Condominio

Non basta la fattura per ottenere il pagamento delle prestazioni professionali dal condominio

A volte avviene che l'assemblea condominiale deliberi una certa somma ed al termine dei lavori venga richiesto anche il doppio

di Giulio Benedetti

Non basta la fattura per ottenere il pagamento delle prestazioni professionali nei confronti del condominio.
In un epoca in cui i bonus fiscali per le ristrutturazioni edilizie spingono il mercato delle manutenzioni straordinarie, nel condominio occorre prestare particolare attenzione ai costi complessivi delle opere. Invero il prezzo complessivo non riguarda soltanto l'esecuzione delle opere murarie , ma anche l'intervento tecnico di numerosi professionisti. Il d.lgs. n. 81/20008 disciplina l'appalto e prevede che il committente , per andare esente dalle responsabilità relative agli infortuni verificatisi in corso di opera di opera, deve scegliere (art. 93) un'impresa qualificata all'attività da svolgere, iscritta alla camera di commercio ed in possesso di regolare D.U.R.C. .

Inoltre il committente deve nominare figure tecnico professionali idonee quali il direttore dei lavori, il responsabile dei lavori, il coordinatore per la progettazione, il coordinatore in fase di esecuzione, per disciplinare le interferenze da parte delle imprese che eseguono l'appalto, il progettista , il manutentore e gli artigiani.

Tutte queste figure professionali hanno diritto al pagamento del compenso e la sua determinazione non sempre può essere eseguita in fase di preventivo , poiché spesso si determina all'esito dei lavori e delle relative varianti. Pertanto a volte avviene che l'assemblea condominiale deliberi una certa somma ed al termine dei lavori venga richiesto anche il doppio.

La Corte di Cassazione (ord. n. 13635/2020) ha rigettato il ricorso (condannandolo al pagamento delle spese di lite e del doppio del contributo unificato) di un professionista il quale esigeva , da un condominio, la dazione del corrispettivo di prestazioni professionali per indagini geologiche e tecniche.

Il Tribunale e la Corte di Appello respingevano la domanda del professionista poiché affermavano che il medesimo avrebbe dovuto provare l'effettivo svolgimento di tali operazioni in favore del condominio, non essendo sufficiente a provarle la sola parcella professionale. La stessa non era idonea a dimostrane l'entità e lo svolgimento effettivo. Il professionista ricorreva in Cassazione affermando che le due sentenze dei giudici di merito erano viziate , poiché violavano il principio dell'onere della prova, previsto dall'art. 2697 c.c. .

Per il ricorrente era il condominio tenuto a provare che le sue prestazioni professionali non erano state svolte e affermava che tale incombente non spettava all'attore , che vantava il credito, bensì al convenuto che si limitava a negare il debito.

La Corte di Cassazione rigettava tale motivo di ricorso, in quanto lo stesso non indicava una regola di diritto violata nell'impugnata sentenza ed idonea a viziarla , bensì censurava l'accertamento di fatto svolto dalla Corte di appello e si limitava a prospettare una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella operata dai giudici di merito. Il giudizio di legittimità non riguarda il merito della vicenda , già esaminata nei due precedenti gradi di giudizio, poichè la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e sulla logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.

Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata , contrapponendo la propria interpretazione diversa , al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.

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