Condominio

Esecuzioni immobiliari, ci vuole la concessione edilizia e il certificato di destinazione urbanistica

Il giudice non può disporre il trasferimento coattivo di una proprietà senza dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile e certificato di destinazione urbanistica del terreno

di Selene Pascasi

In materia di esecuzione in forma specifica, il giudice non può disporre il trasferimento coattivo di una proprietà senza dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile e certificato di destinazione urbanistica del terreno.

Egli, difatti, non può realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o che eluda le norme che ne regolano l'autonomia negoziale. Lo sottolinea la Corte di cassazione con ordinanza n. 18043 del 28 agosto 2020 (relatore Criscuolo).

È un uomo a citare il fratello, per chiedere la divisione di un cortile e di un sottotetto comuni. Il defunto padre, espone, aveva donato ad ogni figlio delle porzioni del fabbricato e in proprietà indivisa il cortile e da tutti gli atti risultavano approvati sia il progetto di divisione dell'area che gli accordi sulle servitù reciproche.

Il giudizio di merito
Il Tribunale concorda e trasferisce le porzioni ai fratelli precisando che alcune aree – di titolarità esclusiva dell'attore – erano gravate di servitù di passaggio pedonale e carraio e condutture per le utenze domestiche a favore del convenuto. Il fratello chiamato a processo, però, si oppone: la divisione dell'area comune era impedita dalla presenza di opere abusive realizzate dal fratello.

Fatto ininfluente per la Corte di appello. Lo scontro arriva sul tavolo dei giudici di legittimità che cassano la sentenza con rinvio.

Le valutazioni della CassLa presenza su terreno in comunione di opere abusive ostava alla divisione perché, anche se l'effetto traslativo legato a sentenza costitutiva si produce solo col passaggio in giudicato, vige ugualmente la disposizione (articolo 29 comma 1 bis della legge n. 52/1985) che sanziona con la nullità i contratti privi dei requisiti richiesti dalla normativa. Motivo accolto e sentenza cassata con rinvio: prima di sciogliere la comunione bisognava accertare se le opere fossero riconducibili all'ambito dei manufatti e, dunque, soggette a provvedimento abilitativo. E' vero, scrive la Cassazione, che in appello l'irrilevanza nei rapporti tra privati della legittimità urbanistica dei fabbricati era stata suffragata da solidi precedenti ma il riferimento era a liti sulla legittimità di costruzioni per violata normativa sulle distanze. Nella vicenda, invece, il preteso scioglimento della comunione equivaleva ad esecuzione coattiva degli impegni presi dai fratelli quando – nel ricevere la donazione – approvavano il progetto divisorio predisposto dal padre. Tribunale e Corte di appello, in fondo, avevano solo “eseguito” un obbligo precedentemente assunto. Tuttavia, conclude la Cassazione, andava verificata la legittimità urbanistica dell'opera che, se intesa come costruzione, esigeva un titolo abilitativo. Sul punto, la giurisprudenza è chiara: «in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto preliminare di compravendita su di un immobile e su un terreno, è preclusa al giudice la possibilità di disporre il trasferimento coattivo della proprietà (o di altri diritti reali) in assenza, rispettivamente, della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia relativa all'immobile e del certificato di destinazione urbanistica relativo al terreno, trattandosi di condizione dell'azione, la cui mancanza è rilevabile d'ufficio» (Corte di cassazione 21721/2019). D'altro canto, la sentenza costitutiva funge da atto negoziale dovuto e, per questo, non può realizzare effetti maggiori e diversi da quelli possibili alle parti o che eludano le regole dell'autonomia negoziale, senza che tale limite possa essere superato dall'astratta possibilità della successiva sanatoria della nullità (Corte di cassazione 1505/2018). Impostazione corretta pure se l'obbligo a contrarre riguardi un contratto di divisione laddove – lo affermano le Sezioni Unite 25021/2019 – anche gli atti di scioglimento delle comunioni su edifici, o loro parti, sono soggetti alla sanzione della nullità prevista (articolo 40, comma 4, della legge n. 47 del 1985) per gli atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici realizzati prima della sua entrata in vigore (1° settembre 1967). Ciò, a prescindere che la comunione da sciogliere abbia natura ordinaria o ereditaria. Più che fondate, allora, le ragioni per cui la Corte di cassazione accoglie il ricorso incidentale, boccia il principale e cassa con rinvio la pronuncia d'appello per aprire alla verifica sulla natura dei manufatti e sulla necessità di rilascio del provvedimento abilitativo da parte della Pubblica Amministrazione.

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