Condominio

Decreto semplificazioni: più facile la rimozione delle barriere architettoniche nel condominio

Il condomino che intende accollarsi per intero la spesa, secondo la previsione normativa, non è tenuto ad informare gli altri comproprietari

di Pierantonio Lisi

Il decreto semplificazioni agevola gli interventi di rimozione delle barriere architettoniche nel condomìnio (articolo 10, comma 3). Per la verità, la norma si riferisce anche alla comunione e, per prima cosa, chiarisce che ciascun partecipante può realizzare a proprie spese qualsiasi opera diretta a eliminare le barriere architettoniche «nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 Codice civile», ossia senza mutare la destinazione del bene comune e senza pregiudizio per le possibilità d'uso della cosa da parte degli altri.

Superare le resistenze
A proposito della comunione, la nuova norma consente al singolo comproprietario disposto a farsi carico dell'intera spesa di superare le resistenze frapposte da chi non vuole o non può contribuire. Desta qualche perplessità, tuttavia, la mancata previsione del dovere anche solo di informare gli altri comproprietari dell'intenzione di eseguire gli interventi in questione sul bene comune. Considerazioni analoghe possono ripetersi per il condomìnio.

Tanto più che, nella disciplina previgente, l'intervento dei singoli era subordinato a un passaggio procedimentale: il condòmino interessato, infatti, avrebbe dovuto prima richiedere una pronuncia dell'assemblea e, solo trascorsi inutilmente tre mesi, avrebbe potuto provvedere all'installazione di servoscala o strutture mobili e facilmente rimovibili e modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'ingresso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage (articolo 2, comma 2, legge 13 del 1989).

Nuovi poteri di intervento
La nuova disposizione amplia opportunamente i poteri di intervento del singolo sulle parti comuni a tutte le opere di rimozione delle barriere architettoniche, ma non riproduce il passaggio procedimentale appena richiamato e non abroga espressamente la disposizione citata. Sarebbe stato preferibile, anche per una maggiore chiarezza, intervenire sulla disciplina previgente semplicemente ampliando l'area degli interventi che ciascun condòmino può eseguire a proprie spese.

Il preventivo coinvolgimento dell'assemblea, infatti, non avrebbe ritardato sensibilmente l'esecuzione delle opere e avrebbe consentito di attenuare la prevedibile conflittualità connessa alla realizzazione di opere sulle parti comuni da parte di singoli condomini in piena autonomia. Nel decreto, poi, si consente all'assemblea di eseguire interventi di rimozione delle barriere architettoniche lesivi del decoro architettonico dell'edificio o che rendano inservibili talune parti comuni.

Rimozione di manufatti contro il decoro o l’uso comune
Quanto al decoro architettonico, si tratta senza dubbio di un intervento opportuno e meritorio, che recepisce gli indirizzi giurisprudenziali più avanzati. L'eliminazione del limite dell'inservibilità, invece, potrebbe risultare eccessiva. È noto il contenzioso in materia di installazione di ascensori che riducono l'ampiezza del vano scale. Per superare una volta per tutte questioni di questo tipo, tuttavia, si sarebbe potuto optare per una soluzione meno estrema – per esempio – sostituendo il limite dell'inservibilità con quello dell'assoluta inservibilità.

Sulla base del decreto, infatti, risulta legittima la deliberazione di installazione dell'ascensore che renda del tutto impraticabili le scale o inaccessibile un locale comune. È bene ribadire, poi, che detti più permissivi limiti non si applicano agli interventi eseguiti per iniziativa e a spese dei singoli, per i quali il decreto si limita a richiamare, come detto, l'articolo 1102 del Codice civile.

Intervento necessario
Infine, nel decreto si precisa che la rimozione delle barriere architettoniche non può in alcun caso considerarsi un intervento di carattere voluttuario. Si tratta, in effetti, di opere necessarie per assicurare a tutti l'accessibilità agli edifici e, spesso, a un bene primario come la casa. Occorre ricordare, tuttavia, che i lavori necessari sono spesso gravosi e che, nel Codice civile, la disciplina delle innovazioni voluttuarie si applica anche alle innovazioni gravose. Detta disciplina, poi, non rende più difficile l'esecuzione degli interventi a cui si applica.

Consente, infatti, di superare l'opposizione di chi non intende partecipare a una certa spesa in presenza di condòmini disposti a farsene integralmente carico. Per rendere ancor più agevole l'esecuzione delle innovazioni in questione, dunque, sarebbe stato più utile ridurre la maggioranza necessaria per l'approvazione della relativa deliberazione assembleare, che pure era stata inaspettatamente elevata nel contesto della riforma del 2012. È da apprezzare senza condizioni, infine, l'abrogazione della norma che richiede di allegare alle pratiche edilizie il certificato o la dichiarazione attestante la disabilità.

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