Condominio

Per realizzare opere su parti destinate all'uso comune il condomino deve avvertire l'amministratore

Lo stesso deve comunicare l’intenzione del proprietario all’assemblea

di Edoardo Valentino

Prima dell'esecuzione di un'opera su parte individuale o parte destinata normalmente all'uso comune, il condomino deve dare preventiva comunicazione all'amministratore, che ne deve riferire all'assemblea.Questo il principio giuridico sottolineato dalla sentenza Cassazione sezione VI civile, numero 15695 del 23 luglio 2020.

La vicenda e le pronunce di merito
Il caso principiava in concreto con l'azione da parte di un condominio contro un proprietario, reo di avere edificato dei nuovi servizi igienici nel proprio appartamento e avere installato una tubazione di scarico che passava sulla facciata condominiale. Al fine di contrastare l'opera del condomino, quindi, lo stabile agiva domandando una triplice tutela consistente nella richiesta di dichiarare l’illegittimità del manufatto, nella rimozione in pristino dello stesso e del risarcimento del danno causato da parte del convenuto.

Il condomino si costituiva in giudizio contestando la tesi attorea e sostanzialmente affermando di non avere alcuna necessità di ottenimento di una autorizzazione, stante la natura privata dell'opera. Il Tribunale prima, e la Corte d'appello in seguito, accoglievano la domanda del condominio, sia pure parzialmente. In particolare, i giudici di merito contestavano il mancato avvertimento dell'amministratore di condominio in merito alla realizzanda opera e ne sancivano quindi l'illegittimità, specie in ragione del suo impatto visivo sulla facciata condominiale.

La sentenza di merito, quindi, condannava il condomino a rivestire il tubo di pvc con una copertura di lamiera metallica preverniciata del colore della facciata stessa, al fine di mitigare il pregiudizio dovuto alla presenza del manufatto.Le domande di rimozione in pristino e risarcimento del danno, invece, venivano entrambe rigettate.

La violazione del regolamento
Quanto all'illegittimità dell'attività del condomino, questa era dimostrata sia dalla violazione del regolamento condominiale, che prevedeva la preventiva comunicazione o autorizzazione da parte del condominio prima di realizzare lavori riguardanti le parti comuni, sia l'assenza di una Dichiarazione di inizio attività (Dia).

Il Codice Civile, inoltre, prevede all'articolo 1122 che «Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea».

La sentenza di appello, quindi, valutava come la mancata informazione rispetto alla realizzazione fosse da considerare illegittima, in quanto questo obbligo era posto al fine di consentire all'amministratore e al condominio la possibilità di verificare la legittimità dell'opera stessa. La decisione d'appello, tuttavia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, eliminava l'obbligo del convenuto di rivestire il tubo con lamiera preverniciata, dato che questa parte sarebbe stata pronunciata “ultra petita partes”, ossia senza che neanche il condominio l'avesse richiesto.

Il ricorso alla Suprema corte
All'esito del giudizio, quindi i giudici di merito accoglievano quindi (seppur parzialmente) la tesi del condominio e compensavano per ¼ le spese processuali, attribuendo il pagamento della restante parte al condomino soccombente. Questi, alla luce della duplice soccombenza, si risolveva ad agire in Cassazione contestando come – data la parziale riforma della sentenza di primo grado operata dalla Corte d'appello – sarebbe stata illegittima la propria condanna al pagamento parziale delle spese di lite, e che queste avrebbero dovuto essere compensate interamente.

Con la sentenza in oggetto, la Cassazione rigettava integralmente il ricorso proposto. Secondo la Cassazione, infatti, la domanda del condominio, che si articolava in tre parti (dichiarazione di illegittimità dell'opera, riduzione in pristino e risarcimento del danno), seppure parzialmente e limitatamente ad uno solo delle tre richieste, era stata accolta.Tale accoglimento aveva dimostrato l'illegittimità del comportamento del condomino e la conseguente soccombenza dello stesso (peraltro oggetto di valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità).

Aveva quindi agito correttamente il giudice di merito, attribuendo al condomino una parte delle spese, dato che – ai sensi dell'articolo 91 del Codice di procedura civile – le spese del giudizio devono comunque essere attribuite alla parte soccombente nel merito. In ragione di tali considerazioni, la sentenza in commento rigettava il ricorso e condannava, nuovamente, il condomino a sostenere le spese del giudizio.

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