Condominio

Cammino (quasi) in discesa per l'assemblea telematica

Restano i dubbi su più di un punto

di Giuseppe Màrando

Sembra risolto, con gli ultimi affannosi interventi del nostro distratto legislatore, il dilemma che vedeva due orientamenti contrapposti sulla legittimità di ricorrere alla teleassemblea in mancanza di una specifica previsione legislativa. L'interpretazione negativa non mancava di solidi agganci al diritto positivo. Se il codice e le leggi non sono un Talmud, un testo sacro, con il formalistico ossequio che richiede, sono comunque delle regole, che vanno interpretate con i ben noti canoni che ci sono stati insegnati.

Se si ritiene, secondo l'indirizzo maggioritario, che il sistema del citato articolo 66 disposizioni attuative è fondato sulla presenza fisica dei condòmini e sul concetto fisico e non virtuale di “luogo” dell'assemblea, era difficile finora ammettere una soluzione di tipo “virtuale” (che non può garantire la diretta partecipazione di tutti gli aventi diritto, specie nei condomìni di rilevanti dimensioni); e questo per l'inderogabilità assoluta della norma (articolo 72 disposizioni attuative) anche con regolamento contrattuale o convenzioni o delibere, a pena di nullità (Cassazione 19131/1915) che può essere fatta valere anche da chi abbia votato a favore (Cassazione 12235/2016; Cassazione 751/2016).

Le novità introdotte e i nuovi dubbi emersi
La novella legislativa ha sciolto il nodo principale, ma ne ha introdotto altri, in particolare con la seconda versione. Dapprima il Dl 104/2020, aggiungendo un 6° comma all'articolo 66 disposizioni attuative del Codice civile, ha legittimato espressamente l'assemblea telematica a condizione, però, che fosse prevista dal regolamento oppure ricevesse il consenso di tutti i condòmini. Quest'ultimo requisito rendeva di fatto impraticabile la soluzione per vari intuibili motivi; mentre la modifica del regolamento approvata dalla maggioranza degli intervenuti in assemblea (con almeno 500 millesimi), e quindi ben lontana dal consenso unanime richiesto in alternativa, richiedeva pur sempre una preliminare e tradizionale riunione “in presenza”, allo stato non realizzabile.

Subito dopo un emendamento già approvato dal Senato al Dl 125/2020, e che prevedibilmente passerà anche alla Camera, ridisegna la formul a del citato 6° comma sostituendo al criterio della unanimità quello della maggioranza dei condòmini con il seguente dettato: «Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal Presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione».

Un importante significato di entrambe le innovazioni legislative (a parte l'abbassamento da ultimo della quota di consenso) sta nell'aver aperto una breccia nel principio di inderogabilità del vecchio articolo 66 disposizioni attuative, poiché si consente che un regolamento condominiale possa disciplinare il ricorso alla teleassemblea, in pratica formulando una norma di “amministrazione” (si veda il 1° comma dell'articolo 1138 del Codice), senza necessità che di volta in volta venga raccolta l'adesione della maggioranza dei condòmini per ogni singola riunione.

La necessità di regole sulle teleassemblee
A questo punto, sarebbe quanto mai opportuno che le varie organizzazioni che si occupano delle tematiche condominiali formulassero un modello, chiaro ed essenziale, di regolamentazione-tipo della teleassemblea al quale potrebbero ispirarsi i vari condomìni, nella prospettiva che intervenga poi il legislatore (che rincorre sempre le varie esigenze senza mai anticiparle) per garantire la necessaria uniformità.

Il Presidente dell'assemblea
Dopo la riforma del 2012 questo personaggio riappare di sfuggita nel citato nuovo 6° comma, insieme con il segretario con il compito quest'ultimo di redigere il verbale che poi va sottoscritto dal presidente. Prima del 2012 il presidente era indicato solo con la funzione di estrarre a sorte, in mancanza di accordo, un nominativo fra i comproprietari dell'unità immobiliare per la partecipazione all'assemblea. Ma tale figura, ormai entrata stabilmente nella prassi comune, è prevista con regolarità dai vari regolamenti, e si applicano per analogia le norme societarie (articoli 2371 e 2375 del Codice).

