Condominio

Se si vuole prolungare la corsa dell’ascensore si deve dare piena informativa al condominio

Altrimenti, come nel caso in esame, i lavori anche se a carico di un solo condomino, sono stati bloccati

di Selene Pascasi

L'intervento di prolungamento della corsa dell'ascensore, che il condomino voglia eseguire a sue spese, non segue le regole delle innovazioni dovendo considerarsi uso della cosa comune. Sarà, quindi, sempre consentito purché non alteri la sicurezza dell'immobile o la sua estetica. Ma proprio perché i condòmini dovranno “subire” l'intervento, è necessario che l'assemblea sia informata previamente ed in maniera adeguata. Lo precisa il Tribunale di Roma con sentenza numero 7189 del 14 maggio 2020.

La vicenda
È una società di costruzioni, edificatrice del complesso immobiliare, ad impugnare per nullità la deliberazione con cui le si negava l'autorizzazione al prolungamento delle corse ascensore sino all'ultimo piano dello stabile. Fruendo della possibilità offerta per il recupero dei sottotetti, spiega al giudice, al posto delle soffitte aveva realizzato degli alloggi. C'era, quindi, necessità – a suo tempo comunicata all'amministratore – di prolungare la corsa degli ascensori.

Peraltro, per non creare ulteriori fastidi, i lavori sarebbero stati effettuati in una settimana con messa a disposizione dei condòmini di un operaio che li avrebbe aiutati a portare pacchi, spesa o pesi. Il tutto, con oneri a carico della Srl. Proposta bloccata dall'assemblea. La decisione, contesta la ditta, era illegittima posto che l'intervento di prolungamento della corsa dell'ascensore, che il condomino voglia eseguire a sue spese, non rientra tra le innovazioni (articolo 1120 del Codice civile) ma è uso della cosa comune (articolo 1102 del Codice civile).

I precedenti
A dirlo, marca, anche il Tribunale di Milano (pronuncia 12791/2015 confermata dalla Corte di appello 2145/2017) nel sancire la nullità di una deliberazione con cui il condominio aveva respinto la richiesta di un anziano che, vista l'età, desiderava che l'ascensore arrivasse fino al suo quinto piano. Discorso valido, persino in caso di prima installazione di un ascensore (Corte di cassazione 31462/2018).

E comunque, conclude, il diniego di autorizzazione le aveva causato seri danni per il crollo della chance di vendere le abitazioni e il loro sensibile deprezzamento. Di qui, oltre alla richiesta di dichiarare la nullità della delibera, una pesante pretesa risarcitoria. Domande respinte.

La decisione
È vero, premette il Tribunale, che l'istituzione di un ascensore così come la scelta di allungarne la corsa viene ormai pacificamente inteso come uso delle cose comuni e non come innovazione. Ed è anche vero che si tratta di attività in sé lecita poiché tesa solamente a fare un uso più inteso di un bene comune e pertanto non subordinata ad autorizzazione assembleare. Tuttavia, spiega il giudice, chi voglia eseguire certi lavori deve darne previa, adeguata e completa informativa all'amministratore che ne riferirà all'assemblea.

D'altronde, è un iter che si adotta anche per le ordinarie opere di ristrutturazione negli appartamenti privati per cui a maggior ragione andrà osservato per interventi destinati ad impattare in modo oggettivamente più intenso sui beni comuni. Ciò, anche per dissipare dubbi circa eventuali ripercussioni sulla statica o sull'estetica dello stabile. In altre parole, è proprio perché i condòmini non possono opporsi che hanno il diritto di essere previamente messi al corrente su ogni aspetto dei lavori.

Ebbene, nella vicenda, era mancata proprio un'adeguata informativa: dal verbale impugnato, infatti, emergeva che la contrarietà dei condòmini non era stata pregiudiziale. Si chiedeva, semplicemente, l'esame del progetto (ancora non trasmesso all'amministratore e, anzi, ancora non predisposto). Ecco che il Tribunale, repingendo la pretesa della Srl, non le nega in astratto il diritto ad allungare la corsa dell'ascensore ma giustifica il “no” dell'assemblea siccome non previamente informata del progetto in questione.

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