Condominio

Lavori di ristrutturazione, l’amministratore può chiedere una polizza all’impresa?

Alcuni condomini, volendo godere dei bonus fiscali, hanno interpellato la mia ditta per effettuare delle opere di ristrutturazione. L'amministratore del condominio, rifacendosi all'art. 1669 cod. civ., ha chiesto di fornire una polizza decennale postuma. Vorrei sapere se la ditta risponde di eventuali problemi sorti nei dieci anni successivi e se la richiesta dell'amministratore è legittima.

di Donato Palombella


Legittimo richiedere una polizza
Iniziamo dal quesito più semplice: il condomìnio che intende affidare ad una ditta l'esecuzione dei lavori (che, si immagina, hanno anche una certa rilevanza economica) ha tutto il diritto di garantirsi nella maniera che ritiene più opportuna. In tale contesto può chiedere alla ditta esecutrice dei lavori le garanzie che ritiene necessarie. Ovviamente, ciò influirà sul costo dell'appalto. Se il condomìnio chiede di fornire una polizza il cui costo è (per ipotesi) 100, evidentemente dovrà tener presente che il costo dei lavori lieviterà di 100. La richiesta dell'amministratore, quindi, appare certamente legittima, poi sarà l'assemblea a valutare i preventivi presentati dalle varie ditte effettuando le valutazioni che riterrà più opportune. A meno che la lettera d'invito non contenga specifiche indicazioni al riguardò, sarà la ditta a valutare se, presentando il preventivo, intende specificare il costo della polizza (lasciando libera l'assemblea di richiederla o meno sopportando il relativo costo) o se preferirà offrire un prezzo "a corpo". Per inciso occorre tener presente che non è facile ottenere il rilascio di simili garanzie in quanto le compagnie affidabili sono poco propense a rilasciare questo tipo di copertura ed il premio e generalmente molto oneroso.

L'articolo 1669 cod. civ.
Il problema maggiore riguarda la responsabilità dell'appaltatore nel caso di interventi di ristrutturazione e, più precisamente, si tratta di stabilire l'ambito di applicazione dell'articolo 1669 codice civile. La norma dispone, letteralmente, che "Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia."
In poche parole, si parte dal presupposto che gli immobili, per loro natura, siano destinati ad avere una lunga durata per cui devono essere realizzati in maniera tale da garantire il loro utilizzo per un lungo arco temporale. Il proprietario, di conseguenza, ove nell'arco del decennio, riscontri dei vizi o difetti nell'immobile, ha la possibilità di chiedere alla ditta esecutrice delle opere il risarcimento del danno.

La responsabilità per le ristrutturazioni: due tesi a confronto
La questione relativa all'estensione delle garanzie previste dall'articolo 1669 cod. civ. al di fuori della ipotesi degli interventi di nuova costruzione non è certamente nuova ed ha dato vita, negli anni, a due tesi diametralmente opposte.
Secondo un primo orientamento, l'operatività dell'art. 1669 c.c. deve essere circoscritta alla sola ipotesi di costruzione ex novo (Cass. 22/05/2015, n. 10658; Cass. civ. Sez. II, 20/11/2007, n. 24143). Secondo un diverso punto di vista "in tema di appalto, può rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c. anche l'autore di opere su preesistente edificio" (Cass. n. 22553/2015); in questo caso viene valorizzata l'idoneità delle opere compiute sull'immobile ad incidere su elementi essenziali dello stesso (o anche su elementi secondari, ma rilevanti sulla funzionalità globale), a prescindere dalla circostanza che si sia trattato di costruzione ex novo o di intervento di ristrutturazione. A questo orientamento, certamente maggioritario, appartengono numerose pronunce intervenute nel corso degli anni su problematiche relative a singoli elementi quali, per esempio, la pavimentazione (n. 1608/00), l'impermeabilizzazione (nn.84/13, 21351/05); l'ascensore panoramico (n. 20307/11); l'inefficienza dell'impianto idrico (n. 3752/07); il crollo o il disfacimento degli intonaci esterni (nn. 6585/86, 4369/82 e 3002/81, 1426/76).

