Condominio

La delibera dell’assemblea condominiale non è mai irrevocabile

L’innalzamento dei camini, interessando sia la facciata che il tetto del condominio, rientra tra le modifiche suscettibili di lederne il decoro architettonico

di Luca Bridi

Alcuni condòmini impugnavano una delibera che annullava la precedente (che riguardava l' autorizzazione alla collocazione di generatori di calore domestici alimentati a biomassa legnosa), rilevando che l'assemblea non può “annullare”, bensì e al più, “revocare”, una propria precedente deliberazione, competendo il potere di annullamento alla sola autorità giudiziaria.

Ma il condominio si costituiva in giudizio, contestando tale ragionamento giuridico e, inoltre, eccependo il divieto regolamentare e normativo sull'utilizzo dei camini alimentati a biomassa legnosa in locali, come i seminterrati, dotati di riscaldamento a gas per la climatizzazione estiva ed invernale, nonché la proibizione di legge concernente la realizzazione di una canna fumaria che utilizzi impropriamente i condotti di areazione del locale cantina.

La differenza
Nel merito, sul primo motivo d'impugnazione, la sentenza del Tribunale di Bergamo n. 409/2020 ha sottolineato come la differenza tra annullamento e revoca di una delibera sia solo esclusivamente di carattere terminologico: infatti, sebbene il verbale dell'assemblea si fosse espresso solo in termini di annullamento, e non già di revoca, era evidente che l'unica volontà della compagine condominiale era quella di “paralizzare” la deliberazione precedentemente adottata.

Fuorviante è stato ritenuto, inoltre, il richiamo all'autorità giudiziaria quale unico organo competente all'annullamento di una deliberazione dell'assemblea del condominio; infatti, l'intervento dell'autorità giudiziaria è obbligatorio solo nei casi previsti dall'art. 1137 Codice Civile e dall'art. 1105 Codice Civile in tema di comunione, ma è assolutamente pacifico che l'assemblea conservi sempre in capo a sé la facoltà di revocare, con una deliberazione successiva, una propria deliberazione precedente.

Il rebus maggioranza
Con il secondo motivo di impugnazione, gli attori avevano anche rilevato che il condominio avrebbe potuto revocare la precedente deliberazione, solo a condizione che la seconda fosse stata approvata con la medesima maggioranza di quella precedente, e che non fossero stati violati i diritti dei singoli condomini, che nel frattempo erano maturati; invero, però, nessuna norma impone che la revoca venga approvata con la stessa maggioranza della precedente, tanto è vero che è possibile revocare a maggioranza una precedente deliberazione, approvata all'unanimità, come insegna la sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 1281/1976 per cui le deliberazioni assembleari non sono di regola mai irrevocabili e possono, perciò, essere modificate o revocate da una valida deliberazione successiva.

Le nuove deliberazioni, infatti, purché approvate nei modi e con le formalità di legge o di regolamento, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, anche se, eventualmente, quelle anteriori, revocate o modificate, siano state prese all'unanimità, e le seconde con la maggioranza minima prevista in ordine all'oggetto di ciascuna deliberazione ed al tipo di assemblea: a tal fine, è sufficiente che la nuova deliberazione venga assunta a mezzo di un'assemblea regolarmente convocata, che non sia contraria alla legge o al regolamento condominiale, che abbia il medesimo oggetto di quella che intende sostituire e che esprima la volontà, anche implicita, di sostituire la precedente deliberazione.

Del resto, la maggioranza qualificata è richiesta dalla legge soltanto in alcune peculiari ipotesi (ad esempio, per le innovazioni o per la tutela della destinazione d'uso delle parti comuni), al di fuori delle quali è sufficiente la maggioranza semplice di cui all'art. 1136 commi 2 e 3 del Codice Civile; inoltre, la paventata lesione dei diritti degli attori non aveva avuto effettivamente luogo, né per l'effetto della deliberazione oggetto di impugnativa, né per l'effetto della deliberazione oggetto di revoca, poiché essa non ostava all'installazione da parte dei condomini di un camino all'interno delle proprie abitazioni, ma si limitava a prescrivere le modalità attraverso cui l'installazione doveva avere luogo, nemmeno comportando l'obbligo di rimuovere i camini eventualmente già installati, ma soltanto di adeguarsi alle relative prescrizioni normative.

Il decoro architettonico
Ed ancora, l'infondatezza della domanda è risultata pacifica in quanto il decoro architettonico, di cui si era ulteriormente paventata la lesione, deve essere inteso come l'estetica complessiva, data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali, che conferisce un'armoniosa fisionomia ed un'unica impronta all'aspetto dell'edificio; la sentenza della Corte di Cassazione Civile Sezione seconda del 25 gennaio 2010, n.1286, del resto, ha insegnato che al decoro architettonico è apprestata la tutela di cui all' art. 1120, secondo comma del Codice Civile riguardante l'estetica fornita dalle linee e dalle strutture ornamentali, che costituiscono la nota dominante dell'edificio od anche di sue singole parti, ma non l'impatto dell'opera con l'ambiente circostante ed esso costituisce un limite che deve essere necessariamente vagliato ogniqualvolta l'installazione di un nuovo manufatto interessi, come nel caso di specie, la facciata dell'edificio.

Ne discende che l'eventuale innalzamento dei camini , interessando sia la facciata che il tetto dell'edificio, rientra a pieno titolo nel novero di quelle modifiche suscettibili di lederne il decoro architettonico, e quindi tra quelle oggetto di autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale, rilevandosi del tutto inappropriato il richiamo all'art. 1120 Codice Civile in tema di innovazioni lecite, posto che l'installazione dei camini alle condizioni dettate dal condominio ed anche dalle norme comunali, non costituiva né una manifestazione di un abuso di potere da parte del condominio, né una lesione dei diritti dei singoli condòmini.

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