Condominio

La rampa di accesso al garage serve solo a chi ne ha oggettiva utilità

Non si tratta dunque di un bene che deve ritenersi comune

di Michele Zuppardi

L'accesso carrabile alla rampa che conduce ai posti auto situati nel seminterrato dell'edificio non è consentito a tutti i condomini, ma soltanto a coloro che sono proprietari dello spazio assegnato per il parcheggio del proprio veicolo o che dimostrino una «oggettiva utilità» per un «comodo accesso alternativo» allo stabile. Così ha deciso il Tribunale di Roma con sentenza 13573/2020 pubblicata il 6 ottobre scorso, respingendo la domanda di due condòmini che avevano preteso «il diritto ad accedere attraverso il passo carrabile, anche con automezzi, alle parti comuni dell'edificio» dopo che era stata loro rifiutata la consegna del codice necessario per l'apertura del varco.

Il fatto
L'assemblea condominiale aveva approvato all'unanimità dei presenti la proposta di consentire l'entrata al garage ai soli proprietari dei singoli box privati, resi così unici destinatari del necessario codice da digitare tramite il telefono cellulare. Due società proprietarie di immobili situati nello stabile, ma non titolari di alcun posto auto, avevano quindi impugnato la delibera ritenendola illegittima «in quanto sottraeva al loro godimento la rampa che conduce ai posti auto ubicati nel seminterrato, ovvero un bene che doveva ritenersi comune in base all'articolo 1117 del Codice civile».

I motivi del ricorso
Le parti attrici si erano così attivate per rappresentare al Tribunale di Roma la violazione del loro diritto ad accedere all'area sottoposta all'edificio, evidenziando che il transito nella zona sotterranea era sempre avvenuto liberamente da parte di tutti i condomini e che – con la delibera impugnata - veniva di fatto inibita loro la possibilità di «manutenere le apparecchiature di condizionamento dell'aria a suo tempo collocate nell'intercapedine comune», di «effettuare opere di manutenzione agli scarichi delle acque bianche e nere dalla diramazione delle singole proprietà fino all'immissione nella rete comune», e finanche di «utilizzare l'ascensore per il trasporto di materiali ed apparecchiature al piano di pertinenza».

Il processo
Le ragioni suesposte – secondo la tesi degli attori – sarebbero bastate ad ottenere dal Tribunale l'annullamento della delibera condominiale impugnata perchè «invalida e illegittima», e quindi ad accogliere la richiesta di accertare e dichiarare il loro pieno diritto ad accedere alle parti comuni dell'edificio attraverso il passo carrabile «anche con automezzi», ordinando al condominio di comunicare i codici di accesso per renderne effettivo l'esercizio.

Il tutto, naturalmente, mentre il condominio convenuto e due proprietari di posto auto intervenuti rimanevano fermi nelle loro decisioni e contestavano tutte le avverse deduzioni a sostegno della domanda, chiedendone al Tribunale l'inammissibilità o il rigetto.

I luoghi
Il Tribunale ha accertato che la rampa di accesso all'area sotterranea è autonoma dall'edificio ed è chiusa all'esterno da un cancello e da una bascula all'entrata del locale. Ha accertato altresì che per accedere all'edificio dall'interno dell'autorimessa è necessario percorrere un sottomarciapiede coperto da griglia metallica, quindi un corridoio dove sono ubicati i locali cantina ed infine - dopo l'apertura di due porte metalliche - ad un pianerottolo ove si trova l'ascensore.

Come riportato in sentenza, «la rampa non offre, dunque, un comodo accesso alternativo all'edificio ma presenta utilità solo per i proprietari dei posti auto (tutti di proprietà esclusiva) che si trovano nell'autorimessa» ed inoltre «il fatto che le società attrici sostengano di essersi servite dell'accesso carrabile per raggiungere il seminterrato (che contiene anche beni comuni, come ad esempio l'ascensore, ma è più comodamente raggiungibile dall'edificio) non è dimostrativo del fatto che la rampa sia destinata, per sua natura, a fornire una oggettiva utilità anche a chi non disponga di un posto auto nell'autorimessa».

Per il Tribunale di Roma, inoltre, «non si comprende l'asserita utilità di utilizzare l'ascensore provenendo dall'autorimessa, che le attrici spiegano riferendosi all'ipotetica esigenza di trasportare beni e materiali ingombranti che non potrebbero esser fatti passare nell'androne comune», ed ancora «la menzione contenuta nell'atto di acquisto delle unità immobiliari delle attrici dell'esistenza di una servitù a carico delle parti comuni del fabbricato a favore di un vano posto al piano interrato, appare priva di qualsiasi rilievo in relazione alla questione se la rampa sia da ritenersi comune a tutti i condomini o solo ai proprietari dei posti auto».

Le conclusioni
Per il Tribunale di Roma la rampa carrabile costituisce parte di un «condominio parziale» cui le società attrici sono da considerarsi estranee in relazione al comma 3 dell'articolo 1123 Codice civile, dal momento che la destinazione oggettiva di tale bene non è funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari comprese nel condominio, ma solo ad alcune di esse: «dall'esistenza di un condominio parziale deriva anche – sottolinea il Tribunale – che il gruppo di condòmini cui concerne la parte (a esso solo) comune, ha diritto, nell'esercizio dei poteri gestionali che gli competono, ad interdire l'accesso agli estranei al gruppo». Al rigetto delle domande di parte attrice è seguita la condanna al pagamento per le spese di lite a favore del condominio e dei due proprietari intervenuti nel giudizio.

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