Il presidente viene eletto con il solo voto della maggioranza degli intervenuti (senza riguardo al valore millesimale) fra gli aventi diritto di partecipare all'assemblea, con esclusione degli estranei (per ragioni di privacy). La giurisprudenza ne ha tratteggiato le prerogative precisando che la mancata o irregolare nomina (e lo stesso vale per il segretario) non invalida la delibera (Cassazione 5709/1987 e Cassazione 4615/1980), tranne che la funzione sia imposta dal regolamento. Il principio è a maggior ragione applicabile nella nuova situazione che vede l'obbligatorietà del presidente e del segretario sancita dalla legge. Il problema che sorge è di stabilire se i due soggetti sono necessari solo per l'assemblea in forma telematica od anche per quella “in presenza”.

Senza la firma del presidente delibera nulla?
La difettosa (come al solito) tecnica legislativa rischia di essere fuorviante, ma l'interpretazione logica non consente di assegnare un valore riduttivo all'operatività di una tale funzione limitandola allo svolgimento della sola assemblea telematica, dovendosi ipotizzare piuttosto che l'inciso «in tal caso» vada riferito alla trasmissione del verbale all'amministratore che non sia affiancato nello stesso luogo dal presidente e dal segretario. Ne consegue, fra l'altro, che la mancanza della firma del presidente, ora obbligatoria per legge, rende nulla la delibera per c arenza dei requisiti essenziali come già anticipato a suo tempo da alcuni giudici di merito (ad esempio Tribunale di Milano 5 aprile 2017 numero 3901; Tribunale di Benevento 1° luglio 2014 numero 1595), in dissenso con altro indirizzo maggioritario.

Se si succedono più presidenti
Da ricordare che nel caso di successione di presidenti nella seduta, occorre la sottoscrizione di ognuno di essi per la parte che lo riguarda; la sola firma del presidente subentrato in luogo di quello che all'inizio ha presieduto configura una irregolarità formale che determina l'annullabilità della deliberazione (Cassazione 29 ottobre 1973, numero 2812).

Il verbale e le impugnazioni
Leggiamo nell'articolo 66: «In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal Presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione» (cioè raccomandata, pec, fax, consegna a mano). Tale onere evidentemente è un problema interno fra segretario e presidente, anche se poi all'esterno il responsabile non può essere che il presidente quale firmatario del verbale. Riteniamo, però, che l'invio vada fatto al solo amministratore e può avvenire con qualunque mezzo purchè il mittente possa fornire la prova dell'avvenuta ricezione.

La distribuzione, poi, del documento ai condòmini deve aver luogo a cura dell'amministratore, poiché è un atto tipico della gestione ordinaria, richiede un'attrezzatura d'ufficio e comporta una spesa che va successivamente inse rit a nel consuntivo. Per i condòmini occorre rispettare le formalità sopra richieste, poiché dal momento dell'acquisizione del verbale (e quindi delle delibere in esso contenute) inizia a decorrere il termine dell'articolo 1137 del Codice per l'impugnazione da parte degli assenti.

L'individuazione degli assenti
A questo riguardo, bisognerà accuratamente stabilire quali condòmini siano assenti alla assemblea telematica, non solo sin dall'inizio ma pure nel corso della stessa (ad esempio, per caduta della connessione internet o per temporaneo abbandono della posizione o per altre cause rilevabili), a somiglianza di chi nella assemblea tradizionale si assenta od interviene in ritardo, chiedendone annotazione a verbale al fine dell'eventuale impugnazione delle delibere approvate il quel lasso di tempo. Invece per i soggetti che sono rimasti connessi nulla cambia rispetto alla assemblea tradizionale

Altro problema che fa sorgere la suddetta frettolosa disposizione dell'articolo 66 è quello dell'estensione alle assemblee tradizionali delle formalità per l'invio del verbale ai condòmini. Considerato lo scopo insito nella norm a, è da ritenere che l'intero ultimo periodo del 6° comma in esame si applichi a qualunque tipo di assemblea.Con l'imposizione dell'invio del verbale a tutti i condòmini la norma ha codificato quella che è una prassi costante sebbene la legge (articolo 1137 del Codice) disponga la comunicazione della delibera (e quindi del verbale che la contiene) soltanto agli assenti. Purtroppo non viene previsto alcun termine e neppure gli effetti della mancata comunicazione, caso quest'ultimo verificatosi e seguito dall'emissione di un decreto ingiuntivo per il recupero delle spese previste dalla delibera mai inviata (si veda l'interessante decisione di Tribunale di Civitavecchia 21 ottobre 2020 numero 923).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©