motivazione addotta dalla Cassazione alla base della propria decisione era la seguente: in prima battuta, anche a voler considerare la canna fumaria come condominiale, la convenuta non poteva eliminarla di propria spontanea volontà, essendo tale opera del tutto esorbitante rispetto all'uso, anche più intenso, della cosa comune di cui all'articolo 1102 del Codice civile.

In secondo luogo, stante la natura privata del bene, la Corte d'appello aveva errato nel considerare come estinto il diritto di servitù.È noto come nel caso delle servitù non apparenti il diritto si estingue se il mancato uso si protrae per un periodo superiore a venti anni, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1073 del Codice civile.Tale norma afferma, infatti, ai primi tre commi che «La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni.Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l'esercizio.Nelle servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l'esercizio».

L’incidenza del non utilizzo
Nel caso in questione, tuttavia, la Cassazione sosteneva come l'uso non apparente e saltuario di un bene come una canna fumaria non consentisse una corretta verifica sul non uso.Sarebbe quindi spettato alla parte che aveva eliminato la canna fumaria provare come il vicino, per ragioni fisiche e indiscutibili (ad esempio la realizzazione di un intervento di muratura della canna fumaria avvenuto tempo addietro) non avesse potuto utilizzare il bene per un periodo superiore ai venti anni.La mancata prova del non utilizzo ultra-ventennale, quindi, doveva comportare il rigetto delle difese della convenuta.Precisava, da ultimo, la Cassazione, come una eventuale rinuncia alla servitù dell'avente diritto (accennata dalla parte convenuta) avrebbe dovuto essere provata per scritto, e non per fatti concludenti.

Concludeva, infine, la Corte affermando che la parte convenuta «non avrebbe potuto eliminare la canna fumaria, o comunque renderla inutilizzabile mediante la sua occlusione, senza prima aver dimostrato o la definitiva ed esplicita rinuncia, da parte del possessore del fondo dominante, al possesso della canna fumaria e quindi all'utilità che essa assicurava al predetto fondo dominante, ovvero il fatto estintivo del diritto fatto valere in giudizio» (così sentenziava la Cassazione, citando anche alcuni precedenti arresti quali Cassazione sezione II, 31 ottobre 2016, numero 22016, Cassazione Sezione II, 18 settembre 2009, numero 20228 o Cassazione Sezione II, 28 gennaio 1995, numero 1036).

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