Condominio

Tribunale di Palermo allineato alla Cassazione: il box sull’area comune non è di proprietà

Si può acquisire un diritto di calpestio che non equivale alla proprietà piena dello stesso

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Palermo con sentenza del 10 dicembre 2020 sembra anticipare le sezioni Unite della Cassazione (numero 28972 del 17 dicembre 2020) chiarendo che il «diritto esclusivo di calpestio» su una porzione delle parti comuni – adibita a box - non equivale a diritto reale (o meglio, alla proprietà dell'area), e, quindi, non può essere promesso in vendita in favore di terzi. Se vogliamo, si tratterebbe di un'applicazione pratica di quanto riportato dalle stesse sezioni Unite col beneficio dell'anticipazione cronologica.

La vicenda
Il caso trattato si incentrava su un contratto preliminare di compravendita di due box, che, a seguito di accertamento tecnico (poi confermato in giudizio con Ctu), si appurava essere ubicati in uno spazio che, secondo la documentazione catastale si configurava come «bene comune non censibile» condominiale.L'uso esclusivo di calpestio vantato dai promittenti di quell'area non corrispondeva, come al contrario garantito da loro, al diritto di piena proprietà. In altri termini non si trattava di pertinenza, per come indicato nel contratto preliminare, ma di bene condominiale.

Le richieste
Secondo il promissario acquirente, perciò, nonostante quanto dichiarato in contratto dai promittenti venditori, gli stessi non erano titolari del diritto di proprietà sull'area pertinenziale oggetto del preliminare, con la conseguenza che, non avendole procurato entro il termine per la stipula del definito la proprietà piena, dovevano ritenersi inadempimenti a norma dell'articolo 1480 Codice civile.Tale affermazione è stata totalmente contestata dai resistenti i quali, richiamando quanto affermato dalla Cassazione (sezione II con la sentenza 6892 del 1992), affermavano, invece, l'esistenza di un rapporto pertinenziale esclusiv o posto in essere dall'originario unico proprietario dell'edificio, prima della costituzione del condominio ed in grado di incidere direttamente sulla consistenza della frazione di proprietà esclusiva, creando un titolo contrario alla presunzione di comunione ex articolo 1117 Codice civile.

La motivazione
Il giudice di merito, richiamando il contrasto tra i due precedenti affrontanti dalle sezioni Unite (da una parte, la Cassazione 24301/2017, e, dall'altra parte, Cassazione 193/2020), nonché la stessa ordinanza con cui la questione era stata rimessa al massimo organo della giustizia (ordinanza 31420 del 2019), ha concluso escludendo la natura reale del diritto d'uso esclusivo (che si concretizzava nel calpestio dell'area), così anticipando, di fatto, con i dovuti accorgimenti al caso trattato, le stesse sezioni Unite. Ecco, di seguito, uno stralcio della motivazione rassegnata, a tal proposito: «Orbene, tenendo a mente tutte le perplessità circa l'effettiva natura giuridica del diritto di uso esclusivo su una parte dell'edificio inerente la proprietà esclusiva del singolo condominio, nel caso di specie è importante rilevare che il contratto di acquisto dei promittenti venditori non attribuisce a costoro la proprietà della zona di arretramento dai box ma soltanto il diritto esclusivo di calpestio».

Ciò vuol dire che gli altri condòmini possono essere esclusi dal calpestio di quell'area ma non vuol dire anche che i titolari del diritto d'uso possono esercitare sulla medesima un diritto pieno. In altri termini, il diritto all'uso esclusivo (o meglio di “calpestio) di una porzione dell'area condominiale non ha lo stesso contenuto della proprietà esclusiva.

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