Lavori & Tecnologie

L’amministratore torna in studio ma deve occuparsi della sicurezza del condominio

Fondamentale compito, per evitare danni, è quello di compiere gli «atti conservativi», che nell’articolo 1130 del Codice sono indicati come «relativi alle parti comuni» dell'edificio

di Saverio Fossati e Giuseppe Màrando

L'attuale difficile situazione, destinata ad incidere sulle regole dei nostri comportamenti futuri, invita anche a riconsiderare talune tradizionali forme di responsabilità proiettate in ambito condominiale, su cui potrebbero influire le recenti misure di «contenimento» (definizione legislativa; lock down, invece, secondo la moda dei continui ed inutili anglicismi, incomprensibili ai comuni cittadini). Il codice Ateco 68, contenuto nell’allegato 3 al Dpcm di imminente emanazione tra quelli autorizzati a riprendere l’attività lavorativa dal 4 maggio, semplifica le cose (anche se le precauzioni da seguire sono molte) consentendo di tornare a lavorare in studio.

Un norma nascosta
Dal groviglio del faticoso complesso normativo prodotto in questi ultimi mesi, con i numerosi atti che si sono accavallati e tra loro modificati e le sanzioni da ultimo appesantite (D.L. n. 19/2020, art. 4), emerge una fugace accenno alla responsabilità nel Dl 6/2020.

L'art. 3 (con il comma 6-bis, unico rimasto in vigore) riconosce alle misure di contenimento in corso anche l'effetto di poter escludere la responsabilità del debitore per mancato adempimento della sua prestazione ai sensi degli artt. 1218 e 1223 del Codice. Questa responsabilità (definita per convenzione «contrattuale», ma del tutto impropriamente perché va riferita anche agli obblighi nascenti dalla legge) non sorge nel caso di impossibilità sopravvenuta del debitore.

I condòmini devonopagare le quote
Manifestazioni principali di questa esimente sono ritenute la forza maggiore ed il caso fortuito. Con riguardo ai condòmini va precisato che il suddetto esonero non può operare per il pagamento delle quote contributive (le spese di cui agli artt. 1123 e seguenti del Codice). Infatti, per estinguere l'obbligazione, l'impossibilità sopravvenuta (secondo l'indirizzo accolto in dottrina e giurisprudenza) deve prescindere dalle vicende soggettive (personali o patrimoniali) del debitore e consistere in un impedimento obiettivo, assoluto e definitivo, non già estrinsecarsi in una mera difficoltà di adempiere per mancanza di liquidità, per cui tale impossibilità non viene riconosciuta nelle obbligazioni pecuniarie (v. per tutti Cassazione n. 25777/2013). Né si può sostenere che le limitazioni dei movimenti all'esterno possano impedire e quindi estinguere l'obbligazione.

La responsabilità oggettiva del condominio
Nulla è cambiato anche in ordine alla la responsabilità civile oggettiva del condominio (ritenuto dall'indirizzo prevalente custode delle parti comuni) per danni da c ose in custodia (art. 2051 del Codice), che può essere vinta solo dimostrando il caso fortuito (a cui viene equiparata la forza maggiore), cioè un evento eccezionale imprevedibile ed inevitabile, consistente in un fatto naturale o del terzo o dello stesso danneggiato. È la via più semplice e rapida per ottenere il ristoro dei danni solo civili, cioè privi di conseguenze penali.

La posizione dell’amministratore
Diversa si profila la posizione dell'amministratore del condominio, con i rischi di responsabilità contrattuale ed anche penale derivanti dagli innumerevoli obblighi della sua complessa funzione che si articola in un intreccio fra normativa condominiale (surrogata in via residuale da quella sul mandato: art. 1129/15° del Codice), regolamento e delibere assembleari, nonchè leggi speciali.

