Condominio

Il tribunale annulla solo le delibere illegittime, non quelle svantaggiose per il condominio

Il giudice non può sindacare la vantaggiosità delle scelte assembleari o i costi di gestione ma solo l'illegittimità delle delibere

di Selene Pascasi

Il giudice non può sindacare la vantaggiosità delle scelte assembleari o i costi di gestione per le cose comuni ma solo l'illegittimità – per violazioni di legge, del regolamento condominiale o eccesso di potere – delle delibere. Lo afferma il Tribunale di Roma con sentenza n. 4685 del 3 marzo 2020.

La lite
È il proprietario di due appartamenti ad aprire la lite impugnando le deliberazioni che avevano approvato una perizia di variante lavori, il bilancio preventivo e la richiesta di rimozione di fili e fari in facciata. Opere necessare per il crollo di un'intera bugna dell'edificio da cui erano derivati fenomeni fessurativi. Stato della palazzina, peggiorato con l'esposizione agli agenti atmosferici, che aveva indotto il Condominio a dare l'ok ad altri interventi.

Ma, lamenta il condomino, erano diverse le falle dell'operato assembleare: in una delibera non era stato indicato il quorum, era stato disapplicato il contratto di appalto per l'individuazione dei prezzi relativi alle nuove opere (per mancata applicazione del ribasso dei prezzi) e le spese per i nuovi lavori erano state mal divise perché ripartite in base ai millesimi di proprietà senza considerare che erano esborsi comuni ai proprietari dei piani per i quali svolgevano funzione divisoria e di sostegno.

Il principio
Domanda bocciata. Per l'approvazione della perizia di variante, spiega il Tribunale, ai prezzi calcolati e pattuiti con l'impresa non era stato applicato il ribasso per le lavorazioni aggiuntive oggetto della perizia stessa ma era stato il ondominio ad approvare il contratto e l'atto aggiuntivo accettando un ribasso pari a zero. A confermarlo, il fatto che lo spazio relativo alla percentuale di ribasso era stato lasciato in bianco e si era data esecuzione all'intesa senza altre regolamentazioni.

Restavano “fuori”, a quel punto, solo questioni relative al merito delle scelte intraprese dall'assemblea. Ma, si legge in sentenza, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle deliberazioni assembleari non può estendersi ad una valutazione del merito delle scelte adottate che equivarrebbe a controllare la discrezionalità dell'assemblea, organo sovrano della volontà dei condòmini.

Il giudice deve, infatti, limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, potrà concernere il vizio dell'eccesso di potere ove la causa della delibera sia falsamente deviata dal suo modo di essere.

Tuttavia, anche in quel caso, il giudice non dovrà controllare l'opportunità o la convenienza delle scelte abbracciate ma stabilire unicamente se siano state, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere assembleare. Esuleranno, allora, dall'ambito del suo sindacato le censure inerenti la vantaggiosità di quanto deciso in assemblea o i costi legati alla gestione delle spese per cose e servizi comuni quali, ad esempio, l'individuazione della ditta cui affidare gli interventi.

D'altronde, tale decisione – rilevava Corte di cassazione 15633/2012 – costituisce esercizio di un potere amministrativo gestionale discrezionale «il cui sindacato esula dai poteri del Giudice investito del vaglio sulle questioni condominiali, il quale non può estendere il suo controllo alla valutazione del merito d

Non spetta al giudice, pertanto, esprimersi sull'opportunità della scelta tra una ditta e l'altra, anche ove si scelga quella che stili il preventivo più oneroso (Corte di cassazione 13422/2016). Peraltro, nella vicenda, il condomino era consapevole che «le previsioni contrattuali che avrebbero dovuto essere sottoposte al vaglio assembleare non contemplavano percentuali di ribasso».

Infondate, pure le lamentele inerenti la spartizione delle spese che – concernendo parti comuni fra i proprietari di diverse porzioni dell'edificio – andavano giustamente divise secondo tabella, esattamente come aveva fatto il condominio. Questi, i motivi per cui il Tribunale di Roma respinge la domanda del proprietario e “salva” le delibere impugnate.

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