Condominio

Contratto preliminare di compravendita: non matura l’usucapione dopo 20 anni senza rogito

Il soggetto era rimasto detentore del bene (lo utilizzava consapevole della proprietà altrui) non avendo esercitato atti possessori nei confronti dello stesso

di Edoardo Valentino

Il principio giuridico evidenziato dalla sentenza della Cassazione sezione II, 24 novembre 2020, numero 26711 è il seguente: ai fini dell'usucapione di un bene immobile è necessario il possesso ininterrotto e prolungato nel tempo; la consegna dell'immobile a seguito di un contratto preliminare di compravendita immobiliare non comporta la traslazione del possesso tra il venditore e l'acquirente, che rimane mero detentore e non acquisirà la proprietà dell'immobile per usucapione.L'inizio del decorso del termine valido per usucapire si avrà solo quando il detentore compirà un atto idiosincratico verso il proprietario, ossia compirà un atto con il quale si arroga la disponibilità del bene e quindi si porrà come suo indiscusso possessore.

La vicenda
Il caso che ha dato origine alla controversia riguarda un giudizio intentato da alcuni soggetti per ottenere la restituzione di un immobile occupato da lungo tempo da un altro soggetto.Il convenuto, costituendosi in giudizio, non negava l'occupazione del bene, ma anzi sottolineava come da più di venti anni egli vivesse indisturbato nell'immobile ed avesse addirittura apportato consistenze modif iche e migliorie alla struttura senza che gli originari proprietari avessero mai avuto nulla da obiettare. A parere del convenuto, quindi, il possesso prolungato nel tempo gli aveva consentito di acquisire la proprietà per usucapione.

Secondo la difesa della parte convenuta, infatti, si poteva applicare al caso corrente l'articolo 1158 del Codice civile, che prevede che «La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni».Tale interpretazione veniva contestata dagli attori, i quali evidenziavano come tra le parti fosse stato sottoscritto un contratto preliminare di compravendita (mai divenuto definitivo) e che solo in ragione di tale contratto la controparte aveva ricevuto le chiavi dell'immobile.La consegna da parte dei proprietari, e regolata dal contratto, avrebbe avuto quindi effetto di rendere il convenuto detentore del bene, e non possessore.I giudici di merito prima e la Cassazione in seguito, confermavano tale interpretazione.

Detenzione e possesso
Il possesso è un'attività di fatto di un soggetto che si pone come reale proprietario del bene, la detenzione rappresenta un utilizzo della cosa da parte di un soggetto che riconosce la proprietà di un'altra persona.E' possibile, naturalmente, che un detentore diventi possessore. A tal fine l'articolo 1141 comma II del Codice civile precisa che «Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo universale».In assenza dei predetti requisiti un detentore resta per sempre detentore del bene.Il possesso, quindi, è una pura situazione di fatto, mentre la detenzione presuppone l'esistenza di un rapporto giuridico sottostante.

Affittando un appartamento, ad esempio, non si diventa mai possessori, ma solo detentori, e quindi anche dopo venti anni non si diventa proprietari dell'immobile.Nel caso in analisi, quindi, la difesa della parte convenuta ha provato senza successo a sostenere la tesi dell'usucapione.Tale tesi è stata del tutto sconfessata dalla Cassazione, che ha evidenziato come il convenuto ha ricevuto il bene a seguito della sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare.Nel tempo, poi, egli non ha mai fatto alcun atto per variare la detenzione in possesso.Il passaggio del tempo, quindi, non ha fatto maturare l'usucapione, dato che non vi è stato un possesso prolungato per oltre venti anni (tecnicamente infatti vi è stata solo detenzione).All'esito del giudizio, quindi, la Cassazione rigettava il ricorso e confermava la richiesta degli attori volta a ottenere la restituzione dell'immobile.

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