Qual è attualmente la sua libertà di azione?
Le cose stanno cambiando:
s ino al 3 maggio 2020 la tesi sulla natura professionale della sua attività (legge n. 4/2013), il consentito esercizio delle professioni (DPCM 22/3/2020), ma la mancanza nell'allegato 1 (al suddetto DPCM) del codice Ateco dell'amministratore (68.32.00), la «raccomandazione» per i professionisti di operare nel proprio domicilio (DPCM 11/3/2020) e ancora le Faq del Decreto #iorestoacasa (“per il DPCM 10/4/2020 qualsiasi attività, anche se sospesa, può continuare ad essere esercitata se organizzata in modalità a distanza o lavoro agile, circostanza applicabile anche alle amministrazioni condominiali”) fanno sì che l’attività possa essere esercitata solo con il telelavoro, mentre nello studio e nel condominio potrebbe recarsi solo per attività doverose non eseguibili dalla sua dimora o per gravi necessità;
dal 4 maggio 2020, invece, la presenza del codice Ateco 68 ( e quindi di tutti i sottocodici), relativo alle attività immobiliari, nell’allegato al Dpcm di prossima emanazione, consente la piena ripresa di tutte le attività dell’amministratore condominiale, naturalmente rispettando le norme di sicurezza (sanificazione in studio con relativa detrazione fiscale del 50% delle spese sino a 20mila euro, distanze tra dipendenti, eccetera) e incentivando il telelavoro.

Responsabilità contrattuale
In tema di responsabilità contrattuale non può fornirsi una soluzione unitaria e generalizzata sulla incidenza delle norme restrittive del «contenimento» perché ogni situazione è connessa al singolo compito considerato per il quale occorre verificare l'eventuale impossibilità di svolgerlo.

Se per molti atti (come presentazione del rendiconto, informative doverose, assemblea, ecc.) si può provvedere con il telelavoro ed i moderni strumenti tecnologici, per altri (ad esempio acquisti o lavori da far eseguire) potrebbe sorgere un rilevante ostacolo alla luce dei vigenti decreti.

Fondamentale compito, per evitare danni, è quello di compiere gli «atti conservativi», che nel rinnovato art. 1130 del Codice sono indicati come «relativi alle parti comuni» dell'edificio (mentre prima riguardavano i diritti inerenti a tali beni).

Casi in condominio e sanificazione
Poiché il concetto di «conservazione» riguarda anche l’utilizzazione e il godimento dei beni comuni, la cui salute in tutte le sue forme è necessaria per la vita e la salute di coloro che ne beneficiano, bisogna includervi la doverosa sanificazione delle parti comuni (con impresa specializzata) cui l'amministratore deve provvedere quando venga a conoscenza di casi di contagio nel condominio (senza naturalmente diffondere l'identità del malato). Il danno a condòmini e terzi può derivare dalle parti comuni non solo perché deteriorate o fatiscenti ma pure perché «infette».

Non occorre preventiva autorizzazione assembleare poiché si rientra negli atti urgenti di cui al secondo comma dell'art. 1135 del Codice. In quanto dati attinenti alla sicurezza delle parti comuni, e per conseguenza dell'ambiente di vita ed eventualmente di lavoro, le attività di contrasto del virus vanno annotate dall'amministratore nel Registro di anagrafe condominiale ai sensi del modificato art. 1130 n. 6 del Codice.

Naturalmente l'amministratore non può rilevare di propria iniziativa l'evento del contagio ma deve venirne a conoscenza con apposita altrui informativa.

La mancata manutenzione
Per i danni tradizionali da mancata manutenzione dell'immobile, come rischio di rovina di edificio (art. 677 del codice penale), lesioni ed omicidio colposo (a causa, per esempio, del crollo di cornicione, tegole o altri pezzi del fabbricato, della caduta di persone per le scale sconnesse, ecc.; v. ad es. Cassazione penale n. 49592/2018) occorre fare una precisazione.

Si è consolidato l'indirizzo che l'obbligo degli atti conservativi crea in capo all'amministratore una specifica posizione di garanzia con il conseguente dovere di vigilanza ed intervento al fine di rimuovere situazioni di pericolo per l'incolumità dei terzi (e degli stessi condòmini) ai sensi dell'art. 40/2° del codice penale (“Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”).

Premesso che la responsabilità sussiste solo nei limiti della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso e della condotta in concreto esigibile (Cassazione penale n. 14000/201), per andarne esente l'amministratore deve ordinare con urgenza lavori straordinari senza necessità di una delibera assembleare o di apposita segnalazione di pericolo (Cassazione penale, sentenza 49592/2018); e le imprese possono intervenire per lavori realmente urgenti (Faq del decreto #iorestoacasa).

Poiché presupposto del doveroso intervento è una preliminare condotta diligente, non può ignorarsi che, al fine dell'accertamento della colpevolezza penale (che va dimostrata e non può essere presunta od oggettiva come quella del citato art. 2051), occorre verificare in ogni singola concreta situazione quale impedimento possano avere esercitato le «misure di contenimento» in questione; e quindi se può venir addebitata all'amministratore una negligenza come fattore causale del danno.

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