Condominio

L’amministratore non può fare accordi privati con l’appaltatore

La rappresentanza e le attribuzioni dell’amministratore non possono essere ampliate attraverso una scrittura privata

di Luca Bridi

Un condominio proponeva opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, con riferimento ad un contratto d'appalto intercorso tra lo stesso e due diverse ditte, in qualità di appaltartice e subappaltatrice; a sostegno del rigetto, il condominio faceva valere: a) il difetto di prova dell'esecuzione dei lavori, b) il proprio difetto di legittimazione passiva e c) l'inopponibilità della scrittura privata firmata dall'ex amministratrice senza previa delibera assembleare autorizzativa, nemmeno di successiva ratifica. In ragione di ciò, l’ex amministratrice veniva chiamata in causa, affinchè manlevasse il condominio, in caso di soccombenza.

La vicenda è stata decisa tramite la sentenza del Tribunale di Monza n. 255/2020 che, in primo luogo, ha osservato come non fosse contestabile che con una scrittura privata l'amministratrice avesse fatto assumere al condominio un'obbligazione ulteriore e diversa, rispetto a quelle scaturenti dal contratto di appalto stipulato; del resto, anche a voler prescindere dal fatto che il condominio avesse assentito al subappalto, quello che era rilevante era che – stante il contenuto della scrittura – il condominio (del tutto estraneo al rapporto tra appaltatore / sub-appaltatore e fornitore di tali imprese) avesse assunto su di sé il debito per la fornitura del materiale funzionale all'esecuzione delle opere appaltate.

Né poteva rilevare che il condominio si fosse riservato il diritto di trattenere parte dell'importo, dal momento che, da un lato, tale “cautela” è neutra rispetto all'assunzione di un'obbligazione nuova per oggetto (il pagamento del corrispettivo dell'appalto non è assimilabile a quello della fornitura del materiale da impiegarsi per l'esecuzione dei lavori) e per soggetto (si è già detto, la gestione condominiale aveva quale sua controparte negoziale unicamente l'appaltarice).

Senza assemblea, accordo inefficace
Tali considerazioni hanno portato ad escludere che l'amministratrice del condominio potesse essere considerata titolare del potere di sottoscrivere una scrittura, al fine di assicurare l'esecuzione della precedente delibera con la quale l'assemblea aveva approvato gli interventi di manutenzione straordinaria oggetto dell'appalto; pertanto, eccedendo la sottoscrizione della scrittura privata le attribuzioni proprie dell'amministratore condominiale di cui all'art. 1130 Codice Civile (e, conseguentemente, i poteri di rappresentanza a questi spettanti per gli articoli 1131-1388 Codice Civile), la scrittura in esame avrebbe potuto essere efficace nei confronti del condominio solo laddove il mandante fosse stato previamente autorizzato dall'assemblea ad assumere l'impegno a pagare direttamente alla subappaltatrice, ovvero nel caso di ratifica da parte dell'assemblea dell'operato dell'amministratore, attraverso una delibera, con la quale – pure implicitamente, ma in modo non equivoco – i condomini avrebbero potuto approvare il contenuto della scrittura.

Per contro, facendo difetto tale autorizzazione / ratifica dell'organo assembleare, l'impegno di pagamento contenuto nella scrittura, posto a base del credito azionato in via monitoria, è inefficace nei confronti del condominio opponente (Corte di Cassazione, sezione seconda, sentenza n. 1734 del 5 marzo 1990 e Corte di Cassazione, Sezione sesta - seconda, Ordinanza n. 20136 del 17 agosto 2017 ). Nel caso di specie, infatti, è risultata assente sia l'autorizzazione preventiva, sia la ratifica successiva.

L’«arrricchimento» del condominio
Inoltre, l'appaltatrice aveva anche chiesto la condanna della controparte al versamento di una somma ai sensi dell'art. 2041 Codice Civile, prospettando un “arricchimento” del condominio ed un proprio “depauperamento”, visto che il primo si era avvantaggiato dei materiali utilizzati per gli interventi di manutenzione di cui al contratto d'appalto, con correlativo pregiudizio per la seconda, stante il difetto di integrale versamento del valore di detti materiali da parte della ditta incaricata di eseguire le opere oggetto d'appalto.

La domanda è stata respinta per due ragioni:
a) non rileva tanto la circostanza che il materiale fornito sia stato consegnato presso il cantiere delle opere condominiali ed ivi utilizzato, ma, piuttosto, la valutazione del valore effettivo delle opere eseguite dalla ditta appaltatrice/subappaltatrice a fronte del prezzo a questa corrisposto dalla committenza e ciò ancor più in un contesto in cui la parte committente ha lamentato tutta una serie di vizi e difetti nell'esecuzione delle opere, terminate, infatti, con intervento di altra impresa;
b) l'azione generale di arricchimento ha carattere sussidiario (art. 2042 del Codice Civile) e non è stato fornito nessun elemento tale da far concludere nel senso della inesigibilità del credito nei confronti dell'impresa subappaltatrice e di quella appaltatrice, senza che neppure rilevi l'intervenuta cancellazione dal Registro delle Imprese, dal momento che, trattandosi di società in nome collettivo, l'estinzione dell'ente non fa venir meno la responsabilità solidale ed illimitata di coloro che sono stati soci.

In conclusione, l'appaltatrice non può vantare alcuna ragione di credito verso il condominio, con conseguente assorbimento della pretesa di garanzia/manleva fatta valere da quest'ultimo nei confronti della terza chiamata in qualità di ex amministratrice dello stabile condominiale, meritando comunque di essere rimarcato, da un lato, come la stessa abbia agito oltre i limiti di gestione ed il potere di rappresentanza propri della carica rivestita (risultando, così, giustificata l'estensione del contraddittorio) e, d'altro lato, come l'appaltatrice non risulti aver fatto valere l'eventuale responsabilità personale del mandatario ex art. 1711, comma 1, 2° periodo, Codice Civile per aver ecceduto i limiti del mandato, visto che ha chiesto sì la condanna della terza chiamata al pagamento, ma solo in ipotesi di accoglimento delle domande svolte nei confronti della terza chiamata da parte del condominio, presupposto non integratosi, dal momento che l'unica pretesa promossa dai condomini risultava essere quella di garanzia/manleva, non accolta per difetto della precondizione alla base di essa, vale a dire, del riconoscimento delle ragioni di credito verso il condominio.

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