Condominio

Il condomino dell'ultimo piano può sopraelevare senza l'assenso degli altri

Il Comune non può bloccare i lavori se non è a rischio la staticità del fabbricato

di Giuseppe Nuzzo

I lavori di sopraelevazione dell'ultimo piano del condominio possono essere realizzati senza il permesso degli altri condomini. Non serve l'autorizzazione dell'assemblea condominiale a patto che l'opera non alteri la funzione di copertura dello stabile e non metta a rischio il fabbricato sotto il profilo statico. E in generale l'intervento sul tetto deve ritenersi consentito se non altera la funzione di copertura dell'edificio. Ne consegue che il Comune non può bloccare il cantiere perché manca l'approvazione dell'assemblea di condominio al progetto previsto dalla Scia. È quanto emerge dalla sentenza del TAR Campania, Salerno, numero 984 del 1° agosto 2020.

Il fatto
I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso del proprietario dell'ultimo piano ed annullato il provvedimento del Comune, che aveva bloccato i lavori. Per il Tar, infatti, ciascun condomino può realizzare sulle parti comuni dello stabile un'opera strettamente pertinenziale alla proprietà esclusiva a condizione di non stravolgere l'assetto delle prime. Ad esempio quando si trasforma una parte del tetto in terrazza a proprio uso esclusivo, senza modifiche significative alla consistenza del bene comune.

In questi casi si configura soltanto un uso più intenso della cosa comune, che non richiede l'assenso degli altri condomini, laddove i lavori non comportino un'alterazione significativa dal punto di vista costruttivo, morfologico o funzionale.

Sopraelevazioni
Il Tar ricorda che il proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale può legittimamente modificare una porzione del sovrastante tetto di copertura, trasformandola in terrazza a proprio uso esclusivo, a condizione che l'intervento non comporti modifiche significative della consistenza del bene comune e, mediante opere adeguate, venga salvaguardata la funzione di copertura e protezione svolta in precedenza dal tetto preesistente

La destinazione della cosa
La destinazione della cosa comune, di cui è vietata l'alterazione, è da intendersi in una prospettiva dinamica del bene medesimo. In particolare, «per destinazione della cosa, deve intendersi la complessiva destinazione di essa, che deve essere salvaguardata in relazione alla funzione del bene, e non alla sua immodificabile consistenza materiale. L'affermazione di detto principio appare ben condivisibile, mirando a moderare le istanze egoistiche poste sovente alla base degli ostacoli frapposti alle modifiche delle parti comuni e per contrastare le quali si è profondamente innovata la disciplina del condominio negli edifici, con le recente novella al Codice civile di cui alla legge 11 dicembre 2012, numero 220. Pertanto la soppressione di una piccola parte del tetto, se ne viene salvaguardata la funzione di copertura e si realizza al contempo un uso più intenso da parte del condomino, non può essere intesa come alterazione della destinazione».

In altri termini, un intervento sul tetto di copertura non è da considerarsi in radice precluso al singolo proprietario dell'ultimo piano dall'inclusione della struttura nel novero delle parti comuni dell'edificio ex articolo 1117, numero 1, Codice civile. E non nemmeno subordinato all'assenso dell'assemblea condominiale.Tanto, beninteso, purché l'intervento in parola non comporti un'alterazione significativa, sotto il profilo costruttivo, plano-volumetrico, morfologico o funzionale, al punto da privare la struttura della sua stessa natura di parte comune.

Opera pertinenziale su parti comuni
Più in generale, il singolo condomino, per realizzare un'opera strettamente pertinenziale alla propria unità immobiliare, anche sulle parti comuni dell'edificio non ha bisogno di richiedere il previo assenso degli altri condomini. Egli – spiega il Tar - può, in ipotesi, ottenere a proprio nome anche un permesso di costruire, sempreché si tratti di opere: a) come detto, strettamente pertinenziali all'unità immobiliare, nel senso civilistico della sussistenza di un vincolo di destinazione a servizio o ad ornamento di essa; b)insuscettibili di comportare, per la relativa portata, limitazioni all'uso comune o di stravolgere l'assetto funzionale dei beni condominiali.

Diritto di sopraelevazione
Ancora, con riferimento all'ipotesi di sopraelevazione realizzata dal proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, il Tar ricorda che il diritto di sopraelevare (articolo 1127 Codice civile) spetta ex lege al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, o al proprietario esclusivo del lastrico solare, e non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini. Tale diritto, ricomprendente sia l'esecuzione di nuovi piani sia la trasformazione di locali preesistenti con aumento delle superfici e delle volumetrie, spetta – ove l'ultimo piano appartenga pro diviso a più proprietari – a ciascuno di essi nei limiti della propria porzione di piano, con utilizzazione dello spazio aereo sovrastante la stessa.

Limiti e competenza del giudice civile
I limiti al diritto di sopraelevazione, previsti nel secondo e terzo comma dell'articolo 1127 Codice civile, assumono carattere assoluto solo per quanto concerne il profilo statico (nella fattispecie non in discussione) dell'edificio, «residuando la possibilità di eventuali opposizioni dei condomini per le diverse ragioni di ordine architettonico o di notevole diminuzione di aria o di luce ai piani sottostanti, in ordine alle quali, tuttavia, le controversie ricadono nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di questioni prettamente civilistiche, senza compromissioni nella sede amministrativa, ove il rilascio del titolo abilitativo edilizio deve ritenersi conseguibile, nella materia in esame, fatti salvi i diritti dei terzi».

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