Condominio

È il comportamento del danneggiato che prova il nesso tra danni e cose in custodia

Nel senso che più il danneggiato non adotta le dovute cautele e più il sinistro deve considerarsi dovuto al suo comportamento imprudente

di Michele Orefice

La Cassazione – sesta sezione civile, con l'ordinanza 10010 del 28 maggio 2020 ha stabilito che ai fini dell'accertamento del nesso di causalità tra l'evento dannoso e le cose in custodia rileva sempre il comportamento colposo del danneggiato, secondo un ordine crescente di gravità, che fa assurgere tale comportamento a concorso causale colposo nel danno, nel caso in cui lo stesso danneggiato non abbia adottato la normale diligenza richiesta dall'uso della cosa, fino ad integrare gli estremi del caso fortuito, che esclude il nesso causale nell'ipotesi in cui la situazione di pericolo sia del tutto prevedibile e superabile con le normali cautele.

Le decisioni di primo e secondo grado
Il Tribunale di Velletri, con sentenza 2084/2013, accogliendo la domanda attorea, condannava il condominio, che gestiva la pavimentazione esterna di un centro commerciale, a risarcire i danni causati da un gradino poco illuminato sul quale cadeva il danneggiato.

Successivamente la Corte di Appello di Roma, con sentenza 4169/2018 riformava la sentenza di primo grado, in accoglimento della richiesta del condominio, ritenendo insussistente il nesso di causalità tra il danno e l'evento lesivo, per il fatto che il danneggiato non aveva utilizzato la prudenza ordinaria richiesta a colui che cammina in un luogo poco illuminato.

In particolare, la Corte di appello evidenziava che si era trattato di caso fortuito imputabile al comportamento colposo del danneggiato, anche in considerazione del fatto che gli elementi di prova forniti dalla parte danneggiata risultavano discordanti, con riferimento all'illuminazione e soprattutto alla pavimentazione, giacché il teste citato in giudizio riferiva che al momento dell'accaduto il gradino si trovava in buono stato. Tale sentenza veniva impugnata innanzi alla Cassazione, con ricorso presentato dagli eredi del danneggiato, che nel frattempo era deceduto per cause indipendenti dalla caduta.

I motivi del ricorso in Cassazione
I ricorrenti, tra i vari motivi, lamentavano innanzitutto la falsa applicazione dell'articolo 2051 del Codice civile, in relazione all'esclusione della responsabilità del condominio per custodia, contestando la manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 del Codice di procedura civile, laddove il fatto lesivo veniva attribuito ad un caso fortuito e contestualmente la responsabilità della caduta veniva addebitata al danneggiato, per non aver prestato le dovute attenzioni nel camminare in un luogo scarsamente illuminato.

Nello specifico i ricorrenti ritenevano illogica la motivazione, per il fatto che il caso fortuito deve essere riferito ad eventi eccezionali ed imprevedibili, che si manifestano durante la condotta del danneggiato, ma non può identificarsi con la condotta incauta del danneggiato, che è irrilevante nella stessa ipotesi di caso fortuito.

Inoltre, i ricorrenti ritenevano che i testimoni ascoltati durante il giudizio, non avendo assistito alla caduta, avevano riferito su circostanze non conosciute, inducendo in errore il giudice, che aveva ricostruito l'evento in modo illogico laddove aveva ritenuto che il danneggiato dovesse conoscere i luoghi soltanto perché vi era entrato poco prima.

Il ragionamento della Corte di Cassazione
La Cassazione riteneva il ricorso inammissibile in quanto, sia in ipotesi di responsabilità per custodia, di cui all'articolo 2051 del Codice civile, sia in ipotesi di risarcimento danni, di cui all'articolo 2043 del Codice civile, rileva sempre la condotta del danneggiato, che può atteggiarsi a concorso causale colposo oppure integrare il caso fortuito, a seconda della gravità della condotta tenuta.

Infatti, più il danneggiato non adotta le dovute cautele e più il sinistro deve considerarsi dovuto al comportamento imprudente dello stesso danneggiato, così come accertato dal giudice di merito, che ha effettuato una valutazione non sindacabile innanzi alla Cassazione, in quanto la rivalutazione dei mezzi di prova è esclusa dal disposto del numero 5 dell'articolo 360 del Codice di procedura civile. Pertanto, non potendosi procedere alla rivalutazione dei fatti, la decisione assunta dalla Corte di appello di Roma sarebbe stata assunta legittimamente, risultando corrispondente alle premesse di fatto sottoposte alla sua valutazione e quindi immune da vizi logico-giuridici.

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