Condominio

Risponde il condominio per infiltrazione dal lastrico solare, anche se di uso esclusivo di un condomino

Va citato per l’ esecuzione di lavori dunque l’amministratore non chi utilizza il terrazzo

di Selene Pascasi

Alla riparazione o ricostruzione del terrazzo, vista la funzione di copertura dei locali sottostanti, sono tenuti tutti i condòmini in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. La relativa azione, quindi, va proposta verso il condominio – in persona del suo amministratore – e non nei confronti del proprietario o titolare dell'utilizzo esclusivo che potrà essere citato in giudizio soltanto per inibirgli eventuali impedimenti od ostacoli all'esecuzone dei lavori e non certo per imporgliene l'esecuzione. Lo puntualizza il Tribunale di Salerno con sentenza 1162 del 5 maggio 2020.

La vicenda
Apre la lite la proprietaria di un appartamento che, stanca delle infiltrazioni d'acqua provenienti dal balcone di una condomina – ed inutili le lamentele rivolte fino ad allora al condominio e alla signora stessa – ne chiede la condanna all'immediata esecuzione degli interventi necessari a debellare le perdite ed al risarcimento dei danni patiti. La donna si difende: non era lei a dover provvedere ma il condominio. Tesi accolta dal Tribunale che dichiara la domanda inammissibile per carenza di legittimazione passiva. La struttura dalla quale provenivano le infiltrazioni, premette il giudice, non era propriamente un balcone bensì un terrazzo a livello di proprietà esclusiva della convenuta.

Il terrazzo a livello
Per terrazzo a livello, infatti, tiene a ricordare, si intende una superficie calpestabile cui si accede da un appartamento posto al suo stesso livello e che funge anche da copertura dei sottostanti locali abitabili o parti comuni, motivo per cui assolve alla duplice funzione di utilizzo della superficie scoperta da parte dei singoli proprietari e di copertura dei locali sottostanti. Funzione, quella di copertura dei locali sottostanti, che lo distingue da un balcone volto soltanto a consentire l'utilizzo della propria superficie scoperta.

E nella vicenda la funzione di copertura, individuata dalla medesima attrice e confermata dagli esiti della consulenza tecnica d'ufficio, era incontestabile. Di qui, la collegata disciplina sulla manutenzione e sulla ripartizione delle relative spese nonché sulla legittimazione passiva e sulla titolarità passiva del rapporto giuridico dedotto. Del resto, come insegna un consolidato pensiero giurisprudenziale, poiché il terrazzo svolge anche la funzione di copertura dei locali sottostanti, a provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione – anche quando appartenga in proprietà superficiaria o sia attribuito in uso esclusivo ad uno dei condòmini – sono tenuti tutti i partecipanti, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo.

La decisione
La relativa azione, allora, conclude il Tribunale di Salerno, andava proposta nei confronti del condominio in persona dell'amministratore quale rappresentante di tutti i condòmini obbligati e non già del proprietario o titolare dell'uso esclusivo del lastrico. E questi, evidenzia il giudice, potrà sì essere chiamato in giudizio a titolo personale ma solamente «ove frapponga impedimenti all'esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino deliberata dagli altri obbligati, e al solo fine di sentirsi inibire comportamenti ostruzionistici od ordinare comportamenti di indispensabile cooperazione, non anche al fine di sentirsi dichiarare tenuto all'esecuzione diretta dei medesimi lavori».

Peraltro, nella vicenda, il Ctu aveva rilevato difetti di progettazione dell'edificio essendo il terrazzo strutturalmente privo di un adeguato sporto, scossalina e grondaia che avessero potuto evitare percolamenti sulle pareti tanto che problemi simili erano stati rinvenuti anche nel similare volume edilizio sporgente ed ubicato sul lato opposto del palazzo e in quello dell'edificio adiacente. La problematica, in sostanza, era di natura condominiale e non poteva addebitarsene la responsabilità alla convenuta tanto più che non era stato provato alcun nesso evento-danno. L'istanza, pertanto, era infondata e la richiesta risarcitoria inammissibile e sfornita di prova. Si spiega così il deciso rigetto.

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