Condominio

Per rivendicare in giudizio un parcheggio bisogna provarne il possesso

Condannati i condomini che non avevano dimostrato fosse di loro proprietà il posto auto occupato da un’altra proprietaria

di Edoardo Valentino

Due condomini agivano in giudizio contro la vicina di casa per ottenere la liberazione di un posto auto sito nel cortile dello stabile e da loro rivendicato. A detta dei condomini, infatti, il posto auto sarebbe stato in loro possesso e la vicina avrebbe errato nel parcheggiare il proprio veicolo proprio in quel parcheggio. L'azione giudiziale dei condomini, in particolare, era una domanda di reintegrazione nel possesso.

Le previsioni normative
Il Codice Civile prevede, sul punto, all'articolo 1168 comma I che «Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo».Questo tipo di domanda può essere chiesta da chi lamenti di essere stato privato del possesso di un bene da parte di un altro soggetto – nella fattispecie il vicino che occupa il parcheggio – e chiede al giudice un ordine di reintegrazione nella materiale disponibilità del bene.

Le decisioni di merito
Nel caso in questione, però, il giudice rigettava la domanda promossa dai due condomini. La vicenda approdava quindi in Corte d'appello, a seguito di una impugnazione dei condomini soccombenti. Il giudice del riesame confermava però la sentenza di primo grado, rigettando il gravame proposto.

Il ricorso alla Suprema corte
Considerata la duplice soccombenza nei gradi di merito la questione approdava in Cassazione. Il ricorso depositato dai due proprietari era incentrato, in primis, sulla presunta violazione del principio della prova da parte della convenuta. Secondo la prospettazione dei ricorrenti, infatti, aveva errato la Corte d'appello nel ritenere esonerata la convenuta dal provare il titolo in ragione del quale occupava il parcheggio oggetto del giudizio.

Il secondo motivo di ricorso, invece, verteva sulla presunta violazione dell'articolo 1120 del Codice civile.Per i ricorrenti, difatti, la Corte d'appello aveva erroneamente considerato come il posto auto in cortile in questione fosse stato assegnato con una delibera assembleare, mentre a detta dei ricorrenti il parcheggio in questione sarebbe stato situato all'esterno del palazzo.Non essendo stata approvata alcuna delibera all'unanimità, quindi, il condominio non poteva deliberare conferendo un titolo di proprietà sul posto auto alla parte convenuta.

La decisione
Con la sentenza Cassazione sezione VI, 18 settembre 2020, numero 19091, la Cassazione rigettava il ricorso e dichiarava i due motivi inammissibili. Secondo la Corte, infatti, i due motivi del ricorso non si confrontavano in alcun modo con la parte centrale della sentenza di appello, ossia l'assenza di una prova sul possesso del parcheggio da parte dei due condomini che lo reclamavano. La questione, infatti, non verteva sull'onere probatorio della controparte o sulla validità della delibera assembleare, ma sul fatto che i condomini non avevano mai dimostrato in giudizio che il parcheggio in questione fosse effettivamente posseduto da loro.

Al fine di ottenere la rivendicazione di un bene, ai sensi del predetto articolo 1168 del Codice civile, è onere della parte che agisce in giudizio fornire la prova del possesso del bene stesso. In assenza di tale prova la domanda deve certamente essere rigettata. La Cassazione, quindi, con la sentenza 19091, chiariva l'irrilevanza del ricorso proposto, dato che l'elemento centrale della questione riguardava l'assenza di prova del possesso del parcheggio nel cortile. Se i condomini non potevano provare di avere posseduto il parcheggio in via esclusiva, allora i giudici di merito non potevano accogliere la domanda di reintegrazione nel possesso del bene.

Alla soccombenza in Cassazione seguiva la condanna al pagamento del contributo unificato in misura maggiorata ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del Dpr del 30 maggio 2002, numero 115.

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