Condominio

È inammissibile la chiamata in causa personale dell'amministratore socio accomandatario

Per i danni del lastrico solare è concorrente la responsabilità del condomino che lo ha in uso esclusivo e del condominio

di Eugenia Parisi

Un condomino conveniva in giudizio la proprietaria del terrazzo sovrastante, il condominio in persona dell'amministratore in carica, nonché l'amministratore personalmente, per la dichiarazione della concorrente responsabilità di tutti i convenuti nell’aver causato danni da infiltrazioni subiti dal suo appartamento e per sentirli condannare, in solido ex articolo 2055 Codice civile, al risarcimento di tali danni.

I fatti
Nel caso in esame, definito con la pubblicazione della recente sentenza del Tribunale di Milano 8288/2020, l'attore, infatti, era proprietario di un appartamento sito al secondo e ultimo piano del condominio convenuto, sottostante un terrazzo a livello di proprietà della prima convenuta, che fungeva anche da tetto all'appartamento dell'attore. In momenti distinti e a distanza di anni, l'attore aveva potuto constatare che nell'appartamento - nel quale non viveva stabilmente - si erano verificate importanti infiltrazioni d'acqua provenienti dal terrazzo.

La causa di tali danni veniva ravvisata nella condotta concorrente dei tre convenuti e precisamente: della proprietaria del terrazzo, per non aver provveduto a vigilare sulle condizioni in cui esso versava; del condominio, per non aver esercitato il potere di controllo e manutenzione del terrazzo; ed, infine, dell'amministratrice personalmente, per non aver agito diligentemente.

La carenza di legittimazione passiva dell'amministratore
L'amministratrice eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva con riferimento alla domanda di accertamento e condanna proposta dall'attore nei suoi confronti personalmente, ai sensi degli articoli 2043, 2051, nonché 1130 Codice civile. Del resto, dai verbali di assemblea prodotti, risultava che non era stata la convenuta personalmente a ricevere l'incarico; piuttosto, la nomina di amministratore era avvenuta in favore di una società in accomandita semplice. Per queste ragioni, poiché le domande di parte attrice erano rivolte alla persona fisica, e poiché, come noto, non vi è identità tra l'accomandita semplice ed i suoi componenti (nemmeno, come nel caso, del socio accomandatario), la convenuta risultava carente di legittimazione passiva, non essendo mai stata nominata amministratrice in quanto persona fisica

La funzione del lastrico solare e l'accertamento dei gradi di responsabilità
La fattispecie prospettata dall'attore rientrava nell'ambito di applicazione dell'articolo 2051 Codice civile, relativo alla responsabilità da cose in custodi a configurante un'ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa (sentenze della Cassazione civile 16 novembre 2017-1° febbraio 2018, numeri 2480, 2481 e n2482).

Nel caso di specie, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso era un elemento che risultava pacifico dalla fitta corrispondenza tra le parti e dalla perizia presentata; entrambi i convenuti, poi, figuravano come custodi della cosa: la proprietaria del secondo piano per essere utilizzatrice esclusiva del terrazzo ed il condominio in quanto esso fungeva da lastrico solare che, per espressa previsione dell'articolo 1117, primo comma Codice civile, costituisce proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, e cioè bene comune.

A tal proposito, la sentenza della Cassazione a sezioni Unite 9449/2016 precisa che il lastrico solare per la parte apparente, e quindi per la superficie, costituisce oggetto dell'uso esclusivo di chi abbia il relativo diritto; per altra parte, e segnatamente per la parte strutturale sottostante, costituisce cosa comune, in quanto contribuisce ad assicurare la copertura dell'edificio o di parte di esso. La stessa pronuncia ha anche chiarito a quale titolo rispondano i due “diversi” custodi, e precisamente che risultano chiare le diverse posizioni del titolare dell'uso esclusivo e del condominio: il primo è tenuto agli obblighi di custodia, ex articolo 2051 Codice civile, in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannos o, ove non sia sottoposto alla necessaria manutenzione; il secondo è tenuto, ai sensi degli articoli 1130, primo comma, numeri 4, e 1135, primo comma, numero 4, Codice civile, a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell'edificio.

La mancanza della prova liberatoria e la condanna graduata
La Cassazione, quindi, ritiene operante una necessaria responsabilità concorrente tra il soggetto che ha l'effettiva disponibilità e quindi la correlativa custodia del bene - in questo caso la proprietaria del terrazzo - ed il condominio, impossibilitato, per ragioni oggettive, ad adempiere ai doveri di custodia veri e propri, tipici dell'utilizzatore diretto, ma comunque tenuto a vigilare e a spiegare i propri poteri di controllo sulla cosa comune. Tale concorso di responsabilità può essere superato unicamente dalla prova che l'evento dannoso sia imputabile in via esclusiva a uno dei due soggetti.

Questo schema coincide con la prova del caso fortuito che corrisponde al fatto del terzo, vale a dire uno dei tre casi, oltre al fatto naturale e al fatto dello stesso danneggiato, in cui è ammesso il superamento della responsabilità oggettiv a di cui all'articolo 2051 Codice civile. Nel caso di specie, sia la convenuta che il condominio invocavano tale prova liberatoria, individuando nell'altro l'esclusivo responsabile dei danni subiti dall'attore; il giudice, però, ha ritenuto che nessuno dei convenuti avesse fornito la prova liberatoria richiesta.

Dalle risultanze processuali, infatti, non era ravvisabile una condotta che avesse potuto, da sola, cagionare i danni lamentati dall'attore, escludendo, così, la responsabilità di natura oggettiva di uno dei due custodi, che sono stati quindi ritenuti corresponsabili - per un terzo la proprietaria esclusiva e per due terzi il condominio - nell’aver causato il danno in applicazione dell'articolo 1126 Codice civile, che precisamente si riferisce ai lastrici solari ad uso esclusivo, tramite l'interpretazione data dalla già citata sentenza a sezioni Unite 9449/2016 che ha previsto l'estensione di tale meccanismo di ripartizione anche alle fattispecie in cui venga lamentato, da un terzo, un danno cagionato proprio dalla cosa comune.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©