Condominio

Caduta in condominio: sì al risarcimento solo se la dinamica non è contraddittoria

Nel caso in esame una donna prima aveva riferito di inciampo su due zerbini collocati all’ingresso dello stabile uno sull'altro, poi di scivolamento

di Eugenia Parisi

Una signora ha proposto appello contro la sentenza di primo grado che aveva disatteso la domanda di risarcimento dei danni per una caduta avvenuta nel condominio di un'amica, da cui si era recata in visita; nello specifico, si era lamentata della cattiva collocazione di due zerbini, posti uno sopra l'altr o in prossimità dell'ingresso dello stabile condominiale, chiedendo l'accoglimento della propria pretesa risarcitoria nei confronti del condominio, ai sensi dell'articolo 2051 Codice civile, quale possessore dello stabile e degli arredi dello stesso o, in subordine, ai sensi dell'articolo 2043 Codice civile, in virtù del generale concetto del non recare danno ad alcuno (neminem laedere). Il condominio ha chiesto il totale rigetto dell'appello e, quindi, la contestuale conferma della sentenza di primo grado, anche secondo il principio di cui all'articolo 1227 Codice civile, che regolamenta il concorso del fatto colposo del creditore.

La decisione
La Corte d'appello di Milano, con sentenza 988/2020, consigliere relatore ed estensore Lorenzo Orsenigo, rimessa la causa in istruttoria e respinta l'ulteriore istanza di consulenza tecnica d'ufficio medico legale sulla persona dell'appellante, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l'appellante alla rifusione delle spese legali affrontate dal condominio in entrambi i gradi del giudizio.

L'incongruenza sulla ricostruzione del sinistro
In primo luogo, il giudice di secondo grado ha rilevato come la danneggiata - nella prima lettera di denuncia di sinistro - avesse inizialmente descritto il sinistro in termini di inciampo sullo zerbino, così come nella lettera di diffida inviata dal suo precedente legale; nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, invece, si parlava di scivolamento.

Secondo la definizione attinta dai più noti dizionari della lingua italiana, il verbo inciampare ha il significato di «urtare con il piede contro un ostacolo camminando, incespicare»; al contrario, ben diverso è il significato del verbo scivolare che, riferito ad uno zerbino, implica la perdita di equilibrio conseguente ad un movimento autonomo dello zerbino, ancorchè sollecitato dall'appoggio del piede; pertanto, la dinamica del fatto ricostruita in atti, è quella che vede l'attrice inciampare nello zerbino e non già lo zerbino scivolare da sotto il piede dell'attrice.

Testimonianze inattendibili
Del resto, tenuto conto delle dichiarazioni rese dall'esponente, della conformazione dei due zerbini e della loro ubicazione, risultanti dalla documentazione fotografica prodotta, sono state anche ritenute inattendibili le dichiarazioni rese in sede testimoniale dalla figlia dell'attrice, posto che la dinamica della caduta in termini di scivolamento, per effetto dell'improvviso spostamento verso destra dello zerbino superiore, pareva in netto contrasto con quanto era stato riferito, con valenza confessoria, dalla stessa appellante che aveva inequivocabilmente dichiarato di essere inciampata.

Per di più i materiali gommosi dei due tappetini, nei lati di loro contatto, valevano senz'altro ad evitare lo scivolamento o lo scorrimento di un tappeto sull'altro e gli stessi poggiavano contro l'alzata del gradino di accesso all'atrio condominiale, non consentendo l'asserito spostamento verso destra.

Interruzione del nesso causale
Deve ritenersi ben diverso il contributo causale portato dalla cosa in custodia, in questo caso, lo zerbino, a seconda che la caduta sia da ricondursi a scivolamento dello stesso, piuttosto che ad inciampo contro lo stesso; posto che, nel primo caso può avere un evidente rilievo la pericolosità del manufatto che, muovendosi, abbia a determinare la perdita di equilibrio di chi vi si trovi a camminare sopra; nel secondo caso, diversamente, la rilevanza causale del manufatto, contro cui si imbatta il piede di chi camminando abbia ad incespicarvi, potrebbe essere riferita al fatto che lo zerbino stesso si presenti, in concreto, come scarsamente visibile e, quindi, imprevedibile.

L’evidenza della presenza dello zerbino
Sotto tale profilo, una volta affermata la dinamica dell'infortunio in termini di inciampo nello zerbino, come sottolineato in primo grado, il manufatto in questione era tutt'altro che invisibile o imprevedibile, in quanto esso si trovava – com'è normale – davanti alla porta d'ingresso e al momento del sinistro la sua presenza era esaltata dal tappetino di gomma sottostante, in contrasto cromatico e di fattura.

Il fatto lesivo era poi avvenuto di giorno e in condizioni di piena visibilità; in tale contesto, deve ritenersi corretta la conclusione secondo cui l'inciampo è totalmente ascrivibile alla mancata o scarsa attenzione prestata dall'appellante, con conseguente infondatezza dell'addebito di responsabilità mosso al condominio convenuto, alla stregua della fattispecie di responsabilità oggettiva di cui all'articolo 2051 Codice civile, dovendosi ricondurre il sinistro al fatto dell'attrice, che avrebbe ben dovuto tenere un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza (tra le tante si segnalano, Cassazione civile 11526/2017; Cassazione civile 12895/2016).

Il concorso di colpa del danneggiato
La giurisprudenza ha anche di recente affermato che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell'articolo 1227, comma 1, Codice civile, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'articolo 2 della Costituzione.

Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata, attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro ( Cassazione civile 2480/2018; Cassazione civile 9315/2019 ).

Da ciò discende, nel caso di specie, anche il mancato esame della domanda di risarcimento del danno ex articolo 2043 Codice civile (espressamente svolta da parte attrice in via subordinata rispetto a quella proposta ai sensi dell'articolo 2051 Codice civile), che deve ritenersi infondata, posto che, da un lato, per le considerazioni svolte in ordine alla ricostruzione del sinistro, a prescindere da ogni altra considerazione, difetta il requisito oggettivo del nesso causale; dall'altro lato, il sinistro per cui è causa deve essere ricondotto alla responsabilità esclusiva ed assorbente della stessa infortunata.

La doppia condanna alle spese
E' risultata essere anche infondata la domanda sulla mancata compensazione delle spese di lite, considerato che sono state regolate secondo il criterio normativo della soccombenza di cui all'articolo 91 del Codice di procedura civile e che la causa è stata essenzialmente decisa avendo riguardo alla ricostruzione del fatto più che ad orientamenti giurisprudenziali; le parole utilizzate dalla parte appellante - peraltro riprese anche dal primo dei procuratori che si sono succeduti nella difesa della parte danneggiata - presentavano, infatti, un significato quanto mai chiaro (“inciampavo”) e, come detto, del tutto compatibile con lo stato dei luoghi.

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