Condominio

Niente permesso per il soppalco se non aumenta la superficie dell’immobile

È necessario il permesso di costruire solo quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione

di Roberto Rizzo

Con ricorso al Consiglio di stato, il Comune di Napoli, soccombente in primo grado, ha proposto appello avverso la sentenza n. 2040 del 2010 con la quale il Tar Campania aveva accolto il ricorso presentato dagli appellati per l'annullamento dell'ordine di demolizione disposto in relazione a tre soppalchi, qualificati dal giudice di primo grado come opere di ridotte dimensioni, assolutamente non idonee all'uso abitativo, destinate solo a deposito.
Riteneva, in particolare, l'ente appellante che i soppalchi in questione fossero stati realizzati in assenza di permesso di costruire e in violazione delle altezze minime previste dalla legge per i locali di abitazione, ai sensi dell'art. 43 comma 2 lettera b) della legge 5 agosto 1978 n. 457 e del D.M. 5 luglio 1975.
Si costituivano gli appellati, contestando la fondatezza delle argomentazioni dell'ente e, successivamente al deposito di memorie integrative ad opera di entrambe le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.

La decisione
Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 6681 del 30.10.2020, ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado, accogliendo in toto le difese svolte dagli appellati, con condanna dell'Ente appellante e soccombente alla corresponsione delle spese di lite del secondo grado di giudizio.

Nel merito, il Collegio, sottolineando la genericità dell'appello, ha fissato alcuni principi cardine che possono essere così sintetizzati:
1)Il regime giuridico e normativo dei soppalchi deve essere individuato in base alle caratteristiche presentate dall' opera concretamente realizzata. In particolare, osserva il giudice dell'appello: «è necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e ulteriore carico urbanistico; rientra invece nell'ambito degli interventi edilizi minori il soppalco che, per le dimensioni e l'altezza modesta o le modalità di realizzazione (ad esempio vano chiuso, senza finestre o luci), sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile (Consiglio di Stato, sez. II, 26 giugno 2019, n. 4384; sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2701; id., 27 novembre 2017, n, 5517; id., 2 marzo 2017, n. 985)». Nel caso di specie, poiché le opere realizzate sono state definite, in sede di sopralluogo, come aree di sbarazzo è evidente la loro estraneità a qualsiasi funzione abitativa autonoma, con conseguente impossibilità di assoggettarle al regime del permesso a costruire;
2) proprio in quanto si controverte di opere completamente prive di autonoma funzione abitativa, del tutto inconferente è il richiamo operato dal Comune di Napoli alla normativa in materia di altezze minime che, viceversa, si riferisce esclusivamente alla tutela degli spazi abitativi;
3) parimenti ultronea, ad avviso del Consiglio di Stato, è l'invocata applicazione dell'art. 15 del Regolamento edilizio comunale del Comune di Napoli, che regola la costruzione dei soppalchi, per due ordini di motivi.In primo luogo, perché tardiva, atteso che solo in grado d'appello, il Comune di Napoli ha fatto riferimento a detta disciplina, introducendo, dunque, la relativa censura della condotta degli appellati solo -e per la prima volta- nel corso del giudizio di secondo grado. In secondo luogo, pur a voler superare l'inammissibilità del predetto motivo d'appello, esso si presenta, comunque, infondato nel merito, atteso che, si legge in sentenza: «l'art. 15 del Regolamento comunale qualifica la realizzazione di soppalchi come intervento di “restauro e risanamento conservativo”, che, in base al D.P.R. n. 380 del 2001, era effettuabile al momento del provvedimento impugnato, con DIA (ora con SCIA), per la cui mancanza è irrogabile la sanzione pecuniaria, confermando, dunque, l'illegittimità del provvedimento di ripristino impugnato con il ricorso di primo grado».

Tali approfondite considerazioni sviluppate dal Consiglio di Stato, determinano, dunque il rigetto del gravame e la conferma integrale della sentenza del Tar Campania.

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