Condominio

L’amministratore non ha poteri in mediazione e va sempre autorizzato

Necessaria una delibera assembleare

di Rosario Dolce

La legittimazione processuale dell'amministratore non è ampia al punto tale da comprendere la rappresentanza del condominio in sede di mediazione, già per soddisfare le condizioni di procedibilità della domanda. La mediazione fa capo ai condòmini, o meglio all'assemblea dei condòmini e si espleta secondo le condizioni previste dall'articolo 71 quater delle disposizioni di attuazione al Codice civile. Tali principi, sostanzialmente espressi dalla Cassazione con il provvedimento 8 giugno 2020, numero 10846, ci danno modo di riflettere sull'argomento e tracciare delle brevi linee guida.

I fatti
La questione, infatti, riguarda l'esperimento di un'azione ordinaria per il recupero dei crediti nei confronti di un condòmino moroso. Sotto tale aspetto, la giurisprudenza ha sempre considerato legittima la rappresentanza processuale dell'amministratore. Vi è più che l'attività di “recupero crediti” viene fatta rientrare appieno nelle attribuzioni dell'amministratore di cui all'articolo 1130, numero3 Codice civile («riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti…»).

Il termine entro cui agire per il recupero crediti
L'articolo 1129 Codice civile stabilisce anche il termine entro cui svolgere l'azione, cristallizzando nella scadenza semestrale dalla data di approvazione del rendiconto («Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso…»).

La provvisoria esecutività
L'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al Codice civile riconosce all'amministratore che decida di agire il diritto di chiedere ed ottenere la clausola sulla provvisoria esecutività, laddove lo stesso credito sia supportato da delibera assembleare avente ad oggetto l'approvazione di un apposito piano di riparto, a cui si fa riferimento («Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi»).

Non esiste legittimazione in caso di mediazione
Tutto ciò non basta, però, in mediazioni. Qui valgono altri principi e ragioni.
In effetti, occorre distinguere il profilo della autonoma legittimazione processuale dell'amministratore ad agire in giudizio per la riscossione dei contributi dalla legittimazione dello stesso a partecipare alla procedura di mediazione. Nel secondo caso sussiste, infatti, l'indispensabilità della delibera dell'assemblea in base all'esigenza di conferire a chi interviene in mediazione la «possibilità di disporre della lite», vale a dire di negoziare, salva poi la ratifica da parte dell'assemblea della proposta di mediazione.

La necessità di una delibera assembleare
Ergo, l'amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all'articolo 1136 Codice civile, comma 2, è sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia (argomento tratto dalla Cassazione, sezione terza, 27 marzo 2019, numero 8473).

A tal fine, occorre fare riferimento all'articolo 71 quater, comma 3, disposizioni di attuazione al Codice civile, il quale prevede che «al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136 Codice civile, comma 2».

Lo stesso articolo contempla poi l'ammissibilità di una proroga del termine di comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la deliberazione autorizzativa dell'assemblea, alla quale, infine, il comma 5 di tale disposizione rimette l'approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la partecipazione dell'amministratore alla procedura.

Le conclusioni
L’amministratore in sede di mediazione risulta è pertanto sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia. Spetta infatti all'assemblea (e non all'amministratore) il “potere” di approvare una transazione riguardante spese d'interesse comune, ovvero di delegare l'amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell'attività dispositiva negoziale affidatagli (Cassazione 821 /2014; Cassazione 1994/1980)

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