Condominio

Apertura di un varco in un bene comune: è possibile solo se non si limitano i diritti degli altri condòmini

L’uso più intenso della cosa deve inoltre essere in linea con i limiti della stabilità e della sicurezza del fabbricato e non alterarne il decoro

di Fabrizio Plagenza

La disciplina dell'uso della cosa comune continua a rappresentare una delle principali materie, oggetto di controversia in ambito condominiale. Recentemente, il Tribunale di Roma, con la sentenza numero 8452 dell’ 11 giugno 2020, ha avuto modo di pronunciarsi in merito.

I fatti
Un condomino citava in giudizio il condominio per impugnare una delibera condominiale che gli negava l'autorizzazione, dallo stesso richiesta, all'apertura di una porta del muro perimetrale. Secondo il condomino, il diniego era illegittimo in quanto l'intervento da realizzare era conforme alla previsione di cui all'articolo 1102 del Codice civile sull'uso dei beni comuni. Su questa considerazione, l'attore chiedeva che fosse dichiarata la nullità o l'annullabilità della delibera impugnata.

La disciplina della cosa comune
Come noto, l'articolo 1102 Codice civile, disciplina l'uso della cosa comune, chiarendo come ciascun partecipante possa servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Secondo il Tribunale di Roma, la questione, avente ad oggetto il controverso diritto di aprire un varco in uno dei beni comuni, deve essere inquadrata nell'ambito della disposizione di cui all'articolo 1102 anche se l'attore ha chiesto una preventiva autorizzazione all'assemblea.

La decisione
Il Tribunale romano ricalca e ribadisce quella che è una giurisprudenza consolidata sul punto, affermando che «l'uso più intenso di beni comuni ben possa avvenire per iniziativa non solo assembleare ma anche di gruppi di condomini ovvero di un solo condomino». In questo caso, prosegue il giudice, con imputazione dell'opera e dei relativi costi ai soli condomini “promotori” e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 quanto all'utilizzo di parti comuni per la realizzazione dei manufatti (Cassazione 3840/95 e Cassazione 24006/04).

Ed infatti, è possibile che le modificazioni apportabili alla cosa comune in forza dell'articolo 1102 Codice civile possano costituire anche un'innovazione. In questo ultimo caso, consentite anche al singolo condomino o ad un gruppo di condomini ma solo nei limiti in cui non alterino la destinazione e non impediscano il pari uso della cosa comune agli altri partecipanti al condominio. L'uso più intenso della cosa comune, inoltre, deve essere in linea con i limiti della stabilità e della sicurezza del fabbricato oltre che rispettoso del decoro architettonico. Principi, questi, di portata generale.

Manufatto in zona sismica
Nel caso trattato dalla sentenza in commento, all'esito dell'espletata Ctu, era emerso che, la realizzazione di un nuovo vano porta aveva recato «conseguenze pregiudizievoli per la statica della detta parte dell'edificio (è invero sufficiente anche un pregiudizio solo parziale) in particolare in caso di sisma». Peraltro, la zona dove era ubicato l'immobile è notoriamente sismica.

La norma di cui all'articolo 1102 va, comunque, sempre contemperata con le esigenze concrete, come ribadito dalla Cassazione con la sentenza 28111/2018 posto che l'uso paritetico deve essere valutato in concreto e non in astratto.Nel caso specifico, il pericolo evidenziato dalla Ctu era idoneo e sufficiente per far ritenere al giudice, quindi, che sia sufficiente l'esistenza di un dubbio sulla tenuta statica di una parte di muro portante dell'edificio per ritenere l'intervento non conforme a legge e, quindi, «pienamente legittima la delibera impugnata».

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