Condominio

La manutenzione delle finestre a copertura del tetto non è condominiale

Le aperture in questione infatti non erano di natura estetica, servivano - come ha confermato - una perzia tecnica - per l'aerazione dell'appartamento dell'attore

di Eugenia Parisi

Tramite ricorso per accertamento tecnico preventivo di cui all'articolo 696 bis Codice di procedura civile e successiva introduzione della causa di merito nella forma sommaria ai sensi dell'articolo 702 bis stesso codice, il proprietario di un immobile, all'ultimo piano, conveniva in giudizio il proprio condominio, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni infiltrativi da lui subiti e provenienti, a suo dire, dal tetto non coibentato e comunque non oggetto di idonea e ordinaria manutenzione; il condominio imputava, invece, l'origine delle problematiche alle finestre di tipo Velux installate sul soffitto dell'appartamento, rilevando che la manutenzione dei lucernari è di esclusiva competenza del proprietario ricorrente. Veniva, quindi, svolta la consulenza tecnica d'ufficio ed emessa la sentenza del Tribunale di Brescia 730/2020, depositata l'8 aprile, a dirimere la controversia nei termini che di seguito esamineremo.

Le aperture a tetto modello Velux
Preliminarmente sono stati considerati incontestati 1) l'ubicazione e le caratteristiche dell'immobile di proprietà dell'attore, 2) la tipologia delle finestre presenti nell'appartamento (aperture a tetto modello Velux) e 3) la presenza all'interno dell'immobile di infiltrazioni d'acqua; quindi, oggetto specifico della controversia, a fronte della domanda risarcitoria, era la riferibilità causale di dette infiltrazioni alla copertura del tetto - pacificamente parte comune dell'edificio in cui era inserito l'appartamento - ovvero alle condizioni e caratteristiche delle finestre dell'immobile dell'attore; preliminare a detta verifica era, tuttavia, la qualificazione o meno delle finestre Velux quali parti comuni condominiali.

La non condominialità
Le finestre in oggetto, costituite da aperture sul tetto dello stabile finalizzate a garantire il passaggio di aria e luce - l'appartamento dell'attore era un sottotetto posto al quarto ed ultimo piano - non sono comuni, e perciò soggette all'amministrazione condominiale, bensì accessori in proprietà esclusiva dell'attore unitamente all'appartamento.

Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'estraneità alle parti comuni condominiali delle finestre, lucernari, balconi , in quanto elementi integranti dell'appartamento, e necessari per il passaggio di aria e luce, per i quali non vale la presunzione di condominialità (da ultimo, Cassazione 1422/2019; ma, anche, Cassazione 30071/2017 e 6624/2012).

Nel caso di specie, poi, non ricorreva l'ipotesi - in verità residuale - di finestre, balconi e così via aventi una prevalente funzione estetica del complesso dell'edificio, questi sì ricompresi nelle parti comuni, in ragione dell'evidente necessità di quelle finestre per l'aerazione dell'appartamento dell'attore situato nel sottotetto e privo di altre fonti di aero-illuminazione, e dell'assenza in queste aperture di strutture sporgenti o connotati volti a quel prevalente profilo estetico (si trattava di vere e proprie finestre più che lucernari), non essendo nemmeno attribuibile il rilievo difensivo secondo cui le delibere dell'assemblea condominiale relative ai lucernari dell'immobile dell'attore, e ai preventivi da richiedere, avrebbero attestato la loro natura di parti comuni. La natura comune o meno di una parte dell'edificio prescinde infatti dalle delibere richiamate.

Nesso causale e onere della prova
L'esclusione delle finestre dalle parti comuni condominiali, e il riconoscimento della loro proprietà esclusiva in capo all'attore, era presupposto di certa rilevanza nella definizione della controversia, essendo ben chiaro che la dedotta responsabilità del condominio, in qualità di custode delle parti comuni, presuppone la derivazione (causale) delle infiltrazioni dalle parti stesse, e nello specifico dal tetto, di cui il condominio stesso ha la disponibilità e la custodia.

Va ricordato che, ai fini del riconoscimento della responsabilità del custode, il relativo onere probatorio incombe sull'attore, il quale deve dimostrare che l'evento si è prodotto per le connotazioni, potenzialmente lesive, della cosa in custodia (Cassazione 5910 / 2011; Cassazione 7125 /2013; Cassazione 27724/ 2018).

Incombe, invece, sul custode l'onere della prova del caso fortuito, con la specificazione che gli aspetti della maggiore o minore diligenza - o addirittura negligenza - nella custodia della cosa sono estranei alla valutazione richiesta; come ha chiarito di recente la Suprema corte, le dedotte condotte omissive del custode, assunte a causa del danno, sono estranee alla fattispecie dell'articolo 2051 Codice civile, che ascrive la responsabilità al custode sulla base della sola circostanza che il bene sia entrato nella successione causale che ha prodotto il danno, e ciò anche a fronte di una condotta del custode diligente e immune da censure, salvo ovviamente il caso fortuito (Cassazione 4160 /2019).

