Condominio

No al permesso di costruire nell'area con destinazione urbanistica a verde condominiale

Questo perchè va tutelata la presenza di una zona verde al servizio dei fabbricati esistenti

di Giuseppe Donato Nuzzo

La destinazione urbanistica di un'area a verde condominiale non assume la natura di vincolo ablatorio. Tale destinazione, infatti, pur implicando l'inedificabilità dell'area e pur impedendo al proprietario di utilizzarla, non è preordinata all'esproprio, essendo piuttosto finalizzata a garantire la presenza di una zona verde al servizio dei fabbricati esistenti. Ne consegue che la destinazione a verde condominiale impressa ai suoli oggetto di causa non soggiace alla decadenza del termine di efficacia stabilito dalla legge urbanistica. È questo il principio stabilito dalla terza sezione del Tar Puglia, Bari, sentenza numero 1131 del 4 settembre 2020.

Il fatto
La vicenda in esame riguardava la richiesta di permesso di costruire, rigettata dal Comune, relativa alla zona denominata “C 167”, interessata dal Peep. Il rigetto del Comune si basava, tra l'altro, sul fatto che l'area oggetto di intervento, secondo la planimetria del Piano particolareggiato per l'Edilizia economica e popolare (Peep), risultava destinata a «verde privato condominiale».

Su questo specifico punto, il ricorrente sostiene che le previsioni del Peep, in relazione alle aree sottratte all'edificazione (ma mai effettivamente espropriate), devono ritenersi ormai decadute, sicché non potrebbero essere motivo il rigetto dell'istanza di Permesso di costruire. Tali conclusioni muovono dal presupposto che il vincolo a «verde privato condominiale» insistente sull'area in esame avrebbe avuto carattere ablatorio, per cui la decadenza del Peep comporterebbe l'inefficacia del predetto vincolo, con conseguente reviviscenza del diritto a costruire nell'area.Questa tesi è stata smentita dal Tar, che ha invece confermato le valutazioni esposte dagli uffici comunali.

Natura non ablatoria
Secondo i giudici amministrativi, nel caso in esame l'amministrazione ha correttamente rilevato l'ultrattività delle previsioni del Peep, che prevedono per le aree interessate dal progetto edilizio la destinazione a verde privato. La destinazione urbanistica di un'area a verde condominiale, infatti, non assume la natura di vincolo ablatorio. Essa non è preordinata all'esproprio, essendo piuttosto finalizzata a garantire la presenza di una zona verde al servizio dei fabbricati esistenti.

Sicchè – conclude il Tar – la destinazione a verde condominiale impressa ai suoli oggetto di causa non soggiace alla decadenza derivante dal decorso del termine di efficacia stabilito dall'articolo 17 Legge urbanistica, con conseguente irrilevanza della circostanza che il fondo sia “intercluso” e che sia venuto a scadenza il piano attuativo, ostando all'edificazione la destinazione impressa definitivamente ai suoli, superabile solo a mezzo di uno specifico procedimento di variante, e sempre che sussistano ragioni di pubblico interesse tali da legittimare il mutamento di destinazione urbanistica.

Ricorso respinto
Secondo il ricorrente, il suolo in questione non era tipizzato nell'atto di pianificazione generale come area a verde, ma come zona di espansione “C167” e, comunque, la destinazione a “verde condominiale” costituiva – a suo dire - una mera indicazione planovolumetrica contenuta in uno strumento attuativo (Peep) ormai pacificamente scaduto.Ragionamento sbagliato, secondo il Tar. Infatti, il Peep è uno strumento di pianificazione urbanistica espressamente previsto dalla legge che ne equipara l'efficacia a quella propria dei piani particolareggiati: «rileva, nel caso in esame, che il Piano 167 sia stato integralmente recepito dal Prg vigente »(come ammesso in seno ricorso introduttivo), conformemente alla ratio dell'articolo 3 comma 4, legge 167 del 1962 che richiama l'esigenza di coerenza nella pianificazione urbanistica, «pretendendo che — una volta che in sede di predisposizione dei piani di zona ad una determinata area sia stata assegnata una certa destinazione — quest'ultima sia recepita nel piano regolatore generale» (Tar Salerno, 26 settembre 2013, numero 1936)”

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