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Coronavirus: aumento della morosità e responsabilità dell’aministratore

In assenza dell’approvazione di un piano di ripartizione, diventa complesso anche il ricorso al decreto ingiuntivo

di Michele Orefice

L'attuale situazione di emergenza epidemiologica porta alla ribalta il tema della morosità nel pagamento delle spese condominial i, con tutte le conseguenze derivate in termini di erogazione dei servizi essenziali e di responsabilità dell'amministratore.

In molte realtà condominiali l'effetto coronavirus sta rallentando i pagamenti delle quote da parte dei condòmini, che lamentano, a torto o a ragione, difficoltà economiche, rispetto alle quali, però, l'amministratore non è tenuto ad entrare nel merito.

Il pagamento dei fornitori
Ciò significa che, quanto prima, gli amministratori non potranno esimersi dal procedere a sollecitare i pagamenti, per reperire i fondi necessari a coprire, almeno, le spese fisse legate ai servizi resi dai fornitori del condominio. In proposito occorre evidenziare che i decreti legge connessi all'attuale emergenza epidemiologica hanno comportato soltanto il blocco delle assemblee condominiali, ma non hanno mai sospeso l'obbligo di pagare i fornitori del condominio, nessuno escluso, e né tantomeno hanno sollevato l'amministratore dalle sue responsabilità.

L’obbligo di rendiconto
Di conseguenza, ai sensi dell'articolo 1130 del Codice civile, l'amministratore resta obbligato a redigere il rendiconto annuale della gestione, nonché a riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti, per le manutenzioni ed i servizi, anche se non può convocare l'assemblea condominiale annuale, per l'approvazione degli argomenti indicati all'articolo 1135 del Codice civile.

Vale a dire che, al di là dell'approvazione assembleare, entro 180 giorni dalla chiusura della gestione, l'amministratore dovrà comunque rendere il conto della sua gestione, provvedendo a notificare ai condòmini il rendiconto 2019, unitamente al preventivo 2020. L'unica eccezione è che il preventivo 2020 dovrebbe contenere le stesse voci di spese, con gli stessi importi dell'anno precedente, non essendo prevista un'approvazione implicita in tal senso.

Pertanto, il vecchio preventivo vale fino a quando l'assemblea non ne approverà uno nuovo. Per fare un esempio, l'amministratore, che resta in carica fino a nuova nomina, oggi non potrebbe pensare di aumentarsi il compenso, riportando nel preventivo una voce di spesa più alta rispetto a quella dell'anno precedente.

L’azione contro i morosi
Peraltro, non è pensabile che l'amministratore sia esentato dall'obbligo di agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai morosi, di cui al nono comma dell'articolo 1129 del Codice civile, in assenza di una delibera assembleare in proposito, o in mancanza di un provvedimento del legislatore, che lo esoneri espressamente.

Tuttavia, dal punto di vista pratico, si pone un problema per l'amministratore e cioè che, in base al dispositivo dell'articolo 63 delle disposizioni attuative al Codice civile, per riscuotere i contributi condominiali mediante un decreto ingiuntivo è necessario uno stato di ripartizione approvato dall'assemblea.

Il piano di ripartizione
In particolare la norma subordina l'emissione dell'ingiunzione di pagamento, da parte del giudice competente, all'approvazione dello stato di ripartizione, senza specificare, però, se debba trattarsi di un riparto consuntivo o preventivo.

Tant'è vero che la Corte di Cassazione, sezione II, con sentenza 24299/2008, ha stabilito che l'amministratore può richiedere l'emissione del decreto ingiuntivo anche sulla scorta di un bilancio preventivo, sempre che sia stato approvato dall'assemblea. Ragion per cui, di prassi, a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo non può mancare la copia del verbale d'assemblea contenente la delibera di approvazione del riparto spese comprensivo delle quote condominiali insolute, per le quali si chiede l'ingiunzione.

La ripartizione apparovata per il 2019
Ora, il problema pratico che si pone con il blocco delle assemblee è che l'ultimo riparto utilizzabile, ai fini di un decreto ingiuntivo, potrebbe essere soltanto quello riferito al preventivo spese approvato per l'anno 2019, salvo delibere di assemblee tenutesi nel 2020, prima delle restrizioni imposte dal governo.

Ciò significa che verrebbero escluse dalla richiesta di ingiunzione tutte le rate insolute dell'anno in corso, ormai quasi sei mesi di spese, nonché i saldi di fine gestione 2019, che potrebbero essere cospicui, in caso di scostamenti di spese, e tali da esporre il condominio alle azioni ingiuntive dei fornitori insoddisfatti, a causa della mancanza di risorse necessarie, per far fronte ai debiti.

In ogni caso, la mancata approvazione del rendiconto e del preventivo, non fa venir meno l'obbligo dell'amministratore di «riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni», di cui al punto 3 dell'articolo 1130 del Codice civile.

Decreto ingiuntivo per i pagamenti delle utenze?
Di conseguenza, in applicazione delle disposizioni normative vigenti, l'amministratore potrebbe tentare di chiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo sulla scorta di una contabilità non approvata, dimostrando al giudice che le spese, per le quali si richiede il pagamento, pro quota millesimale, riguardano le utenze, tipo luce o gas, o rientrano nella manutenzione ordinaria, tipo quella dell'ascensore o per il servizio di pulizie.

Nell'ipotesi, però, ci sarebbe il rischio di incorrere nell'opposizione del condomino moroso, che potrebbe contestare la mancata approvazione dei conti, determinando la probabile soccombenza del condominio.

In definitiva, il rialzo del fenomeno della morosità condominiale, oggi più che mai, preoccupa gli amministratori, che sono disorientati dalla situazione e attendono informazioni sulla ripartenza e soprattutto sulle modalità per tenere le assemblee di condominio, anche se nel frattempo sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore da parte del governo.

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