Condominio

Appalto in condominio: non sempre è ammissibile l’accertamento tecnico preventivo

Soccombente un condominio romano che lo aveva attivato per risolvere questioni giuridiche insorte tra le parti

di Fabrizio Plagenza

Accade spesso che in un condominio vengano effettuati lavori commissionati mediante appalto ad un'impresa. In questi casi, peraltro, può capitare che nasca una problematica di tipo tecnico. Può accadere, ad esempio, che il committente contesti all'appaltatore la difformità oppure l'irregolarità o, ancora, l'inadempimento nell'esecuzione dei lavori. Come noto, peraltro, le opere commissionate devono essere eseguite secondo le regole dell'arte.

Gli strumenti in caso di inadempimento
Si tratta, indubbiamente, di procedere con un accertamento di tipo tecnico. Il nostro ordinamento individua nell'articolo 696 del Codice di procedura civile lo strumento finalizzato all'accertamento tecnico ed all'ispezione giudiziale, in favore di chi abbia urgenza «di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose».

Il successivo articolo 696 bis del Codice di procedura civile, inoltre, disciplina un particolare strumento : la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, utilizzabile laddove l'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, si ritenga necessario ai fini «dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito».

Il consulente tecnico d’ufficio
In buona sostanza, si chiede al Giudice di anticipare la fase istruttoria, chiedendo nominarsi un Consulente tecnico d'ufficio (Ctu) chiamato a rispondere ai quesiti tecnici che verranno allo stesso formulati. L'utilità nasce dalla possibilità di avere una consulenza tecnica di parte redatta da un ausiliare nominato dal Tribunale, senza necessità di instaurare un procedimento ordinario. Sintetizzando, una consulenza tecnica preventiva ci fornirà indicazioni su come muoversi successivamente.

Se, poi, l'accertamento tecnico oltre che richiesto in via preventiva è anche finalizzato alla “composizione della lite”, come nel caso dell'articolo 696 bis Codice procedura civile, allora lo strumento avrà anche una finalità deflattiva. Sarà, cioè, orientato al fine di chiedere al consulente tecnico d'ufficio, non solo una relazione tecnica ma, anche, di proporre una, «se possibile, conciliazione delle parti».

Quando la consulenza preventiva è inammissibile
Non sempre, tuttavia, lo strumento di cui all'articolo 696 bis Codice di procedura civile è ammissibile. Recentemente, il Tribunale di Roma, con decreto del 17 settembre 2020, pubblicato in data 24 settembre 2020, ha dichiarato inammissibile un ricorso ex articolo 696 bis, promosso da un condominio romano, contro l'impresa esecutrice dei lavori appaltati ed il responsabile dei lavori degli stessi.

Ciò in quanto, si legge nel provvedimento, «presupposto di ammissibilità della consulenza tecnica preventiva ex articolo 696 bis è dunque che la controversia fra le parti abbia come unico punto di criticità la determinazione dei crediti derivanti da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, essendo compito del consulente tecnico quello di percepire, verificare, descrivere e talora valutare economicamente i fatti controversi tra le parti», non potendo il procedimento essere utilizzato per accertare la mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito e non potendosi nominare un consulente tecnico ai sensi dell'articolo 696 bis Codice procedura civile quando si tratti di trovare «la soluzione di questioni giuridiche controverse tra le parti e che richiedono invece l'espletamento di un'istruttoria svolta con le forme e garanzie di un procedimento ordinario di cognizione» (Tribunale di Mantova, 4 settembre 2008, Tribunale di Pavia, 14 luglio 2008; conforme la recente giurisprudenza di Tribunale di Roma, ordinanza del 14 febbraio 2019; Tribunale di Roma, ordinanza 8 febbraio 2017).

La più recente sentenza
Nel caso di specie, il direttore dei lavori si costituiva in giudizio lamentando il fatto che, a suo dire, il suo incarico era terminato con una corretta esecuzione delle opere e che ulteriori eventuali difformità sarebbero state poste in essere da taluni condomini successivamente alla fine dei lavori. Il condominio ricorrente, invece, chiedeva accertarsi la sussistenza della responsabilità sia in capo alla ditta esecutrice dei lavori che in capo al direttore dei lavori stessi.

Secondo il Tribunale di Roma, in presenza di queste contestazioni, occorrerebbe necessariamente un procedimento a cognizione piena e, conseguentemente, ha ritenuto inammissibile il ricorso allo strumento dell'accertamento tecnico preventivo finalizzato alla composizione della lite, con condanna del condominio ricorrente al pagamento delle spese di lite alla parte resistente. Attenzione, dunque, allo strumento procedurale da azionare in giudizio.

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