Condominio

Anche di un insieme di villette a schiera va tutelato il decoro architettonico

Non leso nel caso in esame nonostante la proprietaria di una di esse avesse apportato modifiche al muro perimetrale

di Selene Pascasi

La comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportarvi, anche si tratti di muro maestro, tutte le modifiche che gli consentano di trarne utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri. Ciò, purché non impedisca il pari uso, non ne alteri la normale destinazione e non pregiudichi stabilità e decoro del fabbricato. Lo scrive il Tribunale di Roma con sentenza 5088 del 12 marzo 2020.

I fatti
È la proprietaria di una villetta a schiera a citare i proprietari di un'altra villetta per aver realizzato tre tettoie senza i permessi di legge e un'apertura con cancelletto sul muro perimetrale in comproprietà senza autorizzazioni. Quelle opere, contesta – non ancora demolite nonostante una condanna penale – violavano le norme in materia edilizia ed urbanistica e ledevano il decoro architettonico dell'intero complesso. L'apertura, poi, costituiva un uso palesemente illegittimo del bene comune. Domanda totalmente bocciata.

La decisione
È vero, premette il Tribunale, che si trattava di opere abusive perché soggette a denuncia di inizio attività o permesso di costruire, nella specie mancanti. Ma l'irregolarità amministrativa e penale – spiega il giudice – non «genera in modo automatico il diritto del vicino alla riduzione in pristino, dal momento che tale diritto consegue, nei rapporti privatistici, solo alla violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni».

La signora, poi, aveva fondato la sua pretesa non sull'abusività sotto il profilo edilizio-urbanistico ma sul pregiudizio arrecato al decoro architettonico. In materia condominiale, infatti, sono vietate le opere che, pur eseguite nella propria unità, danneggino le parti comuni o provochino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dello stabile. Ebbene, nella vicenda, si ritennero illegittime le tettoie perché lesive dell'estetica della facciata essendo il decoro architettonico inteso come l'«estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture architettoniche, che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e specifica identità».

L’alterazione del decoro
Estetica che non appartiene solo agli edifici di particolare pregio storico-artistico ma a qualsiasi fabbricato ove possa individuarsi «una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia». L'alterazione di tale decoro, pertanto, potrà rinvenirsi anche in opere che – nonostante mutino l'originario aspetto in singoli elementi o punti dell'edificio – si riflettano sull'insieme dell'aspetto del fabbricato. Del resto, «la tutela del decoro architettonico è stata disciplinata in considerazione dell'apprezzabile alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio, o anche di sue singole parti o elementi dotati di sostanziale autonomia, e della consequenziale diminuzione del valore dell'intero edificio e, quindi, anche di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono» (Cassazione 16098/03).

Tuttavia, rileva il Tribunale, nella vicenda non si era in presenza dell'ipotesi comune di condominio, ossia di fabbricato suddiviso in piani appartenenti a diversi proprietari, ma di villini a schiera autonomi e distinti costituenti nel loro insieme un pentafamiliare. Tanto è vero che non risultava costituito un condominio né vi era un regolamento né opere o impianti comuni alle unità immobiliari delle parti se non il muro perimetrale che era, a ben vedere, l'unico elemento edilizio comune. Il nodo, allora, era un altro: capire se il decoro architettonico fosse qualità esclusiva di ciascuna villetta (se così, i proprietari delle altre non potevano opporsi ad alterazioni) o se esisteva un decoro architettonico dell'intero complesso (se così, ciascun proprietario poteva opporsi ad iniziative edilizie assunte da altri che, pur insistendo su parti esclusive, avessero turbato l'insieme di linee e strutture dell'intera schiera).

Il decoro di un complesso edilizio
Risolutivo, il fatto che il complesso era il prodotto di un'unica iniziativa imprenditoriale, o meglio di un'unica progettazione, in cui le singole unità erano parti di un tutto. L'armonia di fondo delle linee architettoniche che lo caratterizzavano, perciò, era certamente tutelabile. Ma ciò, rileva il giudice, non vuol dire che ogni modifica equivale a pregiudizio al decoro. Lo è solo se percepita dall'esterno dal momento quindi visibile. Se non è visibile, o lo è in minima parte o sotto particolari angolazioni, il pregiudizio estetico non intacca in modo apprezzabile il valore economico degli altri beni immobili. E nella fattispecie mancava proprio il requisito della visibilità, per cui la domanda relativa alle tettoie andava rigettata.

L'apertura sul muro, invece, era legittima: la comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio consente al singolo di apportarvi, anche ove si tratti di muro maestro, tutte le modifiche tese a trarne utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri (inclusa l'apertura di un varco di accesso ai locali esclusivi) purché non si impedisca agli altri la prosecuzione dell'uso, non se ne alteri la destinazione e non si pregiudichi stabilità e decoro architettonico del fabbricato. Ebbene, nella lite, il collegamento creato dal varco sul muro era tra il giardino di pertinenza della villetta dei convenuti e l'area esterna pubblica quindi – mancando regole condominiali – la sua legittimità andava vagliata solo con riferimento ai limiti (non superati) dell'1102 del Codice civile.

La modifica, infatti, non aveva mutato la destinazione del muro né compromesso la sua statica. Circa il decoro, la questione di un possibile pregiudizio non si poneva neppure essendo il muro perimetrale una parte comune di importanza architettonica e distributiva poco rilevante volta solo a delimitare fisicamente la proprietà del pentafamiliare e comunque situato nella parte retrostante. Domanda per questi motivi non accolta.

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