L'intervento delle Sezioni Unite
Il problema del diverso orientamento giurisprudenziale è stato sollevato dalla terza sezione civile della Cassazione che, con l'ordinanza n. 12041 del 10 giugno 2016, ha chiesto l'intervento delle Sezioni Unite in ordine alla operatività, o meno, della responsabilità ex art. 1669 c.c. anche agli edifici già esistenti, in caso di lavori di ristrutturazione.
Le Sezioni Unite, con la sentenza del 27 marzo 2017 n. 7756, hanno enunciato il seguente principio di diritto: "L'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo". In altri permini, si ritiene che l'art. 1669 c.c. sia applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.
Non è detto che la giurisprudenza non cambi nuovamente rotta ma, allo stato dell'arte, si ritiene che l'articolo 1669 cod. civ. sia applicabile anche alle ipotesi di interventi parziali su immobile già costruito. La tesi risponde ad una duplice esigenza: da un lato, tutelare la posizione del proprietario che affronta un esborso economico notevole con lo scopo di avere un beneficio duraturo (difficilmente i proprietari sarebbero disposti ad effettuare annualmente ingenti opere di ristrutturazione del proprio immobile). Dall'altro, la necessità di tutelare la pubblica incolumità evitando il crollo dei manufatti esistenti.

La legge sulla tutela del consumatore in ambito immobiliare
Il Legislatore italiano ha introdotto, con la legge n. 210/2004, una disciplina speciale per tutelare la posizione dell'acquirente di unità immobiliari prevedendo una serie di obblighi a carico del costruttore-venditore a cui corrispondono delle garanzie a favore dell'acquirente. In tale contesto il costruttore-venditore deve consegnare all'acquirente, al momento dell'atto definitivo di compravendita del bene, la cosiddetta polizza "decennale postuma". In questo caso abbiamo un vero e proprio obbligo di legge limitato, però, solo alle nuove costruzioni. Ciò non esclude, peraltro, che la ditta possa, su base volontaria o per rispondere a specifiche richieste del committente delle opere di ristrutturazione, offrire la medesima garanzia al condomìnio a riprova delle proprie capacità e della propria serietà.

Articolo 1667 e 1669 cod.civ.
Il committente può agire nei confronti dell'appaltatore seguendo due strade alternative a secondo che invochi la responsabilità contrattuale prevista dall'articolo 1667 cod. civ. ovvero la responsabilità extracontrattuale disciplinata dall'articolo 1669 cod. civ.
L'articolo 1667 c.c., recita: "l'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera". La norma prevede che la ditta proceda al risarcimento del danno ovvero elimini, a propria cura e spese, i vizi e le difformità lamentate. Trattandosi di una responsabilità contrattuale il risarcimento può essere chiesto solo dal committente e non anche l'eventuale successivo acquirente del bene compravenduto e oggetto dei vizi.
L'articolo 1669 c.c., dal suo canto, disciplina un'azione risarcitoria legata alla presenza dei gravi vizi e difetti di costruzione ed alla rovina o al pericolo di crollo dell'immobile.
La differenza risiede sulla qualità del vizio lamentato. Nel caso dell'art. 1667 c.c. avremo vizi meno gravi che "non incidano negativamente sugli elementi strutturali essenziali ... e, quindi, sulla sua solidità, efficienza e durata, ma solamente sul suo aspetto decorativo ed estetico, cosicchè il manufatto, pur in presenza dei riscontrati difetti, rimanga integro quanto a funzionalità ed uso cui sia destinato" (Cassazione, 16 luglio 2004, n. 13268; Cass., 1 marzo 2001, n. 3002). Si pensi, per esempio, alla scollatura della guaina impermeabilizzante in corrispondenza della canna fumaria , facile a verificarsi per effetto dell'escursione termica a cui si rimedia in pochi minuti (Cassazione, 10 giugno 2011, n. 12879). L'art. 1669 c.c., invece, trova applicazione nel caso in cui il vizio sia di maggiore entità tanto da mettere in forse la solidità del manufatto.

Conclusione
Si ritiene che l'articolo 1669 cod. civ. sia applicabile anche nel caso in cui il condomìnio abbia affidato alla ditta esecutrice la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione. Si ritiene, inoltre, che non esista un vero e proprio obbligo giuridico che imponga all'appaltatore di fornire al condomìnio la cosiddetta polizza decennale postuma. Ciò non vuol dire che l'assemblea non possa chiedere la presentazione di tale garanzia o che la ditta non possa prestarla volontariamente.

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