Condominio

Per determinare il confine tra le proprietà il giudice è tenuto ad esaminarne i titoli di acquisto

La prova testimoniale è comunque ammissibile, anche se sussidiaria

di Edoardo Valentino

Per individuare la linea di demarcazione tra fondi limitrofi il giudice deve esaminare i titoli con i quali la proprietà è stata acquisita, in quanto questi sono i mezzi di prova più importanti in tema di regolamento di confini. La prova testimoniale è comunque ammissibile, anche se sussidiaria. Questi sono i principi espressi dalla sentenza Cassazione civile Sezione II, numero 15759 del 23 luglio 2020 .

I fatti
Nel caso in questione alcuni proprietari di un fondo agivano in giudizio contro la vicina. Affermavano di avere sempre goduto di una servitù di passaggio sul fondo della proprietaria confinante, fino a quando la controparte non era intervenuta ad ostruire il passaggio ed eliminare il cancello di accesso alla proprietà dei ricorrenti. Gli attori, quindi, facevano istanza al giudice per la dichiarazione di proprietà del cavedio e la titolarità della servitù di passaggio sul fondo della vicina.

Si costituiva in giudizio la proprietaria, contestando tutto quanto affermato dai vicini di fondo e in particolare negando la sussistenza di un qualsivoglia diritto di passaggio sul proprio fondo, citando le risultanze catastali a riprova di quanto affermato.

Le decisioni di merito
Il Tribunale, all'esito del processo, rigettava la domanda di parte ricorrente, che si risolvevano ad appellare la sentenza. In particolare, gli appellanti affermavano come il giudice non avesse tenuto conto del fatto che, al momento dell'acquisto del fondo, la particella in oggetto risultava gravata dalla loro servitù di passaggio e solo in seguito, con modifica unilateralmente adottata dall'ufficio del catasto, questa era stata incorporata con il fondo della proprietaria.

Al fine di fornire prova della propria tesi, gli attori chiedevano l'esame della documentazione prodotta, consistente nella situazione catastale vigente al momento dell'acquisto del loro fondo e richiedevano l'interrogatorio formale della vicina stessa, che avrebbe dovuto riferire sullo stato dei luoghi. Il giudice di primo grado, difatti, aveva rigettato questa istanza istruttoria, ritenendola non ammissibile nel processo in virtù dell'articolo 1350 del Codice civile.

Le prove documentali
Tale norma afferma difatti che «Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; […]4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione […]». Alla luce dell'applicazione di tali principi, la Corte d'appello confermava l'esito del primo giudizio, rigettando l'appello.

Il ricorso alla Suprema corte
Il caso approdava così in Cassazione, a seguito del ricorso degli originari attori. Il ricorso, in particolare, era incentrato sulla violazione delle norme processuali da parte della Corte d'appello nella misura in cui non avrebbe valutato correttamente la documentazione prodotta in giudizio e non avrebbe accolto le istanze di interrogatorio formale della proprietaria convenuta. Con la sentenza in commento la seconda sezione della Cassazione accoglieva il ricorso proposto.

Secondo la Cassazione infatti, nel corso del giudizio di merito incentrato sull'accertamento della linea di separazione di fondi limitrofi, l'indagine del giudice deve concentrarsi sull'esame dei titoli di acquisto delle parti, che sono la prova principale in questo tipo di giudizi (così anche Cassazione 9 ottobre 2006, numero 21686). Nonostante la parte non sia onerata della difficile prova imposta per l'azione di rivendicazione (la cosiddetta probatio diabolica), il giudice di merito deve comunque tenere conto dei titoli di proprietà in caso di contestazione dei confini delle proprietà limitrofe.

La decisione
La prova sui confini, comunque, può essere fornita con ogni mezzo istruttorio, anche la prova testimoniale e, in ultima analisi, il ricorso alle risultanze catastali (che hanno valore sussidiario). A differenza di quanto valutato dalla Corte d'appello, poi, la Cassazione rilevava come, anche ai sensi dell'articolo 1350 del Codice civile, l'interrogatorio formale fosse un mezzo di prova ammissibile, dato che nel caso in questione dalla realtà dei fatti e dal quadro probatorio documentale non si sarebbe riusciti a giungere ad una conclusione univoca. Il giudice d'appello, quindi, avrebbe errato a non acconsentire all'interrogatorio formale della convenuta e all'esame delle mappe catastali del tempo di acquisto dei fondi, uniche prove in grado di fornire un quadro completo della vicenda. Alla luce di tale valutazione, la Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d'appello per un nuovo giudizio nel merito.

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