Condominio

Nessun obbligo del giudice a trasmettere gli atti in procura se la perizia è in mala fede

Per opporsi alle risultanze della Ctu è infatti possibile una successiva azione in sede penale

di Michele Orefice

La Cassazione – sesta sezione civile - 2, con l'ordinanza 10061 del 23 maggio 2020 ha stabilito che le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio sono di per sé sufficienti a fondare il convincimento del giudice, che dal canto suo non è obbligato a trasmettere gli atti del processo civile alla Procura della Repubblica, per valutare la posizione del Consulente tecnico d'ufficio accusato dalla parte di aver agito in mala fede, anche nel caso in cui lo stesso consulente avesse volutamente e intenzionalmente omesso di verificare la conformità edilizia dello stato dei luoghi, in quanto l'intervento della stessa Procura non servirebbe, comunque, a rinnovare il processo civile, fermo restando il diritto dell'interessato ad agire in separata sede penale.

Le decisioni di primo e secondo grado
La Corte di appello di Napoli, con sentenza 1153/2018 depositata il 09 marzo 2018, in conformità alla sentenza emessa dal tribunale di primo grado, non accoglieva le istanze degli attori, che chiedevano la chiusura di una finestra posizionata a due metri dal piano di calpestio, considerata dagli stessi attori come una veduta illegittima sulla loro proprietà, e la rimozione di un cornicione sporgente ritenuto pregiudizievole, anche per aver aggravato lo stillicidio d'acqua, nonché l'eliminazione del pericolo causato dal muro perimetrale divisorio tra la proprietà degli stessi attori e quella confinante.

All'esito della sentenza emessa della Corte di appello, gli attori proponevano ricorso in Cassazione ritenendo questa sentenza nulla e illegittima, per violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 342 del Codice di procedura civile, relativamente all'omessa motivazione della decisione di rifiutare l'ammissione della prova per testi richiesta in entrambi i gradi di giudizio e considerata superflua sia dalla Corte di appello che dal Tribunale di primo grado.

In particolare i ricorrenti ritenevano decisiva la prova per testi richiesta al fine di dimostrare che la finestra non serviva soltanto a dare luce e aria all'immobile, ma consentiva l'affaccio sulla loro proprietà, e che il cornicione era stato modificato, non risultando più a piombo della muratura sottostante, come era sempre stato. Inoltre i ricorrenti lamentavano il fatto che illegittimamente non era stata disposta la trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica, per valutare la condotta del Consulente tecnico d'ufficio, che aveva basato la sua perizia sul falso presupposto che la variante al progetto presentato dal proprietario della finestra fosse stata approvata dal consiglio comunale, mentre invece era stata bocciata.

Il ragionamento della Cassazione
Il ricorso non veniva considerato ammissibile, per una serie di ragioni, connesse anche al fatto che i motivi erano stati rappresentati in modo confuso e promiscuo, con un'esposizione che riportava le stesse lamentele mosse innanzi alla Corte di appello. In generale, secondo la Cassazione, la Corte di Appello aveva deciso su tutte le questioni che le erano state poste ritenendo legittimamente superfluo ricorrere alle dichiarazioni dei testi citati in giudizio. In particolare, la Corte di Appello aveva correttamente fondato il proprio giudizio sulle risultanze tecniche del Consulente tecnico d'ufficio, che nello specifico non aveva considerato la finestra come una veduta, essendo posta a soli due metri dal piano di calpestio, e non aveva valutato il cornicione come un pregiudizio per i ricorrenti, che avevano introdotto nel ricorso una domanda nuova riferita all'aggravio dello stillicidio d'acqua causato dallo stesso cornicione, posto regolarmente a protezione degli intonaci.

Infine, la Cassazione riteneva del tutto irrilevante il fatto che non fossero stati trasmessi gli atti alla Procura della Repubblica, da parte del giudice di secondo grado, per valutare la condotta impropria del Ctu, in quanto l'azione della Procura sarebbe stata ininfluente ai fini del giudizio civile, fermo restando che i ricorrenti non hanno subito, comunque, alcuna preclusione dalla mancata trasmissione, avendo sempre la possibilità di agire in sede penale, per far valere le proprie ragioni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©