Condominio

Amministratori, emblema della invisibilità sociale. Serve un sindacato?

di Francesco Schena

Se ci ponessimo la domanda di come sia possibile arrivare a tanta indifferenza da parte delle Istituzioni verso una categoria professionale, probabilmente non avremmo una risposta certa ma, di sicuro, avremmo l'esempio pratico da menzionare. Quello della categoria degli amministratori di condominio, infatti, rischia di divenire un vero e proprio emblema della “invisibilità sociale”. In altri termini, volendo spingersi verso un francesismo appena colorito, di noi amministratori le Istituzioni (e non solo) se ne infischiano!

Abbiamo assistito a tutta una serie non soltanto di proclami ma anche di pubblicazioni di bozze di emendamenti e correttivi vari che ora prevedevano la proroga dei termini dei 180 giorni per la presentazione del rendiconto, ora la regolamentazione delle tele assemblee per poi, puntualmente e incredibilmente, svanire tutto nel nulla.

Va detto, le associazioni, nonostante la loro storica competizione e la originaria sindrome della prima donna, bene o male, qualcosa l'hanno fatta. Ci sono stati comunicati, tavoli, consulte e nuove federazioni costituiti proprio allo scopo di provare a fornire dei suggerimenti, a presentare delle bozze di emendamenti per provare, così, ad ottenere qualcosa per poi finire, però, puntualmente con la costante dell'amaro in bocca e della delusione finale. Ma non solo.

A ben vedere, non è del condominio in quanto tale che il legislatore ne ignori l'esistenza ma, precipuamente, dell'amministratore. Il quorum semplificato per agevolare i lavori previsti dal superbonus del 110%, infatti, è stato immediatamente inserito nel DL agosto recentemente approvato.

E questo, probabilmente, perché qualcuno che ne aveva interesse ne avrà fatta notare l'esigenza (a ragione) ed è stato immediatamente accontentato (sempre a ragione). Ma dei termini degli amministratori? Dei rischi di revoca? Delle responsabilità connesse alla gestione Covid per le assemblee? Delle tele assemblee? Nulla di tutto questo ma, incredibilmente, abbiamo le linee guida per i circoli culturali che, ormai visibilmente, sono più importanti degli amministratori e delle assemblee condominiali.E pensare che alcuni pazzi come me - non saprei più come altro definirci - in forme, luoghi e momenti di diversi hanno perorato la causa dell'istituzione dell'Albo.

Che sciocchi che siamo! Come potrebbe mai essere possibile istituire un Albo per una categoria invisibile? È evidente a tutti, quindi, che amministrare il patrimonio immobiliare privato di questo Paese, costituito da oltre un milione di condominii, ed occuparsi di gestire tutto il PIL che attorno gravita e si genera non abbia alcuna rilevanza sociale.

Ma non si tratta soltanto di invisibilità nei confronti dello Stato e di tutte le sue Istituzioni, anche minori. Ormai siamo difronte ad una vera propria sindrome d'insieme di sintomi che rappresenta un chiaro quadro clinico-sociale ben definito sebbene riconducibile a diverse cause: egemonia culturale delle altre categorie, subalternità perenne alla proprietà, oltraggio continuo da parte del mercato, carico infinito di responsabilità, sentinelle antievasione del fisco, norme confuse e condominocentriche con conseguente giurisprudenza schizofrenica, capro espiatorio di ogni circostanza e molto altro ancora.

E allora, le associazioni hanno fatto il loro tempo? A tutto servono fuorché dialogare con le Istituzioni? I loro sforzi non bastano? Difficile rispondere ma, di sicuro, occorre un cambio di rotta. Occorre “farsi sentire” realmente. Occorre acquisire coscienza del proprio stato di lavoratore con i propri diritti, oltre ai soliti doveri e alle sempre più numerose responsabilità. Sono maturi, forse, i tempi di una nuova interpretazione della categoria? Sarà quella sindacale?A proposito, qualcuno sa dire, con certezza, quale sia la durata dell'incarico di amministratore?

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