Condominio

Decadimento servitù di passaggio: quando istituita molti anni addietro, va debitamente provato

Anche perchè la servitù si presume coattiva

di Va. S.

La Cassazione, con l'ordinanza 15456 del 2020, si è pronunciata su una vicenda originata da un contenzioso promosso da due attori i quali convenivano, dinanzi al Tribunale di Ivrea, il proprietario di un fondo con il quale era stato costituito, con atto negoziale del 27 febbraio 1946, una servitù di passaggio. I ricorrenti, chiedevano l'accertamento della sopravvenuta cessazione dell'interclusione del fondo con conseguente decadimento della servitù coattiva costituita in precedenza.

Le pronunce di merito
Il Tribunale accoglieva la domanda, chiarendo che, laddove esistano i presupposti per la costituzione di una servitù coattiva, la servitù costituita dalle parti, si presume avere natura coattiva. Successivamente, anche la Corte torinese di secondo grado, su ricorso del proprietario del fondo, dichiarava inammissibile l'appello.

Il ricorso alla Suprema corte
Gli ermellini dichiaravano preliminarmente inammissibile il ricorso in terzo grado del proprietario fondiario, in quanto, tenuto conto che l'ordinanza di inammissibilità dell'appello è ricorribile per Cassazione limitatamente ai suoi propri vizi costituenti violazioni della legge processuale, purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio, nessuna censura di carattere processuale era stata mossa contro l'ordinanza impugnata.

Premesso ciò, il primo motivo di censura, lamentato dal ricorrente, legato alle modalità di utilizzo di passaggio stabilite, nel 1946, dagli odierni controricorrenti e dal padre del ricorrente, non hanno trovato, per gli ermellini, ragioni di fondatezza. Accertato che nel 1946 il fondo era intercluso, l'onere di provare che le parti avevano convenuto la costituzione di una servitù volontaria gravava sul ricorrente. Prova non emersa dalla scrittura del 1946, secondo l'interpretazione della corte territoriale e non censurata.

Inammissibile, invece, il secondo motivo di ricorso, con cui si denunciava la violazione dell'articolo 92 Codice procedura civile per avere applicato, ai fini della decisione sulle spese di lite, la soccombenza anziché la compensazione per reciproca soccombenza in ragione dell'esito sfavorevole della domanda risarcitoria proposta dagli originari attori.

La Suprema corte non può entrare nel merito
In Cassazione non è censurabile il mancato esercizio del potere di compensazione. Non solo, ma gli ermellini hanno ritenuto inammissibile anche la censura nella quale il ricorrente lamentava l'erronea scelta dello scaglione individuato per la liquidazione delle spese indicato di valore indeterminabile anziché quello della rendita catastale. La censura non è risultata dedotta nel ricorso e, perciò, non poteva essere formulata per la prima volta nelle memorie, le quali hanno una funzione semplicemente illustrativa, e non possono, quindi, contenere motivi nuovi o specificare quelli accennati nell'impugnazione in maniera vaga ed indeterminata.

La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti, liquidate in euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per spese, oltre al 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

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