La consulenza tecnica
Tanto premesso, le risultanze istruttorie avevano totalmente escluso la riferibilità causale delle infiltrazioni lamentate alle condizioni e caratteristiche della copertura a tetto e della relativa guaina impermeabilizzante, essendo risultato che causa esclusiva di esse erano state le finestre costituenti parte integrante dell'appartamento dell'attore.

Il consulente nominato aveva concluso nel senso che le infiltrazioni provenissero esclusivamente dai serramenti Velux, cioè dalle finestre a tetto dell'appartamento, escludendo la concomitanza di altre cause. Nello specifico, il consulente del giudice aveva segnalato, in vista di quella tassativa conclusione, che si trattava di finestre risalenti a circa vent'anni prima, che le stesse non erano mai state oggetto di manutenzione, con conseguente deterioramento del telaio in legno per assorbimento continuativo di acqua dall'esterno e che tale fenomeno aveva comportato, nel tempo, una riduzione dell'aderenza agli altri elementi della struttura con conseguente permeabilità.

La valutazione del giudice
Il Tribunale bresciano ha ritenuto che le conclusioni tecniche rassegnate fossero ampiamente condivisibili, perché logiche, immuni da censure o vizi argomentativi, e conformi ai dati obiettivamente raccolti perchè in primo luogo, il consulente aveva proceduto, in contraddittorio, all'esame diretto di un campione di tre finestre sulle dieci presenti, e ciò previo smontaggio delle strutture e con verifica delle stesse sia dall'interno dell'appartamento che dall'esterno, sul tetto.

La scelta dell'esame a campione è certamente ragionevole avendo spiegato il consulente che tutte e dieci le finestre erano ugualmente risalenti di vent'anni, e che le tre esaminate riportavano i medesimi vizi. In secondo luogo, il consulente aveva descritto analiticamente due aspetti propri di quelle finestre: i difetti di realizzazione e il difetto assoluto di manutenzione; l'approfondimento di entrambi gli aspetti con l'ausilio del tecnico installatore Velux e la dovizia di dettagli hanno garantito un approccio completo e perciò idoneo a sostenere le conclusioni pervenute.

La consulenza di parte
Ed è stato inoltre irrilevante accertare separatamente la parte avuta nel fenomeno in oggetto dal difetto di realizzazione della coibentazione e dal difetto di manutenzione del tetto, poiché in entrambi i casi si tratta di vizi propri di accessori (finestre) di proprietà esclusiva dell'attore, e non già di difetti o caratteristiche di parti comuni condominiali.

Come è stata ritenuta irrilevante l'osservazione secondo cui il modello Velux installato nell'appartamento, risalente nel tempo, non prevedeva il collare impermeabilizzante, dal momento che proprio l'evoluzione tecnologica e l'affinamento delle caratteristiche di quel genere di finestra, specie per la funzione di salvaguardia dai fenomeni atmosferici, imponeva la richiesta manutenzione ex novo dopo un periodo di 8-10 anni.

L'allocazione dei danni
A conforto, poi, delle valutazioni tecniche sulle finestre vi era il dato obiettivo accertato che le infiltrazioni avevano interessato le zone dell'abitazione prossime alle finestre, e danneggiato i beni che si trovavano lì; invece, un'eventuale infiltrazione dovuta al danneggiamento della guaina impermeabilizzante del tetto, secondo la ricostruzione dell'attore, avrebbe causato, infiltrazioni più estese e più gravi di quelle rilevate.

L'esito
Sulla base e in conformità alle conclusioni del consulente tecnico nominato, le infiltrazioni riscontrate nell'appartamento dell'attore sono state causalmente riconducibili esclusivamente alle condizioni e connotazioni proprie delle finestre dell'immobile, tutte di esclusiva proprietà dell'attore medesimo, e pertanto in sua custodia, che non ha fornito perciò la prova - anzi risultando positiva la prova contraria - del nesso causale tra l'evento dannoso (infiltrazioni) e le condizioni e caratteristiche del tetto, parte comune dell'edificio.

La completezza dell'indagine tecnica effettuata ha, per il tribunale, reso superfluo sia un suo supplemento, sia la richiesta rinnovazione, così come la richiesta prova orale ed inoltre il difetto del nesso causale ha reso evidentemente pure superflua la valutazione dei danni; la domanda risarcitoria presentata nei confronti del condominio è quindi stata respinta, con condanna del procedente alle spese legali di entrambi i procedimenti e di tutte le consulenze tecniche d'ufficio e di parte effettuate in entrambi i giudizi.

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